Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32196 del 09/04/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 32196 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: RAGO GEPPINO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MILICI CARLO N. IL 05/03/1991
avverso la sentenza n. 8026/2011 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di CATANIA, del 24/01/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GEPPINO RAGO;

Data Udienza: 09/04/2013

(

1. MILICI Carlo, a mezzo del proprio difensore, ha proposto
ricorso per cassazione — per violazione dell’art. 129 c.p.p. sotto il
profilo di carenza di motivazione in ordine alla sussistenza della
responsabilità – avverso la sentenza pronunciata in data 24/01/2012
Catania gli aveva applicato la pena concordata con il P.M. per i reati
di cui agli artt. 110 — 628/2 — 61 n° 2 — 582 c.p.

2. La censura è manifestamente infondata per le ragioni di
seguito indicate.
Questa Corte, ha stabilito che, in funzione della particolarità
del rito e della centralità dell’atto negoziale che lo caratterizza fermo restando che alla parte è preclusa la possibilità di contestare,
con i motivi di impugnazione, i termini fattuali dell’imputazione
(SSUU 20/1999) – occorre una specifica indicazione di tutti gli
elementi strutturali della motivazione «soltanto nel caso in cui dagli
atti o Alla deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la
possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo invece
ritenersi sufficiente in caso contrario, una motivazione consistente
nella enunciazione anche implicita che è stata compiuta la verifica
richiesta della legge e che non ricorrono le condizioni per la
pronuncia di proscioglimento ex art 129 cpp»: SS.UU. 5777/1992.
Sulla base di tali principi deve ritenersi che il giudice ha
operato il doveroso controllo sull’insussistenza delle condizioni ex art
129 cpp., rilevando che dagli atti non risultavano elementi evidenti
che potessero portare ad una pronuncia di proscioglimento, ai fatti
era stata data la corretta qualificazione giuridica e la pena era
congrua.
Tanto basta per ritenere adempiuto all’obbligo di motivazione
richiesto sul punto.

1

con la quale il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di

3. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile
a norma dell’art. 606/3 c.p.p, per manifesta infondatezza: alla relativa
declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la

nonché al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una
somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso,
si determina equitativamente in € 1.500,00.
P.Q.M.
DICHIARA
Inammissibile il ricorso e
CONDANNA
Il ricorrente al pagamento delle spese processuali e [fail~tao] della
somma di € 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Roma 09/04/2013

IL CONSIGLIERE
(Dott. G. Rago)

condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali,

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