Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32180 del 20/06/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 32180 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PIAZZA FULVIO LUGi N. IL 25109/1979
TR!(3UNALE di REGGIO

avverso la sentenza n. i
CALABRIA, del 08/i 1/201

sentita la relazione fatta k ial Cons:gliex Dott. ANDREA MONTAGNI;
lette/sonti:te le conclusioni del PG Dott. Feat,.. e_g
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Uditi dire sor Avv.;

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eut< q (..0c, '2-2-1144.. #14 I Data Udienza: 20/06/2014 Ritenuto in fatto 1. Piazza Fulvio Luigi ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Reggio Calabria in data 8.11.2013, con la quale, ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen., è stata applicata la pena concordata dalle parti, in ordine al reato di cui all'art. 73, d.P.R. n. 309/1990, per la detenzione di sostanze stupefacenti di tipo hashish. L'esponente, con il primo motivo, denuncia la violazione delle legge processuale, osservando che il Tribunale si è limitato a dichiarare l'imputato, non comparso, come assente, omettendo di verificare le condizioni per la dichiarazione di contumacia. Con il secondo motivo la parte si duole del mancato vaglio rispetto alla sussistenza dei presupposti legittimanti la pronuncia di sentenza liberatoria ai sensi dell'art. 129 cod. proc. pen. 2. Il Procuratore Generale, con requisitoria scritta, ha chiesto che la Suprema Corte annulli senza rinvio la sentenza impugnata, con trasmissione degli atti al Tribunale di Reggio Calabria. L'esponente ha considerato che sussistono i presupposti per annullare la sentenza in oggetto, per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del 2014, che ha determinato una favorevole modifica del trattamento sanzionatorio. 2.1 II ricorrente ha depositato memoria. Richiamate le recenti modifiche normative intervenute nella materia di interesse e la sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del 2014, la parte ha chiesto l'annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 3. Il ricorso impone le considerazioni che seguono. 3.1 Deve rilevarsi che le censure oggetto del ricorso originario risultano inammissibili. Il primo motivo è manifestamente infondato. Invero, la giurisprudenza di legittimità ha da tempo chiarito che nel caso in cui l'imputato abbia rilasciato procura speciale al difensore per procedere all'applicazione della pena su richiesta delle parti - come avvenuto nella fattispecie all'esame, secondo quanto risulta dagli atti di causa - non può farsi luogo alla declaratoria di contumacia (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 14015 del 07/03/2008, dep. 03/04/2008, Rv. 240140). Pertanto, del tutto legittimamente, il Tribunale di Reggio Calabria, verificata la mancata comparizione dell'imputato, ha rilevato che Piazza risultava assente in giudizio. Venendo ad esaminare il secondo motivo di ricorso, si osserva che questa Suprema Corte ha ripetutamente affermato il principio che l'obbligo della motivazione della sentenza non può non essere conformato alla particolare natura 2 A giuridica della sentenza di patteggiamento: lo sviluppo delle linee argomentative è necessariamente correlato all'esistenza dell'atto negoziale con cui l'imputato dispensa l'accusa dall'onere di provare i fatti dedotti nell'imputazione. Ciò implica che il giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle ipotesi di cui all'art. 129 cod. proc. pen. deve essere accompagnato da una specifica motivazione solo nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione consistente nella enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per la pronunzia di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (Cass. Sez. U, sentenza n. 5777 del 27.03.1992, dep. 15.05.1992, Di Benedetto, Rv. 191135; Cass. Sez. U, sentenza n. 10372 del 27.09.1995, dep. 18.10.1995, Serafino, Rv. 202270). Tale orientamento è stato concordemente accolto dalla giurisprudenza successiva. Anche per ciò che riguarda gli altri tratti significativi della decisione, che riguardano precipuamente la qualificazione giuridica del fatto, la continuazione, l'esistenza e la comparazione delle circostanze, la congruità della pena e la sua sospensione, la costante giurisprudenza di questa Corte, nel solco delle enunciazioni delle Sezioni unite, ha affermato che la motivazione può ben essere sintetica ed a struttura enunciativa, purché risulti che il giudice abbia compiuto le pertinenti valutazioni. Né l'imputato può avere interesse a lamentare una siffatta motivazione censurandola come insufficiente e sollecitandone una più analitica, dal momento che la statuizione del giudice coincide esattamente con la volontà pattizia del giudicabile. D'altra parte, attesa la natura pattizia del rito, chi chiede la pena pattuita rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l'accusa. Ne consegue, come questa Suprema Corte ha più volte avuto modo di affermare, che l'imputato non può prospettare con il ricorso per cassazione censure che coinvolgono il patto dal medesimo accettato. Occorre, peraltro, rilevare che, nel caso di specie, il giudice ha espressamente rilevato che non ricorreva alcuna delle ipotesi di cui all'art. 129 cod. proc. pen. 4. Tanto ritenuto, osserva il Collegio che sussistono i presupposti per rilevare l'illegittimità della pena applicata al prevenuto, in riferimento al reato per cui si procede, questione pure oggetto dei motivi nuovi dedotti dall'esponente. E' poi appena il caso di evidenziare che anche l'inammissibilità del ricorso originario non impedisce a questa Corte regolatrice di annullare la sentenza impugnata, in ragione delle modifiche normative che sono intervenute dopo il deposito del presente ricorso. Deve in questa sede ribadirsi che per il caso di modifiche normative sopravvenute, l'inammissibilità del ricorso non impedisce l'adozione di una pronuncia di annullamento da parte della Corte regolatrice (cfr. 3 /L Cass. Sez. VI, sentenza n. 21982, del 16 maggio 2013, n. 21982, Rv 255674, ove l'inammissibilità del ricorso non ha impedito l'annullamento della sentenza impugnata, in conseguenza della declaratoria di illegittimità costituzionale della norma applicata al caso di giudizio). Ciò posto, deve considerarsi che, per effetto della sentenza della Corte Costituzionale del 12 febbraio 2014 n. 32, la disciplina in materia di sostanze stupefacenti che viene in rilievo è quella prevista dal d.P.R. n. 309/1990, nella convertito con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49, di talché la pena per le sostanze di cui alle tabelle II e IV dell'art. 14, risulta ricompresa dal minimo di due anni al massimo di sei anni di reclusione, oltre la multa. Come noto, la Corte Costituzionale, con sentenza del 12.02.2014 n. 32 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter, del decretolegge 30 dicembre 2005, n. 272 (Misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per le prossime Olimpiadi invernali, nonché la funzionalità dell'Amministrazione dell'interno. Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi e modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 21 febbraio 2006, n. 49. Le disposizioni colpite dalla declaratoria illegittimità costituzionale avevano introdotto significative modifiche nell'ordinamento, apportando una innovazione sistematica alla disciplina dei reati in materia di stupefacenti, sia sotto il profilo delle incriminazioni sia sotto quello sanzionatorio. Il fulcro della novella, infatti, era costituito dalla parificazione dei delitti riguardanti le droghe cosiddette "pesanti" e di quelli aventi ad oggetto le droghe cosiddette "leggere", fattispecie differenziate invece dalla precedente disciplina, di cui al d.P.R. n. 309/1990. Occorre allora considerare che, a causa della intervenuta declaratoria di illegittimità costituzionale ad opera della citata sentenza n. 32 del 2014, la pena edittale relativa all'ipotesi delittuosa di cui all'art. 73, d.P.R. n. 309/1990, rispetto alla detenzione a fine di spaccio di sostanze rientranti nelle tabelle II e IV, è quella della reclusione da due a sei anni, oltre la multa, laddove il testo oggetto della declaratoria di incostituzionalità, stabiliva un più grave trattamento sanzionatorio, compreso da un minimo di sei ad un massimo di venti anni di reclusione, oltre la multa. Orbene, nel caso di specie, al Piazza, per la detenzione di un quantitativo pari gr. 111,20 di hashish, è stata applicata la pena di anni due e mesi otto di reclusione, oltre la multa, muovendo dalla pena base pari ad anni sei di reclusione, 4 versione antecedente alle modifiche introdotte dal d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, oltre la multa. Si tratta di una misura di pena corrispondente al limite edittale massimo che risulta applicabile al caso di giudizio, per le spiegate ragioni. Come si vede, l'accordo concluso dalle parti e ratificato dal giudice concerne, cioè, l'applicazione di una pena che non può ritenersi congrua, rispetto al mutato scenario sanzionatorio, in considerazione dei richiamati termini di fatto della condotta addebitata. 5. Si impone, pertanto, l'annullamento senza rinvio della sentenza 444 cod. proc. pen., rende invalido il patto concluso dalle parti. Deve disporsi la trasmissione degli atti al Tribunale di Reggio Calabria, perché proceda a nuovo giudizio. La giurisprudenza di legittimità ha infatti chiarito che, in tali ipotesi, le parti sono reintegrate nella facoltà di rinegoziare l'accordo sulla pena su altre basi e che, in mancanza, il giudizio deve proseguire nelle forme ordinarie (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 16766 del 07/04/2010, dep. 03/05/2010, Rv. 246930). P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Reggio Calabria per l'ulteriore corso. Così deciso in Roma, in data 20 giugno 2014. impugnata, giacché l'evidenziata illegittimità della pena applicata ai sensi dell'art.

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