Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32204 del 27/06/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 32204 Anno 2014
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: IANNELLO EMILIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GRASSI DARIO N. IL 08/01/1991
avverso l’ordinanza n. 12/2011 TRIBUNALE di CAMPOBASSO, del
13/09/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EMILIO IANNELLO;
lette/s~ le conclusioni del PG Dott. Vi Ne E Aia o ‘E oic i 4 42

l that< itick £44...4:p ~l'a i e /a c_044o c4_"', euT. 'lidi t i idicmeAmt A.P.R. MS1 1)2 vv oz-e Data Udienza: 27/06/2014 Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Campobasso, a seguito di richiesta dell'Agenzia delle Entrate, ha revocato l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato nei confronti di Grassi Dario, ammesso al beneficio con decreto del 15/2/2011, in relazione a procedimento penale nei suoi confronti instaurato per reati in materia di stupefacenti. A fondamento del provvedimento di revoca è posto l'esito degli accertamenti quale, con nota del 19/2/2013 comunicava il sopravvenuto venir meno delle condizioni di reddito del suddetto richiesto per l'ammissione al beneficio. Ricorre per cassazione Grassi Dario, a mezzo del proprio difensore. Denuncia violazione di legge e vizio di motivazione evidenziando che, dovendosi tener conto, nella verifica delle condizioni reddituali richiesti per l'ammissione al beneficio, del reddito complessivo imponibile al netto degli oneri deducibili, nel caso di specie il reddito dichiarato negli anni di riferimento dal nucleo familiare di esso ricorrente risulta grandemente inferiore al limite normativamente previsto. Chiede pertanto l'annullamento dell'impugnato decreto di revoca. 2. Il P.G. in sede ha depositato memoria con la quale ha chiesto che, qualificato il ricorso come reclamo, lo stesso sia rimesso al giudice competente ex art. 99 d.P.R. 115/02. Considerato in diritto 3. Giova premettere che non può essere condivisa la tesi del Procuratore Generale secondo cui si verterebbe nella specie di revoca d'ufficio e, pertanto, diversamente qualificata l'impugnazione come reclamo, ne andrebbe disposta la rimessione al giudice competente ex art. 99 d.P.R. 115/02. A ben vedere, infatti, non si è in presenza, nel caso in esame, di una revoca d'ufficio, ma di una revoca disposta su segnalazione ed espressa richiesta del competente ufficio finanziario, ai sensi dell'art. 112 comma 1 lett. d) d.P.R. 115/02: tanto ricavandosi sia dal tenore della nota dell'Agenzia delle Entrate, che si conclude, come detto, con espressa richiesta di «revoca dell'ammissione al gratuito patrocinio»; sia dall'espresso riferimento contenuto nel provvedimento impugnato alla citata norma di cui all'art. 112 comma 1 lett. d) d.P.R. cit.. Per tale ipotesi, l'art. 113 d.P.R. cit. prevede quale rimedio esperibile il ricorso per cassazione indipendentemente dalla proposizione dell'opposizione 2 compiuti dall'Agenzia delle Entrate, Direzione provinciale di Campobasso, la che, anzi, alla stregua di una lettura diacronica dei precedenti normativi ai quali si collega il testo unico, deve ritenersi preclusa (v. in tal senso, in motivazione, Sez. U, n. 36168 del 14/07/2004, Pangallo, rv. 228666). L'impianto originario della L. 217/1990 prevedeva, invero, sia per i casi di originario rigetto dell'istanza (commi 4 e 5 dell'art. 6), sia per quelli di successiva revoca d'ufficio del beneficio (ultima parte del comma 1 dell'art. 10, facente espresso richiamo ai commi suddetti), lo stesso sistema di rimedi, articolato in un ricorso, consentito all'interessato, all'organo giudiziario di appartenenza del legge, proponibile dall'interessato e dall'intendente di finanza, avverso la decisione sul primo ricorso. Nei confronti invece del provvedimento decidente (in un senso o nell'altro) sulla richiesta di revoca dell'intendente di finanza era ammesso (dal comma 2 dell'art. 10) solo il ricorso per cassazione a sensi del comma 5 dell'art. 6, e cioè per violazione di legge. Tale impianto rimaneva immutato dopo l'intervento della L. 134/2001, che ha introdotto una nuova ipotesi di revoca all'esito delle informazioni di cui ai (nuovi) commi 9 bis e 9 ter dell'art. 1, rimanendone confermato un sistema omogeneo nel trattare allo stesso modo tutti i casi di revoca d'ufficio, lasciando da parte, con un regime diverso, la sola ordinanza (che poteva essere sia di accoglimento che di rigetto) emessa sulla richiesta dell'intendente di finanza. Il T.U. del 2002 ha innovato molto su tale sistema, posto che, mentre conferma (all'art. 99) la precedente articolazione di rimedi in relazione all'ipotesi di (originario) rigetto dell'istanza, non la richiama più in riferimento alle ipotesi di revoca d'ufficio disciplinate dall'art. 112, replicando soltanto (all'art. 113) la regola della ricorribilità per Cassazione avverso il decreto che decide sulla richiesta di revoca proveniente dall'ufficio finanziario. In via interpretativa si è nondimeno ritenuto non modificato il previgente sistema impugnatorio modulato, nei sensi sopra descritti, nella distinzione tra revoca d'ufficio e revoca invece disposta su richiesta dell'ufficio finanziario. In questo complesso quadro normativo è intervenuto il D.L. 30 giugno 2005, n. 115 convertito nella L. 17 agosto 2005, n. 168 il cui art. 9 bis (comma 1, lett. e ed f) ha modificato l'art. 112 e l'art. 113 del D.P.R. 115: l'art. 112, lett. d, è stato modificato consentendo la revoca d'ufficio al patrocinio a spese dello Stato anche al di fuori dei casi di revoca "formale" e pur in assenza della richiesta dell'agenzia delle entrate; l'art. 113 è stato modificato consentendo il ricorso in cassazione «contro il decreto che decide sulla richiesta di revoca ai sensi dell'art. 112, lett. d), comma 1». Quanto al regime impugnatorio, tuttavia, per quel che in questa sede 3 giudice emittente, e in un successivo ricorso per cassazione per violazione di interessa, non ne deriva alcuna modifica dell'assetto sopra considerato (v. al riguardo, Sez. 4, n. 10467 del 01/02/2011, Rotondi, non mass.). 5. Esclusa dunque la possibilità di convertire il ricorso in opposizione ex art. 99 d.P.R. 115/02, ne va rilevata l'inammissibilità per evidente difetto del requisito di specificità dei motivi. Senza che metta conto nella specie prendere posizione in favore delle contrastanti soluzioni date nella giurisprudenza dì questa Suprema Corte alla fini della verifica delle condizioni reddituali richiesti per l'ammissione al beneficio, degli oneri deducibili (per la soluzione negativa v. Sez. 4, n. 28802 del 16/02/2011 - dep. 19/07/2011, Polimeni e altro, Rv. 250700, secondo cui «si tratta di poste finalizzate alla determinazione concreta dell'imposta da pagare, concetto questo che presenta una configurazione diversa rispetto al reddito imponibile cui fa riferimento al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 76 (D.P.R. in tema di spese di giustizia), che intende dare rilevanza al reddito lordo ed anche a redditi non assoggettabili ad imposta ma indicativi delle condizioni personali, familiari e del tenore di vita dell'istante»; v. anche, Sez. 4, n. 22299 del 15/04/2008 - dep. 04/06/2008, Iannì e altro, Rv. 239893; contra Sez. 3, Sentenza n. 16583 del 23/03/2011 - dep. 28/04/2011, Polimeni, Rv. 250290), appare nella specie preliminare e assorbente il rilievo che il ricorrente omette comunque di specificare quali siano e a quanto ammontino tali oneri deducibili, indicazione evidentemente necessaria onde poter apprezzare, sia pur alla stregua di una valutazione in astratto, la rilevanza della questione. 6. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 13/06/2000, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria di inammissibilità segue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere delle spese del procedimento e del versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, determinata - avuto riguardo al grado di colpa ravvisabile - come da dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 500,00 in favore della cassa delle ammende. 4 questione interpretativa posta relativa alla necessità o meno di tener conto, ai Così deciso il 27/6/2014

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