Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32170 del 08/04/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 32170 Anno 2015
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: SANDRINI ENRICO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DANILOVIC BOBAN N. IL 01/04/1968
BESIC RAMIZ N. IL 07/04/1978
avverso la sentenza n. 1667/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del
04/11/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 08/04/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ENRICO GIUSEPPE SANDRINI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. L U
che ha concluso per Q, °
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Data Udienza: 08/04/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 4.11.2013 la Corte d’appello di Milano – pronunciando in
sede di giudizio di rinvio a seguito della sentenza n. 10689 in data 31.01.2013
con cui questa Suprema Corte aveva annullato la condanna pronunciata il
29.04.2011 dalla medesima Corte territoriale nei confronti di Besic Ramiz e
Danilovic Boban a seguito del passaggio in giudicato della sentenza pronunciata
in data 1.06.2010 nei confronti dei medesimi imputati dalla Corte d’appello di
Bologna e della conseguente necessità di verificare l’eventuale violazione dell’art.

all’allegata identità dei fatti giudicati con le due sentenze di merito – confermava
la sentenza pronunciata il 22.11.2006 dal GIP del Tribunale di Milano.
In particolare, e per quanto qui interessa in relazione ai motivi di impugnazione
dedotti nel presente giudizio di legittimità, la Corte d’appello di Milano escludeva
che sussistesse violazione del ne bis in idem con riguardo ai fatti oggetto,
rispettivamente, del capo 2/3 del giudizio pendente avanti ad essa e del capo 11
giudicato dalla Corte territoriale di Bologna, in quanto si trattava di fatti
ontologicamente, cronologicamente e psicologicamente diversi, ancorchè legati
eventualmente da un medesimo disegno criminoso, riguardanti il primo (quello
oggetto del processo milanese) un’importazione dalla Spagna di cocaina
consumatasi il 14 (e non il 15, come indicato nell’imputazione) settembre 2004
attraverso i canali gestiti dagli imputati, col concorso di altri soggetti sconosciuti
all’indagine bolognese, e il secondo (quello già giudicato a Bologna) la cessione
della sostanza stupefacente a soggetti marocchini per la sua rivendita al minuto,
e dunque una fase successiva all’importazione della cocaina, avente ad oggetto
le diverse condotte relative al suo occultamento in un caravan e al suo trasporto
da Milano a Bologna, dove era avvenuto il sequestro della droga.
2. Ricorrono per cassazione, con distinti atti di gravame, entrambi gli imputati, a
mezzo dei rispettivi difensori.
2.1. Il ricorso di Besic Ramiz deduce violazione di legge, sostanziale e
processuale, e vizio di motivazione della sentenza impugnata con riguardo agli
artt. 73 comma 1 DPR n. 309 del 1990, 649, 522 e 597 comma 3 cod.proc.pen..
Il ricorrente lamenta che lo stesso fatto era stato giudicato sia dal GIP di Milano
con la sentenza 22.11.2006, sia dal GIP di Bologna con la sentenza 7.12.2005,
come si evince dal raffronto tra i capi di imputazione e le motivazioni delle
rispettive sentenze di merito e i contenuti dell’ordinanza di custodia cautelare
emessa per lo stesso fatto il 30.08.2005 dal GIP del Tribunale di Milano, che
riguardavano sempre il fatto accertato a Bologna il 15.09.2004 e descritto come
acquisto in territorio spagnolo e importazione in Italia di 9,103 kg di cocaina,
trasferiti materialmente da Milano a Bologna alle prime luci dell’alba del
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649 del codice di rito denunciata dagli imputati-ricorrenti con riguardo

15.09.2004 a bordo di un autocaravan, fermato e controllato dalla p.g. all’uscita
autostradale di Bologna con a bordo Rustic Elvis e Rustic Daniela, la cui
perquisizione aveva condotto al rinvenimento e al sequestro della sostanza
stupefacente; in particolare, l’ordinanza cautelare indicava tra i partecipi delle
trattative per l’acquisto in Spagna della cocaina, antecedenti il suo passaggio a
Milano sino al trasferimento a Bologna, il Danilovic e il Besic, che dovevano
ricevere parte dello stupefacente e reperire il denaro contante necessario
all’acquisto per conto di altro soggetto (Alic Denis); la sentenza del GIP milanese
dava atto che il sequestro operato dai carabinieri di Bologna riscontrava il

contenuto delle conversazioni intercettate, confermando che il caravan sul quale
era trasportato lo stupefacente era nella disponibilità di Alic Denis, che aveva
pianificato l’acquisto della droga in Spagna; rileva che per lo stesso fatto,
confessato dal Besìc, il ricorrente era stato condannato dalla Corte d’appello di
Bologna alla pena di anni 6 mesi 2 di reclusione e C 34.000 di multa, previa
concessione delle attenuanti generiche prevalenti; deduce che l’unico fatto si era
consumato a Bologna il 15.09.2004, trattandosi di un’unica e contestuale
condotta, iniziata con l’acquisto in Spagna della cocaina, importata in Italia e
contestualmente trasportata a Bologna, dove era stata sequestrata; deduce la
sussistenza, altrimenti, della nullità della sentenza della Corte d’appello di Milano
per violazione del principio di corrispondenza tra accusa e sentenza, in quanto la
condotta di importazione era stata ritenuta e giudicata per la prima volta in
grado d’appello; in ogni caso il ricorrente lamenta la violazione del divieto di
reformatio in pejus, operante anche nel giudizio di rinvio, in quanto l’unico punto
devoluto al giudice di rinvio dalla sentenza di annullamento era costituito dalla
verifica dell’esistenza o meno dell’identità del fatto con quello oggetto del
giudizio bolognese, e la sentenza impugnata, confermando quella di primo grado
che aveva condannato il Besic alla pena di anni 10 mesi 6 di reclusione e C
64.000 di multa, aveva invece aggravato la pena rideterminata in anni 7 mesi 10
e C 36.000 dalla sentenza d’appello annullata dalla Corte di cassazione.
2.2. Il ricorso di Danilovic Boban deduce violazione di legge e vizio di
motivazione, lamentando la natura generica e superficiale del raffronto operato
dalla sentenza impugnata tra i capi di imputazione delle due sentenze, emesse
dalle autorità giudiziarie di Milano e di Bologna, tale da non soddisfare la
puntuale verifica demandata della sussistenza o meno di una violazione del
principio del ne bis in idem.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il motivo con cui entrambi i ricorrenti hanno dedotto, anche sotto il profilo del

vizio di motivazione, la violazione del principio del ne bis in idem tra il fatto
oggetto del capo 2/3 del presente giudizio e quello giudicato al capo 11 della
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sentenza in data 1.06.2010 della Corte d’appello di Bologna, è infondato e deve
essere rigettato.
1.1. Questa Corte ha affermato il principio per cui l’art. 73 del DPR n. 309 del
1990, in materia di violazione della disciplina degli stupefacenti, ha natura
giuridica di norma a più fattispecie, con la conseguenza che, da un lato, il reato è
configurabile allorchè il soggetto abbia posto in essere anche una sola delle
condotte ivi previste e, dall’altro, deve escludersi il concorso formale di reati
quando un unico fatto concreto integri contestualmente più azioni tipiche

continuità dallo stesso soggetto ed aventi come oggetto materiale la medesima
sostanza stupefacente; le differenti azioni tipiche non possono invece essere
assorbite in un unico reato, ma costituiscono più violazioni della stessa
disposizione di legge e, quindi, distinti reati (unificabili eventualmente sotto il
vincolo della continuazione), quando siano distinte tra loro sul piano ontologico,
cronologico, psicologico e funzionale (così, da ultima, Sez. 3 n. 7404 del
15/01/2015, Rv. 262421, che ha escluso l’assorbimento di plurimi episodi di
cessione di droga in una precedente condotta di detenzione commessa dalle
stesse persone ed oggetto di separato giudizio, in ragione della diversità del dato
quantitativo e del differente contesto temporale).
1.2. Costituisce questione di fatto, oggetto di una valutazione incensurabile dal
giudice di legittimità se logicamente e congruamente motivata, stabilire se nel
singolo caso concreto le distinte azioni tipiche, riconducibili (tutte) alla violazione
del precetto contenuto nell’art. 73 DPR n. 309 del 1990, poste in essere dai
medesimi soggetti, siano o meno effettivamente connotate, sul piano della loro
estrinsecazione fenomenica, da una (reciproca) autonomia sostanziale, dando
così luogo a un concorso materiale di reati (eventualmente suscettibili di cumulo
giuridico ai sensi dell’art. 81 capoverso cod. pen.), invece che a un’unica
violazione della legge penale.
Nel caso di specie, la sentenza impugnata ha argomentato in modo adeguato, e
coerente ai principi di diritto sopra indicati, le ragioni della ritenuta assenza di
coincidenza e sovrapponibilità, cronologica, ontologica, psicologica, tra la
condotta da essa giudicata, consistita nell’importazione in Italia della partita di
cocaina acquistata in Spagna di cui al capo 2/3, consumatasi in Milano il
14.09.2004 (dove la droga era arrivata suddivisa in due tranche destinate
materialmente l’una a Alikic Fehid e l’altra a Alic Denis: pagina 83 della sentenza
di primo grado) e ascritta ai ricorrenti in concorso coi soggetti che ne avevano
pianificato, finanziato e intermediato l’approvvigionamento all’estero (Alic Denis,
Cizmic Kemal, Alikic Fehid), da un lato, e le condotte del mattino successivo
(15.09.2004), dall’altro, consistite nell’organizzazione del trasporto (nel quale il

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alternative previste dalla norma, poste in essere senza apprezzabile soluzione di

Danilovic, in particolare, fungeva da staffetta) e del trasferimento della cocaina,
occultata a bordo di un autocaravan condotto materialmente da Ructic Elvis e
Hrustic Sanela, da Milano a Bologna, dove è avvenuto l’arresto dei corrieri e il
sequestro della sostanza stupefacente, in funzione della sua cessione ai gruppi di
spacciatori marocchini operanti sulla piazza emiliana, in relazione alle quali è
stata contestata ai ricorrenti – in concorso coi due corrieri e con altro soggetto
(Hrustic Fahra) – la detenzione finalizzata alla cessione a terzi della droga che è
stata giudicata al capo 11 della sentenza in data 7.12.2005 del GIP del Tribunale
di Bologna.

Dagli stessi atti allegati al ricorso del Besic risulta che la specifica condotta di
importazione, dal territorio spagnolo a quello italiano, della sostanza
stupefacente è stata contestata agli odierni imputati nel processo milanese fin
dall’ordinanza di custodia cautelare emessa nei loro confronti dal GIP del
Tribunale di Milano il 30.08.2005 (vedi capo 3), così confermando l’autonomia
originaria della relativa imputazione, rispetto al fatto di detenzione giudicato a
Bologna, ed escludendo la violazione – paventata dal ricorrente – del principio di
correlazione tra accusa e sentenza da parte della sentenza (qui) impugnata.
1.3. La diversità dei fatti giudicati a Bologna e a Milano, che esclude la
denunciata violazione dell’art. 649 cod.proc.pen., è dunque supportata da una
motivazione immune da vizi logico-giuridici, che rende la sentenza pronunciata in
sede di rinvio dalla Corte d’appello di Milano incensurabile in questa sede di
legittimità, nella quale non possono trovare ingresso le diverse letture di merito
prospettate dai ricorrenti con riguardo ai fatti sottostanti le relative imputazioni,
che nel caso del ricorso del Danilovic – stante la sua genericità – rasentano
l’inammissibilità.
2. Con riguardo alla sola posizione del Besic, è invece fondata la doglianza
relativa alla violazione del divieto di reformatio in pejus in cui è incorsa la
sentenza impugnata, laddove ha confermato la pena (di anni 10 mesi 6 di
reclusione e C 64.000 di multa) inflitta all’imputato dal giudice di primo grado,
senza tenere conto che la sentenza annullata – pronunciata dalla Corte d’appello
di Milano il 29.04.2011 – aveva rideterminato la pena, su appello del Besic, in
anni 7 mesi 10 di reclusione e C 36.000 di multa per effetto della riconosciuta
prevalenza delle concesse attenuanti generiche sulle aggravanti contestate.
Le Sezioni Unite di questa Corte – sentenza n. 16208 del 27/03/2014, Rv.
258652 – hanno definitivamente affermato il principio secondo cui il divieto di
reformatio in pejus opera anche nel giudizio di rinvio e con riferimento alla

decisione del giudice d’appello se il ricorso per cassazione è stato proposto, come
nella fattispecie, dall’imputato: sul punto, la sentenza impugnata deve pertanto
essere annullata senza rinvio, potendo questa Corte procedere direttamente alla
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rideterminazione della pena nei confronti del Besic, previa conferma della
dichiarazione di prevalenza delle attenuanti generiche, in misura conforme a
quella intangibile di anni 7 mesi 10 di reclusione e € 36.000 di multa risultante
dalla sentenza annullata.
3. Il solo Danilovic, il cui ricorso è stato interamente rigettato, deve essere
condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti del Besic limitatamente

ridetermina in anni 7 (sette) e mesi 10 (dieci) di reclusione e 36.000 euro di
multa; rigetta nel resto il ricorso del Besic e rigetta il ricorso del Danilovic che
condanna al pagamento delle spese processuali.
Così deciso 1’8 aprile 2015

alla pena che, previa dichiarazione di prevalenza delle attenuanti generiche,

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