Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3217 del 11/12/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 3217 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BROCCA ITALO N. IL 26/01/1937
avverso la sentenza n. 8685/2009 CORTE APPELLO di ROMA, del
23/05/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 11/12/2015

1) Con sentenza del 23.5.2014 la Corte di Appello di Roma, in riforma della sentenza
del Tribunale di Viterbo, sez. dist.di Montefiascone, dichiarava Brocca Dolo colpevole
del reato di cui all’art.349 c.p. e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, lo
condannava alla pena di mesi 6 di reclusione ed euro 300,00 di multa; pena sospesa e
non menzione.
Ricorre per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, denunciando l’erronea
applicazione dell’art.349 c.p., risultando dagli atti che il cartello segnalante l’esistenza
del sequestro era stato compromesso dagli agenti atmosferici.
2) Il ricorso è manifestamente infondato.
2.1) La violazione di sigilli non consiste nell’atto materiale dell’infrazione, ma nella
condotta diretta in maniera specifica a violare la misura cautelare; sicché il reato può
concretarsi in qualunque atto comunque diretto al mancato rispetto dell’effettuato
sequestro. Oggetto della tutela penale non è infatti l’integrità dei sigilli, ma la
conservazione e identità della cosa sottoposta a sequestro.
2.2) La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione di tali principi e, con
motivazione adeguata ed immune da vizi logici, ha ritenuto che, come emergeva dalla
testimonianza be Paolis e dai rilievi fotografici, l’imputato, perfettamente
consapevole della persistenza del vincolo cautelare (essendo stato dissequestrato solo
l’impianto di vagliatura della terra proveniente da altre cave), aveva utilizzato l’area
di cava sottoposta a sequestro per depositarvi terreno di scarto delle operazioni di
vagliatura; irrilevante, pertanto, era il deterioramento della segnaletica.
2.3) Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali, nonché, in mancanza di elementi atti ad escludere
la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento in favore
della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in
euro 1.000,00, ai sensi dell’art.616 c.p.p.
2.4) Va solo aggiunto che l’inammissibilità del ricorso preclude la possibilità di
dichiarare la prescrizione, maturata dopo l’emissione della sentenza impugnata.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento alla cassa delle ammende della somma di euro
1.000,00.
Così deciso in Roma il 11.12.2015

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