Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32188 del 09/04/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 32188 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: RAGO GEPPINO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CRAL FLORIN GIANI N. IL 26/03/1977
avverso la sentenza n. 2048/2011 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
22/11/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GEPPINO RAGO;

Data Udienza: 09/04/2013

1. Con sentenza in data 22/11/2011, la Corte di Appello di
Firenze confermava la sentenza pronunciata in data 07/04/2011 con
la quale il tribunale della medesima città aveva ritenuto CRAL Florin
Giani responsabile dei delitti di tentata rapina impropria e di lesioni

2. Avverso la suddetta sentenza, l’imputato, a mezzo del
proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo i
seguenti motivi:
2.1.

ERRATA QUALIFICAZIONE GIURIDICA DEL FATTO:

secondo il

ricorrente, la fattispecie in esame avrebbe dovuto essere qualificata
come tentativo di furto con reato di violenza o minaccia;
2.2.

VIOLAZIONE DELL’ART.

585

COD. PEN.:

sostiene il ricorrente

che il reato di lesioni avrebbe dovuto essere dichiarato assorbito nel
reato di rapina. In ogni caso, l’aggravante teleologica non era
compatibile con la disciplina della continuazione dei reati di cui
all’art. 81 cod. pen.
3. Il ricorso è manifestamente infondato sotto entrambi i profili
dedotti.
3.1.

ERRATA QUALIFICAZIONE GIURIDICA DEL FATTO: sul

punto

sono intervenute le SSUU che, con la sentenza 34952/2012 hanno
ribadito il tradizionale e maggioritario indirizzo secondo il quale «è
configurabile il tentativo di rapina impropria nel caso in cui l’agente,
dopo aver compiuto atti idonei all’impossessamento della cosa altrui,
non portati a compimento per cause indipendenti dalla propria
volontà, adoperi violenza o minaccia per assicurarsi l’impunità».

Ad esso la Corte territoriale si è attenuta, sicchè, non avendo
il ricorrente prospettato argomenti tali da far rimeditare la
problematica, la censura va dichiarata manifestamente infondata.

1

aggravate ai danni del Carabiniere Capitoni.

3.2.

VIOLAZIONE DELL’ART.

585

COD. PEN.:

anche la suddetta

doglianza è manifestamente infondata.
In punto di fatto, la decisione della Corte, in ordine alle lesioni
provocate dall’imputato al Carabiniere che era intervenuto, non si

congruo e coerente con gli evidenziati elementi fattuali.
In punto di diritto, deve ribadirsi il consolidato principio di
diritto secondo il quale «il delitto di resistenza a pubblico ufficiale
assorbe soltanto quel minimo di violenza che si concreta nelle
percosse, non già quegli atti che, esorbitando da tali limiti, siano
causa di lesioni personali in danno dell’interessato. In quest’ultima
ipotesi, il delitto di lesioni concorre con quello di resistenza a
pubblico ufficiale e se l’atto di violenza, con il quale l’agente ha
consapevolmente prodotto le lesioni, non risulta fine a se stesso, ma
è stato posto in essere allo scopo di resistere al pubblico ufficiale, si
realizza il presupposto per ritenere la sussistenza della circostanza
aggravante della connessione teleologica di cui all’ad. 61, n. 2, cod.

Cass 27703/2008 Rv. 240880; Cass. 36901/2011 Rv.

peni):

251124.
Essendosi la Corte territoriale adeguata al suddetto principio
di diritto, la motivazione non si presta, quindi, ad alcuna censura.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue, per il disposto
dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle
Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa
emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in € 1.000,00.

P.Q.M.
DICHIARA
Inammissibile il ricorso e

2

presta ad alcuna censura essendo motivata in modo amplissimo,

CONDANNA
Il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di
€ 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Roma 09/04/2013

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