Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32194 del 26/06/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 32194 Anno 2014
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: MARINELLI FELICETTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RUGA FRANCESCO N. IL 19/01/1972
avverso l’ordinanza n. 120/2012 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 08/11/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA
MARINELLI;
lette/sentite-le conclusioni del PG Dott. I911Mra-tw-21 (
a/C’S–i\co-uam;

2)

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co,c,

Uditi dife~vv.;

o’ct

Data Udienza: 26/06/2014

(1

La Corte di Appello di Reggio Calabria, con
ordinanza resa all’udienza camerale del giorno
8.11.2013 rigettava l’istanza di riparazione
presentata nell’interesse di Ruga Francesco per
ingiusta detenzione in regime di custodia in carcere
dal 19/05/08 all’8/07/08 e in regime di arresti
domiciliari sino al 20.11.08 perchè indagato in
ordine al reato di sequestro di persona ed altro in
danno di Simona Simionescu, reato da cui era stato
assolto la formula “perché il fatto non sussiste” con
sentenza del 18 gennaio 2011 emessa dal Tribunale di
Locri, divenuta irrevocabile il 14.06.2011.
Ruga Francesco,a mezzo del suo difensore, proponeva
quindi ricorso per cassazione avverso l’ordinanza
della Corte di appello di Reggio Calabria e
concludeva chiedendone l’annullamento.
Il ricorrente censurava l’ordinanza impugnata per
violazione ed erronea applicazione degli articoli 314
e 315 cod.proc.pen. e art.102 disp.att. c.p.p., in
particolare nella parte in cui la Corte di appello
rimproverava in termini di colpa grave condotte
insuscettibili di essere riguardate alla stregua di
macroscopica negligenza e trascuratezza. Pertanto, ad
avviso del ricorrente, non sussisterebbe la colpa
grave, impeditiva del riconoscimento del diritto
all’equa riparazione.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze a mezzo
dell’Avvocatura Generale dello Stato presentava
tempestiva memoria e concludeva chiedendo di voler
rigettare il ricorso.

Considerato in diritto
Il ricorso è infondato.
Osserva la Corte che il diritto a equa riparazione
per l’ingiusta detenzione, regolato dagli artt. 314 e
c.p.p., trova fondamento nella condizione
ss.
soggettiva della persona sottoposta a detenzione
immeritata e in tal senso ingiusta. Il quadro
sistematico di riferimento è un quadro di diritto
civile ma non è quello dell’art. 2043 c.c. che
appresta sanzioni contro chi produce per dolo o colpa
un danno ingiusto ad altri. Il principio regolatore è
piuttosto quello della riparazione legata ad eventi
che producono il sorgere, quali conseguenze di
principi di solidarietà e di giustizia distributiva,
di responsabilità da atto lecito(la distinzione tra
responsabilità per danno ingiusto ex art. 2043 c.c. e
responsabilità per atto lecito è ben chiarita da

Ritenuto in fatto

tq7

Cass. SS.UU. civ.
11/6/2003 n. 9341). E’ ben fermo,
in materia, l’assetto delle regole generalissime che
disciplinano l’onere della prova civile ex art. 2697
c.c. posto che il procedimento relativo alla
riparazione per l’ingiusta detenzione, quantunque si
riferisca ad un rapporto obbligatorio di diritto
pubblico e comporti perciò il rafforzamento dei
poteri officiosi del giudice, e’ tuttavia ispirato
ai principi del processo civile, con la conseguenza
che l’istante ha l’onere di provare i fatti
costitutivi
della
domanda,
la
custodia
cautelare
subita
e
la successiva
assoluzione
(Corte Cass. Sez. 4 sent. n. 23630 02/04/2004
– 20/05/2004 ). Peraltro il sorgere del diritto è
condizionato alla esistenza di una condotta del
richiedente che al tempo del processo in nulla abbia
dato causa o concorso a dare causa a quella ingiusta
detenzione. L’operazione intesa a cogliere tali
condizioni deve scandagliare solo l’eventuale
efficienza causale delle condotte dell’imputato che
possano aver indotto, anche nel concorso dell’altrui
errore, secondo una valutazione ragionevole e non
congetturale il giudice a stabilire la misura della
detenzione (Cass. SSUU 13/12/95 n. 43, Sez IV
10/3/2000 n. 1705) .
Il giudice,pertanto, deve fondare la sua decisione su
fatti concreti e precisi e non su mere supposizioni,
esaminando la condotta del richiedente, sia prima e
sia dopo la perdita della libertà personale,
indipendentemente dall’eventuale conoscenza che
quest’ultimo abbia avuto dell’attività di indagine,
al fine di stabilire, con valutazione ex ante, non se
tale condotta integri estremi di reato, ma solo se
sia stato il presupposto che ha ingenerato, ancorchè
in presenza di errore dell’autorità procedente, la
falsa apparenza della sua configurazione come
illecito penale, dando luogo alla detenzione con
rapporto di causa ad effetto (cfr. Cass. Sezioni
Unite, Sent. n.34559/2002; Cass., Sez.4, Sent.
n.17552 del 2009)
Tanto premesso si osserva che la Corte di Appello di
Reggio Calabria,
con motivazione adeguata,
ha
enucleato, con congrua verifica degli accertati
elementi di riferimento, la condotta del richiedente
ostativa all’accoglimento dell’istanza di equa
riparazione. In primo luogo ha posto in rilievo la
condotta aggressiva e violenta del Ruga posta in
essere ai danni della persona offesa e rimasta
accertata in giudizio ancorchè in sede dibattimentale
la persona offesa abbia ridimensionato i fatti
accertati nelle indagini preliminari. I giudici della
Corte territoriale hanno ancora evidenziato che, a

(3

n

PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonchè alla
rifusione in favore del Ministero dell’Economia e
delle Finanze delle spese del presente giudizio che
liquida in complessivi euro 1.000,00.
Così deciso in Roma il 26.06.2014

seguito di perquisizione nell’autovettura del Ruga,
era stato rinvenuto dagli agenti operanti un bastone
di legno riconosciuto dalla Simionescu come il
bastone che l’odierno ricorrente aveva tra le mani
nel momento in cui l’aveva presa per i capelli e
condotta per strada. Hanno evidenziato infine che
presso l’abitazione del Ruga era stata sequestrata
altresì una carabina ad aria compressa, arma che la
Simionescu aveva menzionato nella sua denuncia e che,
a dire della stessa, il Ruga aveva preso una volta
che era stata portata presso la sua abitazione.
Questo essendo il quadro accusatorio, il motivo
proposto dall’odierno ricorrente non può essere
accolto.
Il
provvedimento
impugnato,
che
definisce
il
procedimento
per
la
riparazione
dell’ingiusta
detenzione, supera quindi il vaglio di questa Corte
che è limitato alla correttezza del procedimento
logico giuridico con cui il Giudice è pervenuto ad
accertare o negare i presupposti per l’ottenimento
del beneficio indicato. Resta invece nelle esclusive
attribuzioni del giudice di merito, che è tenuto a
motivare
e
il
adeguatamente
logicamente
suo
convincimento, la valutazione sull’esistenza e la
gravità della colpa e sull’esistenza del dolo.
Il
non
infatti
legislatore
ha
riconosciuto
incondizionatamente il diritto all’equa riparazione,
ma l’ha esplicitamente escluso allorquando il
comportamento dell’indagato,
come appunto nella
fattispecie de qua, abbia indotto in errore il
giudice circa l’esistenza dei gravi indizi di
colpevolezza a suo carico.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato e il
ricorrente deve essere condannato al pagamento delle
spese processuali e alla rifusione delle spese di
questo giudizio in favore del Ministero resistente
che si liquidano in complessivi euro 1.000,00, in
quanto la memoria presentata dall’Avvocatura Generale
dello Stato contiene argomentazioni pertinenti e
rilevanti.

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