Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32219 del 27/06/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 32219 Anno 2014
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: SERRAO EUGENIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GUADAGNO PAOLO N. IL 26/05/1966
avverso l’ordinanza n. 51/2014 TRIB. LIBERTA’ di MILANO, del
04/02/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO;
Jartsentite le conclusioni del PG Dott.
M. Giuseppina Fodaroni, che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso;

ditens orAVv

Data Udienza: 27/06/2014

I

RITENUTO IN FATTO

1. In data 4/02/2014 il Tribunale di Milano in funzione di giudice del riesame
ha rigettato l’appello proposto nell’interesse di Guadagno Paolo avverso
l’ordinanza del 20/12/2013, con la quale il Giudice dell’udienza preliminare
presso il medesimo Tribunale aveva respinto l’istanza di sostituzione della misura
cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari.
1.1. Trattasi di misura cautelare applicata a seguito di arresto in flagranza

d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, per essere l’imputato in possesso di oltre kg.50 di
sostanza stupefacente del tipo marijuana, ed il processo è attualmente pendente
in grado di appello avverso la sentenza di condanna pronunciata il 12/12/2013
all’esito di giudizio abbreviato, alla pena di cinque anni di reclusione ed euro
50.000,00 di multa.

2.

Ricorre per cassazione, con atto sottoscritto dal difensore, Paolo

Guadagno, censurando l’ordinanza impugnata per i seguenti motivi:
a) contraddittorietà e mancanza della motivazione ai sensi dell’art. 606
lette) cod. proc. pen. Il ricorrente deduce che il Tribunale avrebbe omesso di
ancorare il ragionamento circa la persistenza della pericolosità sociale
dell’imputato ad elementi concreti, omettendo di fornire motivazione sulle
argomentazioni svolte dalla difesa nei motivi di appello. L’ordinanza, si assume,
sarebbe contraddittoria nella parte in cui, pur avendo evidenziato che l’imputato
non è gravato da precedenti penali specifici, il Tribunale avrebbe affermato che
lo stesso sarebbe strettamente collegato e legato ad ambienti criminali del
narcotraffico. La motivazione sarebbe carente nella parte in cui il Tribunale
avrebbe omesso di bilanciare, nel giudizio circa la persistenza della pericolosità
sociale, la circostanza che l’imputato sia detenuto ininterrottamente dal 7 giugno
2013, con conseguente recisione dei contatti e delle relazioni con gli ambienti
frequentati prima dell’arresto. L’ordinanza sarebbe, altresì, contraddittoria
laddove sottolinea che il pericolo di recidiva sarebbe desumibile dai precedenti
penali, sostenendo che, ancorché si tratti di reati diversi, gli stessi costituiscano
una dimostrazione certa dell’inclinazione a delinquere dell’imputato. Il ricorrente
afferma di annoverare nel suo curriculum giudiziario solo precedenti condanne
per reati contro il patrimonio, di cui l’ultima del 2003, e sostiene che sarebbe
priva di senso l’affermazione per cui la condotta per cui è stato condannato
dimostrerebbe la sua elevata pericolosità sociale e l’appartenenza ad ambienti r
criminali del narcotraffico;

avvenuto il 5 giugno 2013 per il reato di cui agli artt. 73, comma 1-bis, e 80

b) violazione ed erronea applicazione dell’art. 284 cod. proc. pen. nonché
vizio di motivazione. Il ricorrente deduce che la motivazione sarebbe illogica e
fondata su mere presunzioni, non applicabili al caso concreto in quanto il reato di
traffico di sostanze stupefacenti è reato di pura condotta, difficilmente reiterabile
se il soggetto è detenuto agli arresti domiciliari unitamente ad un dispositivo di
controllo elettronico che ne verifichi costantemente la posizione. Il Tribunale, si
assume, non avrebbe enunciato gli argomenti concreti per ritenere inidonea la
misura degli arresti domiciliari applicata unitamente all’utilizzo dei dispositivi di

stessa della misura degli arresti domiciliari, avente comunque carattere
detentivo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. L’ambito del giudizio svolto dal Tribunale del riesame, concernente la
sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura cautelare meno
afflittiva degli arresti domiciliari, investe la valutazione della natura e del grado
delle esigenze cautelari da soddisfare, nonché l’inadeguatezza della misura meno
afflittiva, ancorché accompagnata da prescrizioni, limiti o divieti ai sensi
dell’art.284 cod. proc. pen.
1.1. La scelta della misura, data la pacifica sussistenza tanto di gravi indizi
di colpevolezza quanto di esigenze cautelar’, deve essere improntata ai principi
di proporzionalità, adeguatezza e graduazione, che sono espressione dei principi
costituzionali dettati dagli artt. 13 e 27 Cost. L’applicazione della misura
massima della custodia in carcere obbliga poi il giudice, a pena di nullità, ad
esporre le concrete e specifiche ragioni per le quali le esigenze di cui all’art. 274
cod.proc.pen. non possano essere soddisfatte con altre misure (art. 292, comma
2, lett. c bis, cod. proc. pen.); l’esposizione di tali specifiche ragioni è imposta

anche al giudice del riesame chiamato a valutare la correttezza dell’ordinanza di
diniego della sostituzione della misura custodiale, considerato che tutte le norme
che disciplinano il procedimento in materia di misure cautelari devono essere
applicate ed interpretate nel rispetto del criterio del “minore sacrificio
necessario” (Corte Cost. n.255 del 4 maggio 2005), nel senso che la
compressione della libertà personale dell’indagato deve essere contenuta entro i
limiti minimi indispensabili a soddisfare le esigenze cautelari riconoscibili nel caso
concreto (Corte Cost. n.265 del 21 luglio 2010).
1.2. La necessità di individuare quali siano le specifiche ragioni del caso
concreto che giustifichino il ricorso alla forma di restrizione più intensa della
custodia carceraria risponde, più in generale, a principi affermati anche a livello
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controllo di cui all’art.275 bis cod. proc. pen., in contraddizione con la natura

sovranazionale (Corte EDU, 2/07/2009, Vafiadis c. Grecia; Corte EDU,
8/11/2007, Lelievre c. Belgio), laddove si è confermata la natura di soluzione
estrema della carcerazione preventiva, che si giustifica solamente allorquando le
esigenze processuali o extraprocessuali non possano essere soddisfatte con
misure di minore incisività.

2. Il ricorrente aveva fondato la domanda di sostituzione sull’assenza di
riscontri ai rapporti del Guadagno con il settore del narcotraffico, sull’esito della

d’imputazione (circa kg.40), sull’assenza di precedenti specifici e
sull’occasionalità della condotta, dettata da gravi problemi economici, sul tempo
decorso dall’applicazione della misura, pari a circa sette mesi, sulla condizione
altrimenti disagevole determinata dal sovraffollamento delle carceri,
sull’ubicazione del luogo indicato per eseguire la detenzione domiciliare dinanzi
alla caserma dei Carabinieri, sull’assenso all’uso di strumenti di controllo
elettronici.
2.1. Il Tribunale ha ritenuto di confermare il provvedimento di diniego della
sostituzione della misura in atto escludendo la natura occasionale della condotta
delittuosa, in ragione del considerevole quantitativo di sostanza stupefacente,
importato dalla Spagna sotto il controllo di soggetti marocchini; sottolineando il
rapporto fiduciario dell’appellante con soggetti dediti all’importazione di ingenti
quantitativi di droga dalla Spagna e dal Marocco; desumendo l’assenza di segnali
che l’imputato si fosse distaccato da quel contesto dalle dichiarazioni devianti
rese nell’interrogatorio di garanzia; rimarcando la conferma dell’aggravante
dell’ingente quantità all’esito del giudizio di primo grado; sottolineando come le
pregresse esperienze giudiziarie non avessero avuto effetto dissuasivo sulla sua
determinazione a violare le regole. Nell’ordinanza il Tribunale ha giustificato il
giudizio di inadeguatezza della misura meno afflittiva incentrando l’attenzione
sulla personalità pericolosa dell’appellante, desunta dalle circostanze prima
indicate, sulle condizioni di vita del medesimo, privo di lecite fonti di reddito ed
in condizioni economiche difficili, e sulla specifica necessità di salvaguardare il
rischio che l’imputato possa continuare nell’attività illecita, non adeguatamente
soddisfatta dalla misura domiciliare in ragione dei margini di libertà ad essa
connaturali, rapportati alla personalità oppositiva manifestata dall’imputato, che
al momento dell’arresto ha tentato di sottrarsi alle forze dell’ordine affrontando
una folle corsa in auto, all’assenza di segni di seria rivisitazione critica del proprio
agire delittuoso e, in sostanza, alla personalità inaffidabile e refrattaria a positivi
cambiamenti dello stile di vita rivelata dai fatti.

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perizia, da cui era emerso un dato ponderale inferiore a quello indicato nel capo

3.

Per come argomentata, l’ordinanza impugnata risulta rispettosa dei

principi ai quali si deve ispirare il giudice della cautela, che consentono di
desumere il pericolo di recidiva dalla personalità dell’indagato, rivelata dalle
modalità e gravità del fatto e dalla vita anteatta, e che impongono di prendere in
considerazione, qualora si debba giudicare dell’inadeguatezza di misure meno
afflittive rispetto alla custodia in carcere, l’ulteriore profilo che si può descrivere
in termini di prognosi di spontaneo adempimento da parte dell’indagato agli
obblighi ed alle prescrizioni eventualmente collegati alla misura meno afflittiva. Il

elementi specifici inerenti al fatto, alle motivazioni della condotta e alla
personalità del soggetto al fine di valutare il peculiare profilo della propensione
dell’imputato a non attenersi di sua spontanea volontà agli obblighi ed alle
prescrizioni finalizzate ad impedire, in regime di detenzione domiciliare, nuovi
contatti con l’ambiente del narcotraffico (Sez.6, n.44904 del 23/10/2013, non
massimata sul punto; Sez.1, n.30561 del 15/07/2010, Miceli, Rv.248322; Sez.4,
n.37644 del 30/06/2004, Rinaudo, n.m.; Sez.2, n.5699 del 21/11/1997,
Primerano, Rv.209028), spiegando altresì come l’agevole utilizzo di strumenti di
telefonia mobile facilmente reperibili consenta di eludere la stessa efficacia del
controllo svolto mediante applicazione del cosiddetto braccialetto elettronico.

4. Conclusivamente, l’ordinanza impugnata risulta aver fornito motivazione
conforme al dettato normativo, completa ed esente da illogicità con riferimento
alle ragioni per cui le circostanze concrete inerenti all’imputato inducono a
privilegiare il mantenimento della custodia cautelare in carcere, da tale
valutazione conseguendo il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.

5. Deve essere disposto inoltre che copia del presente provvedimento sia
trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a
quanto stabilito dall’art. 94, comma 1-ter disp. att. cod.proc.pen.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa
5

Tribunale ha, infatti, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, esaminato

al direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto
stabilito dall’art. 94 c. 1 ter disp. att. c.p.p.

Così deciso il 27/06/2014

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