Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3220 del 07/01/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 3220 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: PRESTIPINO ANTONIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
Morresi Massimo n. il 26.4.1963
avverso la SENTENZA della Corte di Appello di Ancona
dell’8.2.2013
Udita la relazione fatta dal consigliere
Antonio Prestipino
Sentito il Procuratore Generale in persona del dr. Vittorio Scardaccione, che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Data Udienza: 07/01/2014

Ritenuto in fatto
Ha proposto ricorso per cassazione Morresi Massimo, avverso la sentenza della Corte di
Appello di Ancona dell’8.2.2013, che in riforma della più severe sentenza di condanna
pronunciata nei suoi confronti dal Tribunale di Macerata il 16.7.2012, per i delitti di
tentata rapina aggravata in danno della First Security e di sequestro di persona in
danno di alcuni dipendenti della stessa ditta, nonché per la contravvenzione di cui
all’art. 4 L. 110/1975, ridusse la pena inflittagli dal giudice di primo grado ad anni
quattro e mesi otto di reclusione ed euro 1200 di multa.
Lamenta la difesa, con un unico motivo, la mancanza e manifesta illogicità della
motivazione con riferimento alla mancata concessione delle attenuanti generiche,
essendosi i giudici di appello limitati a richiamarsi alle argomentazioni del Tribunale
senza dar conto degli specifici motivi di gravame proposti sul punto con l’atto di appello,
incentrato sulla concreta inoffensività del fatto rispetto all’incolumità fisica delle vittime,
nemmeno in astratto posta in pericolo, atteso l’uso di armi giocattolo, sulla giovane età
e sulle condizioni di disagio personale del ricorrente, all’epoca tossicodipendente.La
Corte territoriale avrebbe poi illogicamente valorizzato i risalenti precedenti penali del
ricorrente.
Considerato in diritto
Il ricorso è manifestamente infondato
La Corte territoriale ha espressamente preso in considerazione i motivi di appello sul
trattamento sanzionatorio, ed è in definitiva pur sempre pervenuta ad un
ridimensionamento della pena sulla base di una diversa valutazione dei parametri
direttivi fissati dall’art. 133 c.p. Per il resto, i dati sintomatici della gravità del fatto e
della personalità del ricorrente vengono del tutto logicamente valutati dai giudici di
appello in termini incompatibili con la concessione delle attenuanti generiche e con
ulteriori mitigazioni del trattamento sanzionatorio, sulla base della professionalità
dell’azione criminosa, coordinata tra più complici con l’uso di ricetrasmittenti ed
eseguita con l’impiego di mezzi di travisamento del volto, oltre che diretta al
conseguimento di un profitto notevolissimo.
Che si tratti della replica delle valutazioni del tribunale non ha alcun rilievo,
considerando che si tratta di una replica meditata nel confronto con le obiezioni
difensive e del tutto adeguata alle esigenze argomentative del caso.
Per quanto risalenti, poi, i precedenti penali del ricorrente sono stati adeguatamente
valorizzati dalla Corte di merito per la loro gravità e in ogni caso, per quel che riguarda
i fatti commessi nel 2005, è stata giustamente valorizzata dai giudici di appello, oltre
alla loro specificità, anche la data del passaggio in giudicato della relativa sentenza di
condanna, contenuta, rispetto alla tentata rapina in contestazione nel presente
procedimento, entro un intervallo di tempo inferiore ai cinque anni, tanto da giustificare
la contestazione della recidiva infraquinquennale la connessa valutazione della scarsa
efficacia deterrente dell’intervento repressivo nei confronti dello stesso ricorrente.
Infine, la situazione di tossicodipendenza del ricorrente non risulta nemmeno provata
(nella sentenza di appello si chiarisce al riguardo che la difesa si era riservata di
documentarla e nel ricorso non si chiarisce se alla “riserva” fossero seguite concrete
iniziative probatorie) e in ogni caso andrebbe considerata come fattore criminogeno
non meno che come espressione di disagiate condizioni di vita; il possesso, da parte
dei rapinatori,
di taglierini, comunque utilizzabili in ragione dei possibili sviluppi
dell’azione criminosa, esclude in radice la “ricevibilità” dell’argomento difensivo dell’uso
di armi giocattolo.
Alla stregua delle precedenti considerazioni il ricorso va pertanto dichiarato
inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo
grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di
inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così dec o n foma, nella camera di consiglio, il 7.1.2014.
Il Presid
Il co si ier rlatore

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