Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32203 del 27/06/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 32203 Anno 2014
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: IANNELLO EMILIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
NOBILE MARCO N. IL 20/04/1988
nei confronti di:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZA
avverso l’ordinanza n. 18/2012 CORTE APPELLO di
CALTANISSETTA, del 24/10/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EMILIO IANNELLO;
lette/9201e le conclusioni del PG Dott. F(fLVi 0 611LOI
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G–.9 -1 <1.4'e (0 Qe< 191-P we Data Udienza: 27/06/2014 Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 24-31/10/2013 la Corte d'Appello di Caltanissetta rigettava l'istanza di riparazione formulata nell'interesse di Nobile Marco per l'ingiusta detenzione sofferta nell'ambito di un procedimento penale nel quale egli era indagato per il reato p. e p. dagli artt. 110 cod. pen. e 73 d.P.R. 309/90 con l'accusa di aver coltivato, in concorso con Novembrini Carlo e Nobile Salvatore, una piantagione di marijuana costituita da circa 2.500 piantine, sostanza stupefacente del tipo marijuana. Condannato in primo grado, il predetto era stato assolto dalla Corte d'appello di Caltanissetta con sentenza del 13/5/2010, divenuta irrevocabile il 12/10/2010, ai sensi dell'art. 530, comma 2, cod. proc. pen., in ragione del testuale rilievo secondo cui «non può escludersi ... che i due giovani (Nobile Marco e Nobile Salvatore, n.d.r.) ... avuto anche riguardo al limitato periodo della loro presenza in azienda, possano non aver acquisito consapevolezza della illecita attività che ivi si stava svolgendo o comunque avere nutrito dei meri sospetti al riguardo, versando pertanto in una condizione che potrebbe definirsi di mera connivenza non punibile». Ciò premesso, considerava la Corte territoriale che, ai fini del giudizio dì riparazione, dagli esposti elementi emergesse una condotta del richiedente integrante gli estremi della colpa grave, ritenendo in particolare calzante alla fattispecie il principio giurisprudenziale secondo cui «in tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, integra gli estremi della colpa grave ostativa al riconoscimento del diritto, la condotta di chi, nei reati contestati in concorso, abbia tenuto, pur consapevole dell'attività criminale altrui, comportamenti percepibili come indicativi di una sua contiguità» (Sez. 4, n. 45418 del 25/11/2010 - dep. 27/12/2010, Carere, Rv. 249237). 2. Avverso questa decisione Nobile Marco propone, per mezzo del proprio difensore, ricorso per cassazione, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione. Lamenta in buona sintesi che la Corte d'appello ha illogicamente e, comunque, in contrasto con consolidata interpretazione giurisprudenziale, attribuito valenza ostativa alla mera presenza fisica sul fondo del richiedente, impegnato in lavori agricoli, al più qualificabile quale connivenza, ma non idonea a giustificare la determinazione cautelare in mancanza di prova della consapevolezza dell'altrui attività illecita. 2 nonché di aver detenuto, a fini di spaccio, una quantità pari a circa 114 kg di 3. Il P.G. in sede, nella sua requisitoria scritta, ha chiesto l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato. Il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha depositato memoria con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso. Considerato in diritto La motivazione della Corte territoriale si rivela, infatti, manifestamente illogica e comunque carente poiché, da un lato, espressamente evidenzia che, a fondamento della sentenza assolutoria, è stato posto il rilievo della mancanza di prova che il richiedente, colto nel fondo in questione impegnato nelle attività di coltivazione quale bracciante agricolo, fosse a conoscenza della presenza all'interno della serra anche di piante di marijuana e fosse, comunque, consapevole della illecita attività che ivi si stava svolgendo; dall'altro ritiene che la descritta condotta sia ostativa al chiesto indennizzo, postulando la consapevolezza dell'attività criminale altrui. È appena il caso al riguardo di rammentare che, se è vero che il giudice della riparazione, come ripetutamente precisato da questa Corte, ha certamente il potere/dovere di procedere ad autonoma valutazione delle risultanze e di pervenire, eventualmente, a conclusioni divergenti da quelle assunte dal giudice penale (nel senso che circostanze oggettive accertate in sede penale, o le stesse dichiarazioni difensive dell'imputato, valutate dal giudice della cognizione come semplici elementi di sospetto, ed in quanto tali insufficienti a legittimare una pronuncia di condanna, ben potrebbero essere considerate dal giudice della riparazione idonee ad integrare la colpa grave ostativa al diritto all'equa riparazione), è tuttavia escluso che, in sede di riparazione per ingiusta detenzione, possa essere attribuita decisiva importanza, considerandole ostative al diritto all'indennizzo, a condotte escluse dal giudice penale o a circostanze relative alla condotta addebitata all'imputato con il capo di imputazione in ordine alle quali sia stata riconosciuta l'estraneità dell'imputato stesso con la sentenza di assoluzione (senza che possa avere rilievo se dalla sentenza emerga la prova positiva di non colpevolezza o piuttosto soltanto l'insufficienza o la contraddittorietà della prova: sul punto, Sez. 4, n. 1573 del 18/12/1993 - dep. 19/05/1994, Tinacci, Rv. 198491). La condizione ostativa al riconoscimento del diritto all'indennizzo per l'ingiusta detenzione rappresentata dall'aver dato causa, da parte del richiedente, all'ingiusta detenzione, deve dunque concretarsi in comportamenti 3 5. Il ricorso è fondato e merita di essere accolto. che non siano stati esclusi dal giudice della cognizione: e sugli elementi costitutivi della colpa grave così determinati, il giudice è tenuto sia ad indicare gli specifici comportamenti addebitabili all'interessato, sia a motivare in che modo tali comportamenti abbiano inciso sull'evento detenzione. Nella specie, come detto, il giudice della cognizione ha espressamente escluso, siccome riferito peraltro anche nella stessa ordinanza impugnata, che potesse affermarsi la consapevolezza in capo all'odierno ricorrente dell'altrui attività illecita. Tale accertamento negativo non può, per quanto sopra detto, vincola anche il giudice della riparazione in relazione al pur distinto tema a lui devoluto. Ne discende, pertanto, l'impossibilità di ravvisare, almeno alla stregua degli elementi di fatto esposti nel provvedimento impugnato, una condotta ostativa al richiesto indennizzo. Al riguardo giova invero rammentare che, per consolidato indirizzo di questa Suprema Corte, in tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, la colpa grave, pur potendo essere ravvisata anche in relazione ad un atteggiamento di connivenza passiva allorché esso risulti aver rafforzato la volontà criminosa dell'agente, richiede, tuttavia, per essere accertata, la prova positiva che il connivente fosse a conoscenza dell'attività criminosa dell'agente medesimo (Sez. 4, n. 6878 del 17/11/2011 - dep. 21/02/2012, Cantarella, Rv. 252725; v. anche Sez. 4, n. 42039 del 08/11/2006 - dep. 21/12/2006, Cambareri, Rv. 235397). 6. L'ordinanza impugnata va pertanto annullata con rinvio per nuovo esame alla Corte d'appello di Caltanissetta, limitatamente alla determinazione dell'indennizzo. P.Q.M. Annulla la impugnata ordinanza e rinvia per nuovo esame ad altra Sezione della Corte d'Appello di Caltanissetta. Così deciso il 27/6/2014 considerarsi rilevante solo ai fini del giudizio sulla responsabilità penale, ma

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