Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32176 del 12/06/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 32176 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da :
1. FATTIBENE ANTONELLA MARIA N. IL 01.09.1969
2. FATTIBENE MARIA GRAZIA N. IL 21.11.1966
Nei confronti di:
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE
Avverso la ordinanza della CORTE D’APPELLO DI BARI del 10 g iu g no 2013
sentita la relazione fatta dal Consi g liere dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI, lette le
conclusioni del PG in persona del dott. Lui g i Riello che ha chiesto l’annullamento con rinvio
dell’impu g nata ordinanza
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’impu g nata ordinanza emessa in data 10 g iu g no 2013 la Corte d’appello di Bari
ri g ettava la richiesta avanzata da Fattibene Antonella Maria e Fattibene Maria Grazia
con cui s chiedeva la riparazione per il periodo di detenzione sofferta in carcere dal
proprio g enitore defunto Fattibene Renato.
2. Avverso tale decisione ricorrono a mezzo del proprio difensore Fattibene Antonella
Maria e Fattibene Maria Grazia, deducendo la inosservanza ed erronea applicazione di
norme g iuridiche ed in particolare de g li artt. 314, 315 e 644 c.p.p.
3. Con memoria ritualmente depositata il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha
chiesto la reiezione del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
4.

L’impu g nata ordinanza ha così motivato il ri g etto dell’istanza : l’indennizzo di cui agli

Data Udienza: 12/06/2014

P.Q.M.
annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Bari cui rimette anche il
regolamento delle spese tra le parti per il presente giudizio._

artt. 314 e ss. c.p.p. nell’ipotesi di morte di colui che è stato ingiustamente detenuto,
spetta ai sensi dell’art. 644 comma 1 c.p.p., richiamato dall’art. 3115, comma 33
c.p.p, tra gli altri ai discendenti. La disposizione non richiede che le persone
anzidette siano eredi del deceduto, né, più in generale, afferma che tale diritto spetti
agli eredi, di guisa che tali soggetti possono esercitare quel diritto alla riparazione
che sarebbe spettato al defunto per far valere le conseguenze dannosi da essi patite
e, quindi, per far valere una propria pretesa indennitaria, il cui ammontare non può
peraltro superare la somma che sarebbe stata liquidata al prosciolto, come stabilito
dall’art. 644, comma 2, c.p.p. Or bene gli istanti non hanno provato, ma nemmeno
dedotto un presunto danno patito a seguito della detenzione subita dal parente
defunto. Ne consegue il rigetto della domanda.
5. Il ricorso è fondato, nei termini di seguito precisati.
Come è noto, a seguito della sentenza della Corte costituzionale del 13 dicembre
2004 n. 413, l’art. 314 c.p.p., comma 3, deve essere interpretato nel senso che il
diritto alla riparazione per l’ ingiusta detenzione opera anche in favore degli eredi
dell’indagato la cui posizione sia stata archiviata “per morte del reo”, qualora nella
sentenza irrevocabile di assoluzione pronunciata nei confronti dei coimputati risulti
accertata l’insussistenza del fatto a lui addebitato (Sez. 4, Sentenza n. 30315 del
21/06/2005, Bottari ed altro, Rv. 232024).
Nella definizione della natura di tale diritto, ed in particolare se si tratti di diritto
proprio degli eredi o piuttosto del diritto del defunto, questa Corte ha assunto, con
una pluralità di pronunce, una posizione per la quale “la riparazione per l’ ingiusta
detenzione ha natura di indennizzo conseguente all’atto lecito dannoso e pertanto,
pur attribuendo l’art. 644 c.p.p. agli eredi un diritto “iure proprio”, esso è comunque
commisurato a quello della persona defunta, con la conseguenza che i prossimi
congiunti possono far valere in giudizio il danno subito dal defunto (Sez. 4, Sentenza
n. 20916 del 19/04/2005, Pirrera ed altri, Rv. 231655; Sez. 4, Sentenza n. 76 del
22/11/2012, Pansini e altro, Rv. 254377). Su tale premessa si reputa che non
sussiste l’onere dei congiunti subentrati, ex art. 644 c.p.p., comma 1, richiamato
dall’art. 315 c.p.p., di provare il pregiudizio subito nella propria sfera a causa dell’
ingiusta detenzione del congiunto, in quanto essi subentrano nel diritto all’indennità
dovuta a quest’ultimo e non già ad una nuova e diversa indennità commisurata alle
ripercussioni di detta ingiusta detenzione nella propria sfera personale (Sez. 4,
Sentenza n.76/2012, cit.).
L’ordinanza impugnata non fa corretto governo dei principi appena evocati. Essa
infatti postula un onere degli eredi di dare prova del danno patito, laddove questo è
costituito dal danno subito dal congiunto. Danno che quindi va quantificato secondo i
noti criteri. Poiché la privazione ingiusta della libertà è di per sè fattore generatore di
conseguenze negative, sul piano personale, familiare e sociale, la quantificazione
della riparazione non può richiedere la necessaria prova, e neppure l’allegazione, di
specifiche voci di danno (pur essendo queste da esaminare, ove siano
adeguatamente rappresentate e sostenute), dovendosi in ogni caso dar luogo ad una
pronuncia equitativa da valutare, anche sotto il profilo motivazionale, nella sua
intrinseca ragionevolezza e non con criteri mutuabili dai principi civilistici attinenti
all’onere della prova.
Diversamente è da ritenersi quando la parte interessata intenda far si che nella
determinazione del “quantum” (sempre e comunque equitativa) si tenga conto di
determinati, specifici fattori idonei ad incidere sul risultato dell’operazione; allora
essa è gravata dall’onere di dare prova di tali fattori (cfr. in termini, Sez. 4, n. 1534
del 15/1/ 2014; Sez. 1, n. 4931 del 17/12/1991 – dep. 17/01/1992, Ministero Tesoro
in proc. Parente, Rv. 188915).
6. Pertanto l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio alla Corte di Appello
di Bari, cui va rimesso anche il regolamento delle spese tra le parti del presente
giudizio.

Così deciso nella camera di consiglio del 12 giugno 2014
IL PRESIDENTE

IL CONSIGLIERE ESTENSORE

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