Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32204 del 09/04/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32204 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: RAGO GEPPINO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
SCHINTU DANIELE N. IL 03/09/1981
avverso la sentenza n. 4611/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
29/11/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GEPPINO RAGO;
Data Udienza: 09/04/2013
(( 5″
1. Con sentenza in data29/11/2011, la Corte di Appello di
Milano confermava la sentenza con la quale, in data 07/04/2011, il
giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Busto Arsizio aveva
ritenuto SCHINTU Daniele responsabile del delitto di cui all’art. 56-
2. Avverso la suddetta sentenza, l’imputato, a mezzo del
proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo i
seguenti motivi:
2.1.
giuridica del fatto, in quanto,
ERRATA QUALIFICAZIONE
stante le modalità con le quali era avvenuto, il medesimo andava
qualificato come minaccia ex art. 612 cod. pen.
2.2.
VIOLAZIONE DELL’ART.
267
COD. PROC. PEN.
per avere la
Corte posto alla base della decisione tre telefonate intercorse tra il
Galanti ed il ricorrente che erano state ascoltate e trascritte dai C.C.
ai quali la vittima aveva presentato denuncia.
3. Il ricorso è manifestamente infondato sotto entrambi i profili
dedotti.
3.1.
ERRATA QUALIFICAZIONE
giuridica del fatto: entrambi i
giudici di merito hanno ritenuto la configurabilità del delitto di tentata
estorsione che, in effetti, sia dalla descrizione del capo
d’imputazione, sia da quanto scrive la Corte territoriale, è da ritenersi
corretta in quanto costituisce tentativo di estorsione richiedere, con
minaccia, una somma di denaro non dovuta.
Sul punto, il ricorrente tace del tutto, sicchè la doglianza, che
si basa su una generica ed unilaterale versione dei fatti processuali,
è inammissibile.
3.2.
VIOLAZIONE DELL’ART.
267
COD. PROC. PEN.:
secondo quanto
scrive lo stesso ricorrente, i C.C., ai quali la parte offesa aveva
1
629-594 cod. pen. ai danni di Galanti Matteo.
denunciato l’estorsione, si limitarono ad ascoltare e trascrivere le
telefonate intercorse fra la parte offesa e l’imputato: l’art. 267 cod.
proc. pen., quindi, è citato a sproposito, dovendosi ritenere la
suddetta attività come una mera e del tutto lecita attività di P.G., non
al rito abbreviato e, quindi, ha accettato che il processo fosse deciso
sulla base dell’istruttoria compiuta dal P.M.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue, per il disposto
dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle
Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa
emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in € 1.000,00.
P.Q.M.
DICHIARA
Inammissibile il ricorso e
CONDANNA
Il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di
€ 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende
Roma 09/04/2013
senza considerare che l’imputato ha chiesto ed ottenuto di accedere