Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32191 del 09/04/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 32191 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: RAGO GEPPINO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MARTINES GIANCARLO N. IL 06/06/1962
avverso la sentenza n. 1550/2011 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
16/01/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GEPPINO RAGO;

Data Udienza: 09/04/2013

1. Con sentenza in data 16/01/2012, la Corte di Appello di
Firenze confermava la sentenza pronunciata in data 08/03/2011 con
la quale il tribunale della medesima città aveva ritenuto MARTINES
Giancarlo responsabile del delitto di cui all’art. 643 cod. pen. ai danni

2. Avverso la suddetta sentenza, l’imputato, a mezzo del
proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo i
seguenti motivi:
1. ILLOGICITÀ E CONTRADDITTORIETÀ DELLA MOTIVAZIONE

per avere

la Corte territoriale ritenuto la capacità a testimoniare della
parte offesa nonostante, poi, fosse stata considerata affetta
da deficienza psichica;
2.

ILLOGICITÀ DELLA MOTIVAZIONE

per avere la Corte ritenuto che

l’imputato, nonostante fosse stato riconosciuto affetto da
schizofrenia, fosse capace d’intendere e volere.

3. Il ricorso è manifestamente infondato.
3.1.

ILLOGICITÀ E CONTRADDITTORIETÀ DELLA MOTIVAZIONE:

la

Corte territoriale ha disatteso la medesima doglianza con la
seguente testuale motivazione:

«la Santini non appare né

intellettivamente incapace, né d’altra parte completamente
autonoma, al fine di escludere la circonvenzione contestata, nel
senso che indubbiamente le sue precarie condizioni di salute e le
sue deperite capacità volitive si prestavano all’approfittamento da
parte di chi, come il Martines, col pretesto, risibile, di fare il “badante”
– mai assunto – aveva messo mano al di lei conto corrente,
spendendo anche in viaggio, grazie alla carta di credito ed agli
assegni della anziana, che lasciava da sola in hotel a fine vacanza.
In proposito anche i testi, oltre alla Santini, parte offesa degna di

1

della ultraottantenne Santini Lina.

credibilità, hanno confermato che l’uomo era in giro con l’anziana per
banche e poi per alberghi, in gita turistica, facendole firmare assegni
e tenendo quindi un comportamento callido e spregiudicato,
incompatibile con uno stato di totale assenza di discernimento, cosi

carico».
La suddetta motivazione, contrariamente a quanto sostenuto
dal ricorrente, quindi, non è affetta da alcuna illogicità né
contraddittorietà perché la Corte si è limitata a vagliare le
dichiarazioni rese dalla Santini e riscontrarle con quelle dei testi: dal
comportamento da essa pacificamente tenuto (cfr capo
d’imputazione nonché pag. 1 della motivazione) su induzione del
ricorrente, la Corte ha, quindi, ritenuto la configurabilità del
contestato reato che, in effetti, deve ritenersi sussistente alla stregua
del consolidato principio di diritto enunciato da questa Corte di
legittimità secondo il quale nelle ipotesi in cui parte offesa del delitto

di cui all’art. 643 c.p., sia una persona «anziana, in condizioni di
solitudine e con stato mentale deteriorato (come, nella fattispecie in
esame: cfr pag. 1 sentenza impugnata) che la privi gravemente della
capacità di discernimento, di volizione e di autodeterminazione, e il
soggetto attivo non abbia nei suoi confronti alcuna particolare
ragione di credito, l’induzione può essere desunta in via presuntiva
potendo consistere anche in un qualsiasi comportamento o attività
da parte dell’agente (come ad es. una semplice richiesta) alla quale
la vittima, per le sue minorate condizioni, non sia capace di opporsi e
la porti, quindi, a compiere, su indicazione dell’agente, atti che, privi
di alcuna causale, in condizioni normali non avrebbe compiuto e che
siano a sé pregiudizievoli e a lui favorevoli, atteso che l’attività di
induzione dev’essere diversamente valutata e graduata a seconda
dello stato psichico in cui versi la vittima.

2

come si apprezza peraltro dal pesante certificato penale a suo

3.2.

ILLOGICITÀ DELLA MOTIVAZIONE

in ordine all’incapacità

d’intendere e volere dell’imputato: anche la suddetta censura è
manifestamente infondata in quanto la Corte, con motivazione ampia
e coerente con gli evidenziati elementi fattuali, ha puntualmente

Pertanto, la censura riproposta con il presente ricorso, va
ritenuta null’altro che un modo surrettizio di introdurre, in questa
sede di legittimità, una nuova valutazione di quegli elementi fattuali
già ampiamente presi in esame dalla Corte di merito la quale, con
motivazione logica, priva di aporie e del tutto coerente con gli indicati
elementi probatori, ha puntualmente disatteso la tesi difensiva.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue, per il disposto
dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle
Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa
emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in € 1.000,00.

P.Q.M.
DICHIARA
Inammissibile il ricorso e
CONDANNA
Il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di
€ 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende
Roma 09/04/2013

IL CONSIGLIER S
(Dott. G. Rago

disatteso la tesi difensiva.

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