Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32218 del 27/06/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 32218 Anno 2014
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Catapano Aldo n. il 27.4.1980
avverso l’ordinanza n. 59/2014 pronunciata dal Tribunale della libertà di Lecce il 4.2.2014;
sentita nella camera di consiglio del 27.6.2014 la relazione fatta dal
Cons. dott. Marco Dell’Utri;
sentito il Procuratore Generale, in persona del dott. M.G. Fodaroni,
che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
uditi, per il ricorrente, gli avv.ti L. Massari del foro di Brindisi e G.
Sernia del foro di Taranto, che hanno concluso per l’accoglimento del
ricorso.

Data Udienza: 27/06/2014

Ritenuto in fatto
i. – Con atto del proprio difensore, Aldo Catapano ha proposto
ricorso per cassazione avverso l’ordinanza emessa in data 4.2.2014
dal tribunale del riesame di Lecce, con la quale — annullato il provvedimento di prime cure limitatamente a talune imputazioni provvisorie e al ricorso della circostanza aggravante di cui all’art. 8o d.p.r. n.
309/90 – è stato confermato il provvedimento applicativo della misura della custodia cautelare in carcere emesso, a carico del ricorrente,
in data 20.12.2013, dal giudice per le indagini preliminari presso il
tribunale di Lecce, in relazione alla prospettata commissione, da parte del Catapano, dei reati di associazione per delinquere finalizzata al
traffico di sostanze stupefacenti, detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti e illecita detenzione di armi.
Con l’impugnazione proposta, il ricorrente censura
l’ordinanza impugnata per violazione della legge processuale e vizio
di motivazione con particolare riguardo all’omesso rilievo, da parte
del giudice del riesame, dell’illegittimità di taluni decreti autorizzativi
d’intercettazione di comunicazioni, e della relativa utilizzazione ad
opera dei giudici di merito.
Sotto altro profilo, il ricorrente si duole del provvedimento
impugnato in relazione al duplice profilo della violazione di legge e
del vizio di motivazione con riguardo al requisito della gravità indiziaria, avendo il tribunale del riesame rinvenuto i gravi indizi di
commissione dei reati de quibus da parte dell’indagato attraverso la
valutazione critica di indici istruttori del tutto privi di pregnanza rappresentativa, a loro volta fondati sulla base di un evidente travisamento degli elementi di prova evidenziati.
In particolare, il ricorrente si duole che il tribunale del riesame
abbia ritenuto sussistente un quadro di gravità indiziaria relativo
all’ascrivibilità, a carico del Catapano, del reato di partecipazione
all’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, in assenza del
benché minimo riscontro istruttorio circa il ricorso dei requisiti strutturali essenziali della fattispecie criminosa contestata, e per avere il
tribunale del riesame ascritto al ricorrente i singoli episodi di traffico
di sostanze stupefacenti e d’illecita detenzione di armi sulla base di
un discorso giustificativo irriducibilmente affetto da illogicità e contraddittorietà, oltre che sfornito di effettivi riscontri probatori.
2. –

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Considerato in diritto
3. – Il ricorso è infondato.
Dev’essere preliminarmente disattesa la doglianza avanzata
dal ricorrente con riguardo alla pretesa inutilizzabilità di talune conversazioni intercettate, siccome fondate sull’asserita illegittimità dei
corrispondenti provvedimenti giudiziari giustificativi, avendo il tribunale del riesame espressamente sottolineato (oltre alla piena regolarità di tutti i provvedimenti autorizzativi di intercettazione di conversazioni, siccome “compiutamente e adeguatamente motivati in
ordine alla sussistenza di tutti i presupposti di legge al fine di poter
procedere ad attività captativa”: cfr. pag. 2 dell’ordinanza impugnata) come le conversazioni utilizzate dal giudice della cautela, ai fini
dell’adozione del provvedimento restrittivo nei confronti del Catapano, fossero fondate su provvedimenti giudiziari del tutto autonomi
rispetto a quelli censurati dal ricorrente, senza che quest’ultimo, in
questa sede di legittimità, abbia minimamente provveduto ad articolare, in termini argomentativi sufficientemente specifici, l’asserita
connessione genetica tra tutti i decreti autorizzativi o di proroga delle
conversazioni captate, in ipotesi idonea ad estenderne il carattere di
illegittimità a ciascuno di essi.
Nel merito dell’impugnazione, osserva il collegio come
l’ordinanza contestata abbia individuato i gravi indizi di reità a carico
del Catapano, in relazione a tutte le ipotesi criminose allo stesso
provvisoriamente contestate, sulla base di una motivazione dotata di
logica coerenza e linearità argomentativa, avendo il giudice a quo riscontrato le prospettazioni accusatorie (tanto riferite al reato associativo, quanto ai singoli episodi di detenzione a fini di spaccio di stupefacenti e di illecita detenzione di armi imputati al Catapano) in forza
della combinata considerazione, in chiave critica, di elementi di fatto
sufficientemente dotati di effettiva gravità, precisione e concordanza
reciproca.

Da ultimo il ricorrente si duole della violazione di legge e del
vizio di motivazione per cui sarebbe incorsa l’ordinanza impugnata,
in relazione alla ritenuta sussistenza del requisito del periculum libertatis, in assenza di elementi idonei di attestarne l’effettivo riscontro, di là dal richiamo ad argomentazioni astratte e di puro genere.

In particolare, il tribunale del riesame ha evidenziato come il
coinvolgimento del Catapano nell’ambito del sodalizio criminale de
quo fosse stato inequivocabilmente confermato dal significativo tenore delle molteplici conversazioni intercettate e partitamente riproposte nel provvedimento impugnato, che il giudice del riesame ha coerentemente ricostruito e interpretato (pur al di là degli aspetti di equivocità strumentalmente sovrastimati dal ricorrente), non solo sotto il profilo della piena ricorrenza di tutti gli elementi strutturali essenziali dell’associazione criminale contestata (di cui sono emersi tutti i profili soggettivi degli aderenti, i rispettivi ruoli, la strumentazione utilizzata, in termini di armamenti e di disponibilità logistiche,
etc.), bensì anche del rilevabile ruolo apicale in essa riconosciuto al
Catapano, attestato dalle conversazioni (analiticamente ripercorse
dal giudice del riesame) nelle quali al Catapano risultano riconosciute
responsabilità organizzative e gestionali delle risorse del gruppo , oltre al rivestimento di un autentico ruolo di ‘comando’ del sodalizio.
Del pari, adeguatamente riscontrata, sul piano della coerente
connessione logica degli elementi indiziari complessivamente acquisiti, deve ritenersi la commissione, da parte del Catapano, dei singoli
episodi di detenzione fini di spaccio di stupefacenti e di illecita detenzione di armi contestati all’indagato, che i giudici del merito hanno
identificato (sia pure in coerenza ai caratteri di fluidità che connotano
la provvisorietà delle imputazioni in fase d’indagine preliminare) attraverso la ricorrente convergenza del tenore contenutistico delle differenti conversazioni intercettate.
È peraltro appena il caso di evidenziare, sul punto, come, in
tema di riscontri indiziari, il carattere equivoco di un dato d’indole
presuntiva accertato nella sua effettiva esistenza (come nel caso di
una conversazione di contenuto apparentemente ambivalente), finisce inevitabilmente per scolorire la propria oggettiva ambiguità, laddove posto in correlazione con il complesso degli altri elementi probatori e/o indiziari considerati nella loro totalità.
Vale, al riguardo, richiamare l’insegnamento delle sezioni unite di questa corte di legittimità, ai sensi del quale l’apprezzamento
unitario degli indizi per la verifica della confluenza verso un’univocità
indicativa che dia la prospettabile certezza (o significativa probabilità) logica dell’esistenza del fatto da provare, costituisce un’operazione
logica che presuppone la previa valutazione di ciascuno singolarmen-

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te, onde saggiarne la valenza qualitativa individuale. Acquisita la valenza indicativa di ciascun indizio (sia pure di portata possibilistica e
non univoca) deve allora passarsi al momento metodologico successivo dell’esame globale e unitario, attraverso il quale la relativa ambiguità indicativa di ciascun elemento probatorio può risolversi, perché
nella valutazione complessiva ciascun indizio si somma e s’integra
con gli altri, di tal che l’insieme può assumere quel pregnante e univoco significato dimostrativo che consente di ritenere conseguita la
prova logica del fatto; prova logica che non costituisce uno strumento
meno qualificato rispetto alla prova diretta (o storica), quando sia
conseguita con la rigorosità metodologica che giustifica e sostanzia il
principio del cosiddetto libero convincimento del giudice (cfr. Cass.,
Sez. Un., n. 6682/1992, Rv. 191230).
Proprio in tale ultima prospettiva, il tribunale del riesame ha
avuto cura di valorizzare, sulla scorta di una motivazione ricostruita
in termini di adeguata coerenza argomentativa, il contenuto di tutte
le conversazioni captate di cui ha dato conto nel corpo del provvedimento impugnato, nella parte in cui si evidenzia con immediatezza il
consolidato inserimento del Catapano con funzioni di governo
all’interno del sodalizio criminoso finalizzato al traffico di sostanze
stupefacenti, oltre alla commissione dei singoli reati-fine contestati,
ivi compresi quelli consistenti nella detenzione delle armi verosimilmente utilizzate ai fini del compimento delle attività illecite del gruppo.
Sotto altro profilo, giova sottolineare come gli elementi istruttori in questa sede utilizzati dal tribunale del riesame chiedono
d’essere valutati nella fluida prospettiva della gravità indiziaria riferita alla riconducibilità all’indagato di ciascuna delle fattispecie criminose allo stesso ascritte, la cui funzione (lungi dall’attestare in termini di piena certezza probatoria il ricorso della responsabilità penale
dell’indagato) non può che limitarsi al riscontro di una rilevante probabilità di fondatezza delle ipotesi criminose prospettate in sede
d’accusa.
Entro i confini segnati da tali premesse dev’essere, pertanto,
considerato il tema della prova della consumazione dei reati oggetto
dell’odierno esame, dovendo ritenersi pienamente condivisibile, in
termini di coerenza logica e di linearità argomentativa, il ragionamento seguito dal tribunale del riesame in ordine alla rilevante pro-

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babilità dell’effettiva consumazione di tutte le fattispecie criminose
prospettate con riferimento al Catapano, dovendo ritenersi ogni altra
interpretazione alternativa dei fatti (peraltro argomentate, dal ricorrente, mediante il riferimento a censure in fatto o a riletture di fonti
di prova inammissibilmente avanzate in questa sede di legittimità)
ragionevolmente assorbita dal coerente apprezzamento complessivo
degli elementi di prova critica operato dal tribunale del riesame attraverso il giudizio di gravità indiziaria tracciato in termini di assoluta congruità logico-giuridica.
Del pari priva dei vizi alla stessa attribuiti dal Catapano deve
ritenersi la motivazione dell’ordinanza impugnata, in relazione al riscontrato ricorso di effettive esigenze cautelari a sostegno della misura restrittiva contestata, avendo il tribunale leccese coerentemente
rilevato — in forza della consistente gravità di ciascuno dei fatti contestati; della qualità e circostanze delle azioni criminose espressive di
un elevato grado di professionalità criminale; del ruolo di primario
rilievo assunto dal Catapano in seno all’organizzazione criminale in
esame; dei numerosi, gravi e anche specifici precedenti penali riportati (per rapina, lesioni personali, resistenza a pubblico ufficiale, inosservanza dei provvedimenti dell’autorità, traffico di stupefacenti,
violazione di misure di prevenzione, ricettazione, rissa, estorsione,
violazione delle disposizioni contro la criminalità mafiosa) – significativi elementi di conferma della relativa pericolosità (di là dalla, ormai
relativa, presunzione di cui all’art. 274, lett. c), c.p.p. riferita al delitto
associativo contestato); elementi suscettibili di predicarne il verosimile inserimento professionale nell’ambiente criminale, al punto di
poterne fondatamente ascrivere una spiccata inclinazione a delinquere, sintomatica di un habitus operandi incompatibile con alcuna prognosi cautelare favorevole circa l’esclusione della possibile reiterazione di condotte delittuose della stessa indole; pericolosità, ritenuta
nella specie ovviabile unicamente attraverso l’adozione della sola misura cautelare di più grave entità, secondo la valutazione sul punto
espressa, in termini di coerente consequenzialità, nel provvedimento
impugnato, che ha sul punto adeguatamente rilevato come, sulla base
di talune conversazioni riportate nel provvedimento impugnato, il
Catapano si fosse reso responsabile di persistenti attività illecite pur
nel ristretto regime di arresti domiciliari in precedenza allo stesso inflitto.

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Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna
il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento
sia trasmesso al direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito dall’art. 94 c. iter disp. att. del c.p.p..
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27.6.2014.

4. – Il riscontro dell’integrale infondatezza dei motivi
d’impugnazione illustrati con il ricorso proposto in questa sede, impone il rigetto dello stesso e la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.

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