Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32213 del 27/06/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 32213 Anno 2014
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: SERRAO EUGENIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MARCOSANO DOMENICO N. IL 16/12/1982
avverso la sentenza n. 300/2013 TRIBUNALE di MATERA, del
25/06/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO;
lette~3 le conclusioni del PG Dott.
Eduardo Scardaccione, che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso;

Udit i difensor Avv.;

Data Udienza: 27/06/2014

RITENUTO IN FATTO

1. In data 25/06/2013 il Tribunale di Matera ha pronunciato, in relazione
all’imputazione di illecita detenzione di sostanza stupefacente del tipo hashish
per un peso complessivo di gr.66,05 e di n.2 flaconi di plastica di metadone,
sentenza ai sensi dell’art.444 cod.proc.pen. applicando a Marcosano Domenico,
previo riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art.73, comma 5,
d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309, la pena di mesi 10 di reclusione ed euro 3.000,00

2. Ricorre per cassazione Marcosano Domenico, con atto sottoscritto dal
difensore, censurando la sentenza impugnata per omessa motivazione sui fatti
oggetto di contestazione e sulla quantificazione della pena da irrogare, per
violazione dell’art.73 T.U. Stup. in relazione alla quantificazione della pena e per
illogicità della motivazione con riferimento alla mancata concessione della
sospensione della pena.

3. Il Procuratore Generale, in persona del dott. Eduardo Scardaccione, nella
sua requisitoria scritta ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Nel procedimento di applicazione della pena su richiesta delle parti è
precluso a queste ultime di prospettare con il ricorso per cassazione questioni
incompatibili con la richiesta di patteggiamento formulata per il fatto contestato
e per la relativa qualificazione giuridica risultante dalla contestazione, in quanto
l’accusa come giuridicamente qualificata non può essere rimessa in discussione.
L’applicazione concordata della pena, infatti, presuppone la rinuncia a far valere
qualunque eccezione di nullità, anche assoluta, diversa da quelle attinenti alla
richiesta di patteggiamento e al consenso ad essa prestato. Cosicché, in questa
prospettiva, l’obbligo di motivazione del giudice è assolto con la semplice
affermazione dell’effettuata verifica e positiva valutazione dei termini
dell’accordo intervenuto tra le parti e dell’effettuato controllo degli elementi di
cui all’art. 129 cod.proc.pen. conformemente ai criteri di legge
(Sez. 5, n. 21287 del 25/03/2010, Legari e altro, Rv. 247539).
1.1. Il provvedimento giudiziale, d’altro canto, non può che rispecchiare il
contenuto dell’accordo medesimo, sicché al giudice non è consentito che
accogliere in pieno quanto emerge dall’accordo delle parti, ovvero rigettarlo e
procedere oltre, eventualmente, con rito ordinario. È, infatti, evidente lo stretto
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di multa.

legame di dipendenza logico-funzionale che avvince i termini dell’accordo al
contenuto decisionale del giudice che opera ai sensi dell’art. 444 cod.proc.pen.;
tale principio risulta confermato anche dalla Corte Costituzionale, che, nella
sentenza n. 251 del 6 giugno 1991, ha sostanzialmente affermato che il rito
speciale in argomento trova il suo fondamento primario nella convergente
richiesta del Pubblico Ministero e dell’imputato sul merito dell’imputazione e che
il profilo di negozialità, che spiega il rito, rende lo spazio cognitivo del giudice
contenuto entro precisi limiti di controllo. Così individuato, il tema dell’accordo

cui si deve necessariamente escludere che il giudice possa, di sua iniziativa,
concedere il beneficio della sospensione condizionale della pena, apparendo
evidente che l’insistenza legislativa sulla essenzialità dei termini dell’accordo tra
imputato e organo dell’accusa fa ritenere improponibile la possibilità di una
pronuncia ultra petita (Sez. 4, n.40950 del 21/10/2008, Ciogli, Rv. 241371).
1.2. Il Tribunale di Matera ha correttamente osservato l’obbligo di
valutazione come sopra delineato, fornendo adeguata descrizione del fatto
contestato e congrua motivazione delle ragioni per le quali non ritenesse
sussistente alcuna delle ipotesi previste dall’art.129 cod.proc.pen., non
emergendo dagli atti che le parti avessero subordinato la richiesta di
patteggiamento al beneficio della sospensione condizionale della pena; il ricorso,
per tale ragione, non supera il vaglio di ammissibilità.

2. Trova, tuttavia, applicazione al caso in esame un principio interpretativo
consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, per cui l’inammissibilità del
ricorso non impedisce alla Corte medesima di annullare la sentenza che abbia
irrogato una pena illegale

(ex multis

Sez. 6, n. 21982 del 16/05/2013,

Ingordini, Rv. 255674; Sez. 1, n. 15944 del 21/03/2013, Aida, Rv. 255684;
Sez. 5, n. 24128 del 27/04/2012, Di Cristo, Rv. 253763; Sez. U, n.27614 del
29/03/2007, P.C. in proc. Lista, Rv. 236535).
2.1. L’illegalità della pena irrogata in relazione alle condotte illecite
concernenti sostanze stupefacenti cosiddette leggere viene, oggi, in rilievo per il
mutamento del quadro normativo di riferimento all’attenzione dell’interprete a
seguito della dichiarazione d’incostituzionalità ( Corte Cost. n.32 del 25 febbraio
2014) degli artt. 4-bis e 4-vicies ter d.l. 30 dicembre 2005, n. 272 (Misure
urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per le prossime Olimpiadi
invernali, nonché la funzionalità dell’Amministrazione dell’interno. Disposizioni
per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi e modifiche al testo unico
delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope,
prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al
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delle parti assume valore pregiudiziale ed assorbente nel giudizio in esame, per

decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), convertito, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, I. 21 febbraio 2006, n. 49, nonché a seguito
della modifica normativa della pena edittale per le ipotesi di reato sussumibili
nell’ipotesi astratta di cui all’art.73, comma 5, T.U. Stup., stabilita nella misura
della reclusione da uno a cinque anni dall’art2 d.l. 23 dicembre 2013, n.146 ed
ulteriormente ridotta nella misura della reclusione da sei mesi a quattro anni
dall’arti, comma 24 ter d.l. 20 marzo 2014, n.36, convertito con modificazioni
dalla 1.16 maggio 2014, n.79.

determinata, riconosciuta la circostanza attenuante di cui all’art. 73, comma 5,
T.U. Stup., nella misura di un anno e 3 mesi di reclusione ed euro 4.500,00 di
multa come pena base, con diminuzione per il rito alla pena finale di mesi dieci di
reclusione ed euro 3.000,00 di multa.
2.3. La sanzione così irrogata risulta illegale in quanto la misura della pena
base è stata determinata applicando una disciplina ora modificata dall’entrata in
vigore di una norma che prevede una pena edittale inferiore, dunque superata
dalla norma più favorevole ai sensi dell’art.2, comma 4, cod. pen.

3.

La illegalità della pena comporta, secondo principi consolidati nella

giurisprudenza di questa Corte, l’esclusione della validità dell’accordo siglato fra
le parti del processo e ratificato dal giudice. L’annullamento peraltro deve
avvenire senza rinvio in quanto le parti del processo potranno o meno
rinegoziare l’accordo su altre basi e, nel caso contrario, il procedimento dovrà
proseguire

con

il

rito

ordinario

(Sez. 3, n. 1883 del 22/09/2011,

dep. 18/01/2012, P.G. in proc. La Sala, Rv. 251796; Sez.1, n.16766 del
7/04/2010, P.G. in proc. Ndiaye, Rv.246930; Sez. 5, n.1411 del 22/09/2006,
P.G. in proc. Braidich e altro, Rv. 236033).

4. Annullata senza rinvio la pronuncia impugnata, si devono rimettere gli atti
al Tribunale di Matera per l’ulteriore corso.

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata senza rinvio e dispone trasmettersi gli atti al
Tribunale di Matera per l’ulteriore corso.
Così deciso il 27/06/2014

2.2. La sanzione in concreto irrogata a Domenico Marcosano è stata

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