Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32187 del 20/06/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 32187 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

S NTENZA

sul ricorso proposto da
HAMZA AMEN N. IL 04/02/1984
avverso la sentenza n. I /201 ,1 TRIBUNALE di FIRENZE, del
20/01/2014
sentita la relazione fatta Jal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNE
lette/siotital le conclusiori del PG Dott. Ae cHI.. (4214,

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Data Udienza: 20/06/2014

Ritenuto in fatto
1. Hamza Amen ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del
Tribunale di Firenze in data 20.01.2014, con la quale, ai sensi dell’art. 444 cod.
proc. pen., è stata applicata la pena concordata dalle parti, in ordine al reato di cui
all’art. 73, comma V, d.P.R. n. 309/1990, per la detenzione di sostanze
stupefacenti di tipo hashish.
L’esponente richiama le modifiche apportate all’art. 73, comma V, d.P.R. n.

fatto per cui si procede commesso in data 10.01.2014, abbia erroneamente
operato il bilanciamento dell’art. 73, comma V, cit. con la contestata recidiva,
giacché la fattispecie incriminatrice deve qualificarsi come autonoma ipotesi di
reato. Rileva poi che il giudice avrebbe dovuto applicare un più mite trattamento
sanzionatorio.
2. Il Procuratore Generale, con requisitoria scritta, ha chiesto che la
Suprema Corte annulli senza rinvio la sentenza impugnata, con trasmissione degli
atti al Tribunale di Firenze. L’esponente osserva che, una volta effettuato il
bilanciamento in termini di equivalenza, rispetto alla contestata recidiva, il
tribunale avrebbe dovuto fare riferimento al più severo trattamento sanzionatorio
previsto dal primo comma dell’art. 73, d.P.R. n. 309/1990.
Considerato in diritto
3. Il ricorso impone le considerazioni che seguono.
Nel caso di specie, è stata riconosciuta l’ipotesi di cui all’art. 73, comma V,
d.P.R. n. 309/1990. Ed il fatto per cui si procede è stato commesso nella vigenza
dell’art. 2, comma 1, d.l. 23 dicembre 2013 n. 146, convertito con modificazioni
dall’art. 1, comma 1, della legge 21 febbraio 2014, n.10. A seguito delle modifiche
apportate al V comma dell’art. 73, d.P.R. n. 309/1990 dal d.l. n. 146/2013, l’ipotesi
risulta sanzionata con la pena della reclusione da uno a cinque anni, oltre la multa,
per tutti i tipi di sostanze stupefacenti, senza distinzione tra droghe pesanti e
droghe leggere.
3.1 La materia di interesse è stata peraltro oggetto di un ulteriore
intervento correttivo, intervenuto nelle more del presente giudizio, ad opera della
legge 16 maggio 2014, n. 79, di conversione, con modificazioni, del decreto legge
20 marzo 2014, n. 36, recante Disposizioni urgenti in materia di disciplina degli
stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi
stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9
ottobre 1990, n. 309, nonché di impiego di medicinali meno onerosi da parte del
Servizio sanitario nazionale (pubblicata in G.U. n.115 del 20.05.2014).

Per effetto del richiamato intervento normativo, il tenore dell’art. 73,
comma 5, d.P.R. n. 309/1990, è il seguente: “5. Salvo che il fatto costituisca più
2

309/1990, dal decreto legge n. 146 del 2013; e ritiene che il giudicante, rispetto al

grave reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente articolo che,
per i mezzi, la modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e
quantità delle sostanze, e’ di lieve entità, è punito con le pene della reclusione da
sei mesi a quattro anni e della multa da euro 1.032 a euro 10.329”.

La cornice

sanzionatoria, per il caso di cui al V comma, dell’art. 73, cit., pertanto, risulta
compresa – sia per le droghe leggere che per le droghe pesanti – tra il minimo di
sei mesi ed il massimo di quattro anni di reclusione, oltre la multa.
Come si vede, i limiti di pena applicabili alla fattispecie oggetto del presente

giudizio, in base al principio di retroattività della legge più favorevole, ex art. 2,
comma 4, cod. peri., risultano sensibilmente inferiori, anche rispetto a quelli vigenti
alla data del fatto per cui si procede. Ai fini di interesse, deve poi ribadirsi che la
fattispecie di cui all’art. 73, comma V, d.P.R. n. 309/1990, per effetto delle
richiamate modifiche normative, deve qualificarsi come autonoma ipotesi di reato e
non quale circostanza attenuante, come già osservato da questa Corte regolatrice
(Cass. Sez. 4, sentenza n. 10514 del 28.02.2014, Verderamo, n.m.).
Nel caso di giudizio, al prevenuto, per la detenzione di un quantitativo pari
gr. 5 di hashish, è stata applicata la pena di un anno di reclusione, oltre la multa,
muovendo dalla pena base pari ad un anno e mesi sei di reclusione, oltre la multa,
effettuato il bilanciamento in termini di equivalenza tra l’ipotesi di cui all’art. 73, V
comma, cit. e la recidiva.
E bene: posto che la doglianza relativa all’effettuato giudizio di
bilanciamento tra l’ipotesi di cui all’art. 73, comma V, d.P.R. n. 309/1990, a seguito
delle modifiche introdotte dall’art. 2, comma 1, d.l. 23 dicembre 2013 n. 146, e la
contestata recidiva risulta fondata, stante la natura di reato autonomo che deve
riconoscersi all’ipotesi di cui al V comma, cit., occorre considerare – con rilievo di
ordine dirimente, che impinge i termini sostanziali dell’accordo – che, in base al
principio di retroattività della legge più favorevole, per tutti i casi in cui sia stata
comunque riconosciuta l’autonoma ipotesi di reato di cui all’art. 73, V comma, cit.,
non può che trovare applicazione la cornice sanzionatoria prevista per la richiamata
fattispecie.
La pena concordata – che pure muove dalla pena base rientrante nel range
previsto dal d.l. 146/2013 – si colloca in una diversa fascia del trattamento
sanzionatorio, relativo al reato in addebito, per effetto delle modifiche introdotte
dalla legge 16 maggio 2014, n. 79. Conseguentemente, deve rilevarsi che la
valutazione effettuata dal giudice, nell’apprezzare la congruità della pena
prospettata dalle parti, non risulta altrimenti conferente, stante la intervenuta
modifica sostanziale del quadro sanzionatorio di riferimento. Non è chi non veda,
allora, che l’accordo concluso dalle parti e ratificato dal giudice concerne

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A,

l’applicazione di una pena che non può ritenersi congrua, rispetto al fatto per il
quale si procede.
4. Si impone, pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata, giacché l’evidenziata illegittimità della pena applicata ai sensi dell’art.
444 cod. proc. pen., rende invalido il patto concluso dalle parti. La giurisprudenza
di legittimità ha infatti chiarito che, in tali ipotesi, le parti sono reintegrate nella
facoltà di rinegoziare l’accordo sulla pena su altre basi e che, in mancanza, il

16766 del 07/04/2010, dep. 03/05/2010, Rv. 246930). Si dispone la trasmissione
degli atti al Tribunale di Firenze, per l’ulteriore corso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al
Tribunale di Firenze per l’ulteriore corso.
Così deciso in Roma, in data 20 giugno 2014.

giudizio deve proseguire nelle forme ordinarie (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n.

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