Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32202 del 27/06/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 32202 Anno 2014
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: IANNELLO EMILIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BUCOLO VINCENZO N. IL 28/05/1980
avverso l’ordinanza n. 10/2012 CORTE APPELLO di MESSINA, del
19/12/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EMILIO IANNELLO;
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La.

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Udit~Avv.;

Data Udienza: 27/06/2014

Ritenuto in fatto

1.

Con ordinanza del 19/12/2012 la Corte d’Appello di Messina, in

accoglimento dell’istanza di riparazione formulata nell’interesse di Bucolo
Vincenzo per l’ingiusta detenzione sofferta, dal 5 al 21/6/2004, in carcere e, nel
periodo successivo fino all’11/12/2004, agli arresti domiciliari, nell’ambito di
procedimento nel quale era indagato per il reato di tentata rapina aggravata in
concorso, liquidava in favore del predetto il complessivo importo di € 7.357,84

del 20% sulla somma di euro 6.131,32 (pari ad euro 235,82 x 16 giorni di
custodia cautelare in carcere e ad euro 117,91 x 20 giorni di arresti domiciliari),
ottenuta in applicazione del parametro fissato dalla Corte di Cassazione per la
valutazione equitativa dei danni complessivamente conseguenti alla custodia
cautelare».

2. Avverso questa decisione Bucolo Vincenzo propone, per mezzo del proprio
difensore, ricorso per cassazione, denunciando violazione di legge e vizio di
motivazione per ciò che attiene alla determinazione dell’indennizzo.
Lamenta anzitutto un errore di calcolo determinato dalla erronea
considerazione del numero dei giorni nei quali si è protratta la custodia in regime
di arresti domiciliari, indicato in motivazione pari a 20, essendo invece esso pari
a 174 (dal 21/6/2004 al 11/12/2004).
Deduce inoltre che la Corte d’appello ha omesso di illustrare le ragioni per
cui ha inteso porre a base del calcolo l’importo giornaliero standard indicato
quale parametro aritmetico di liquidazione dalla giurisprudenza di legittimità e
non un maggiore importo in considerazione delle conseguenze pregiudizievoli
dedotte nella fattispecie.

3. Il P.G. in sede, nella sua requisitoria scritta, ha chiesto l’annullamento
con rinvio dell’ordinanza impugnata.

Considerato in diritto

4. Il ricorso è fondato e merita di essere accolto, nei limiti appresso
precisati.

4.1. Sussiste evidentemente l’errore di calcolo segnalato dal ricorrente,
rappresentato dall’erroneo computo del numero dei giorni nei quali si è protratta
la custodia cautelare in regime di arresti domiciliari: posto che nella stessa
2

cui perveniva, secondo il calcolo illustrato in motivazione, applicando «l’aumento

ordinanza si dà atto che, per tale parte, la misura restrittiva ha avuto esecuzione
dal 21/6/2004 all’11/12/2004, si appalesa evidentemente erroneo – o,
comunque, contraddittorio – il successivo calcolo dei giorni compresi tra le due
date, in quanto indicato nel numero di 20.

4.2. Sono invece infondate, oltre che palesemente generiche, le doglianze
dedicate in ricorso alla determinazione dell’importo giornaliero posto a base della
liquidazione.

questa Corte ha da tempo enucleato un canone base, costituito dal rapporto tra
la somma massima posta a disposizione dal legislatore, la durata massima della
custodia cautelare e la durata dell’ingiusta detenzione patita. La somma che
deriva da tale computo (euro 235,82 per ciascun giorno di detenzione in carcere)
può essere ragionevolmente dimezzata (euro 117,91) nel caso di detenzione
domiciliare, attesa la sua minore afflittività.
Tale aritmetico criterio di calcolo costituisce solo una base utile per sottrarre
la determinazione dell’indennizzo all’imponderabile soggettivismo del giudice e
per conferire qualche uniformità ed oggettività al difficile giudizio di fatto.
Il meccanismo in questione individua l’indennizzo in una astratta situazione
standard, nella quale i diversi fattori di danno derivanti dall’ingiusta detenzione si
siano concretizzati in modo medio, ordinario. Tale valore può subire
rimaneggiamenti verso l’alto o verso il basso sulla base di specifiche contingenze
proprie del caso concreto, ferma restando la natura indennitaria e non
risarcitoria della corresponsione di cui si parla.
Occorre quindi esaminare i fattori documentati, afferenti alla personalità ed
alla storia personale dell’imputato, al suo ruolo sociale professionale e sociale,
alle conseguenze pregiudizievoli concretamente patite e tutti gli altri di cui sia
riscontrata la rilevanza e la connessione eziologia con l’ingiusta detenzione
patita. Il calcolo finale ben potrà essere il frutto della ponderazione di
documentati fattori di segno contrario.
Al giudice si chiede una valutazione equitativa, discrezionale. Ma ciò non
significa affatto che, come sopra accennato, ci si debba affidare ad una
ponderazione intuitiva che si sottragga all’analisi ed alla valutazione delle
indicate contingenze rilevanti.
Ne discende che, all’opposto di quanto sembra postulare il ricorrente, il
giudice della riparazione è tenuto a fornire specifica giustificazione non quando
intende attenersi ai parametri aritmetici medi indicati dalla giurisprudenza sulla
esposta base presuntiva, ma al contrario quando intenda da essi discostarsi, in
riduzione o in aumento.
3

Per ciò che attiene alla liquidazione dell’indennizzo, la giurisprudenza di

Nel caso di specie la motivazione appare pertanto sotto tale profilo
incensurabile, considerato del resto che il ricorrente non indica in alcun modo
specifici elementi rilevanti ai fini di una diversa quantificazione dell’importo
unitario dell’indennizzo che sarebbero stati oggetto di carente o inadeguata
considerazione da parte del giudice del merito.

5. L’ordinanza impugnata va pertanto annullata con rinvio per nuovo esame
alla Corte d’appello di Messina, limitatamente alla determinazione

P.Q.M.

Annulla

l’impugnata ordinanza limitatamente alla quantificazione

dell’indennizzo e rinvia per nuovo esame sul punto alla Corte d’Appello di
Messina.
Così deciso il 27/6/2014

dell’indennizzo.

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