Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32168 del 20/05/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 32168 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da :
D’ISCHIA RICCARDO N. IL 30.05.1973
avverso la sentenza del GIP presso il TRIBUNALE DI BOLOGNA in data 18.10.2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI, udite le
conclusioni del PG in persona del dott. Giulio Romano che ha chiesto l’annullamento senza
rinvio

RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata sentenza emessa ex art. 444 c.p.p. il GIP presso il Tribunale
di Bologna applicava a
D’Ischia Riccardo la pena di anni quattro di
reclusione ed C 18.000,00 di multa per il reato di cui agli artt. 73 e 80 d.P.R.
n. 309/1990 per aver illecitamente detenuto gr. 383,599 netti di cocaina
contenuti in sessantasei ovuli termosaldati custoditi in corpore che, per
quantitativo e le altre circostanze specifiche appariva destinata ad uso non
esclusivamente personale. Con l’aggravante della ingente quantità.
2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione D’Ischia Riccardo deducendo
lo7t11 Ao, cìo.
r. l?
l’erronea applicazione 4tat, ‘cl.vie •
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso concernente l’insussistenza della ritenuta aggravante di cui all’art.
80 d.P.R. n. 309/1990 è fondato. Va in primo luogo precisato a riguardo che
la sostanza stupefacente in sequestro (cocaina) era pari ad un peso
complessivo di gr. 383,599 netti.
L’art. 80 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 al comma 2 dispone che “se il fatto
riguarda quantità ingenti di sostanze stupefacenti o psicotrope, le pene sono
aumentate dalla metà a due terzi”. In ordine alla individuazione dei
presupposti di fatto per la configurazione della aggravante in questione si era
registrato un conflitto interpretativo tra le sezioni semplici di questa Corte,
con la conseguente remissione della questione da parte di questa stessa
1.

f.”(C)

Data Udienza: 20/05/2014

sezione alle SS.UU. Il tema era in realtà già stato oggetto di una pronuncia
delle S.S.U.U., (n. 17 del 21 giugno 2000, Primavera, RV 216663), del resto
ampiamente richiamata in ricorso.. Nella giurisprudenza precedente a tale
intervento si era affermato l’utilizzo del concetto di “saturazione del
mercato”. La quantità veniva cioè rapportata “all’area di mercato considerata
in un determinato momento storico e al periodo di tempo necessario per quel
mercato di assorbire od esaurire la quantità destinata allo spaccio”. Era
considerata ‘ingente’ quella idonea “a saturare una vasta area di mercato per
un apprezzabile periodo di tempo” (Cass., sez. VI, 24 settembre 1998, n.
10722, Stomaci, RV 211742). Le SS.UU. con l’intervento del 2000 hanno
affermato doversi “abbandonare la incerta nozione di ‘mercato”, elemento
“non richiesto e spurio rispetto alla ratio della disposizione, (…) di
impossibile accertamento con gli ordinari strumenti di indagine”, e quindi
“del tutto immaginario”. Il richiamo ad un “fantomatico mercato”, ed alla
capacità di assorbimento di una “indefinibile massa di ipotetici consumatori”
cadrebbe infatti necessariamente nell'”enunciazione di nozioni del tutto
generiche e sottratte ad ogni riscontro fattuale”. Ciò premesso, le SS.UU.,
hanno enunciato un principio teso a dare maggior rilevanza al numero di
consumatori che la sostanza è in grado, potenzialmente, di raggiungere.
L’aggravante in questione sarebbe infatti integrata “tutte le volte in cui il
quantitativo di stupefacente, “pur non raggiungendo valori massimi, sia tale
da creare condizioni di agevolazione del consumo nei riguardi di un rilevante
numero di tossicofili, secondo l’apprezzamento del giudice di merito che
vivendo la realtà sociale del comprensorio territoriale nel quale opera, è da
ritenersi in grado di apprezzare specificamente la ricorrenza di tale
circostanza”. La giurisprudenza successiva a questa pronuncia si è
tendenzialmente conformata al principio enunciato dalle SS.UU. individuato
tre elementi la cui sussistenza deve essere accertata dal giudice di merito
per ritenere sussistente l’aggravante: in primo luogo “l’oggettiva
eccezionalità del quantitativo sotto il profilo ponderale”; in secondo luogo “il
grave pericolo per la salute pubblica che lo smercio di tale quantitativo
comporta”, ed infine “la possibilità di soddisfare richieste di numerosissimi
consumatori per l’elevatissimo numero di dosi ricavabili” Così, Cass., sez. IV,
12 luglio 2011, n. 33314 e Cass., sez. IV, 1 febbraio 2011, n. 9927; cfr.
inoltre Cass., sez. IV, 24 settembre 2003, n. 44518. Nel contempo, tuttavia,
alcune sentenze della VI sezione, a partire dalla n. 20119 del 2010, hanno
elaborato un diverso criterio affermando che “la nozione di ‘quantità
ingente’ esprime semanticamente un significato oggettivo”, da rinvenirsi nel
valore ponderale ed in particolare nel numero di dosi aventi effetto
stupefacente. Nonostante la valutazione del giudice di merito debba essere
di volta in volta raffrontata alla “corrente realtà del mercato”, la Corte ha
ritenuto opportuno individuare dei limiti ponderali al di sotto dei quali la
quantità di stupefacente non possa, di regola, dirsi ‘ingente’. Ciò per “meglio
definire l’ambito di apprezzamento rimesso al giudice di merito”, ai fini di
un’applicazione che “non presti il fianco a critiche di opinabilità di valutazioni,
se non di casuale arbitrarietà”.E’ stato così precisato che “non possono di
regola definirsi ‘ingenti” quantitativi di droghe ‘pesanti’ – in particolare
eroina e cocaina inferiori ai due chilogrammi; e quantitativi di droghe
‘leggere’ – in particolare, hashish e marijuana – inferiori ai cinquanta
chilogrammi”, con riferimento a valori di purezza medi (Cass., sez. VI, 2
marzo 2010, n. 20119, Castrogiovanni, RV 247374) Il criterio ponderale, non
è stato condiviso da questa sezione che ha ritenuto sussistente l’aggravante
anche per quantitativi inferiori ai parametri come sopra individuati,
osservando che la fissazione di indici quantitativi ha valenza sostanzialmente
normativa ed è, pertanto, prerogativa del legislatore. E’ stata inoltre
evidenziata la problematicità del riferimento a valori ‘medi’ di purezza della
sostanza, trattandosi di un riferimento inadeguato, dato che “le percentuali
di principio attivo variano da valori irrisori (anche inferiori all’1 0/0) a valori

P.Q.M.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale
di Bologna per l’ulteriore corso,
Così deciso nella camera di consiglio del 20 maggio 2014,
IL CONSIGLIERE ESTENSORE

IL PRESIDENTE

superiori al 90%”, aggiungendo che, “nella logica introdotta dalle decisioni
della sesta sezione (…) (condivisibile nelle sue finalità) andrebbe
individuata, per coerenza sistematica, una soglia per l’aggravante anche per
le altre sostanze stupefacenti, in particolare per quelle maggiormente diffuse
Conseguentemente si è ritenuto che la norma di cui all’art. 80 del T.U.
Stupefacenti non fosse eccessivamente generica, e che il suo contenuto
potesse essere adeguatamente precisato grazie ai parametri elaborati dalla
giurisprudenza successiva alle SS.UU. del 2000.
Alla luce di tali contrasti giurisprudenziali questa sezione con ordinanza n.
38748/2011 investiva le SS.UU che hanno affermato a riguardo con la
decisione in data 24 maggio 2012 (n. 36258, imp. P.G. e Biondi, RV 253150)
che non è ravvisabile l’aggravante quando la quantità sia inferiore a duemila
volte il valore massimo in milligrammi (valore-soglia) determinato per ogni
sostanza nella tabella allegata al d.m. 11 aprile 2006, valore che nella
specie non è stato certamente superato, in quanto la quantità era
inferiore al valore di 1500,00 mg (ottenuta moltiplicando il valore soglia di
750 x 2000).
4. La gravata sentenza va pertanto annullata.
In considerazione del risalente ed immodificato orientamento di questa
Corte che ha stabilito che l’annullamento, in sede di legittimità, della
sentenza di patteggiamento che, come nella specie, abbia recepito un
accordo delle parti, fondato sull’erronea qualificazione giuridica del fatto, va
disposto senza rinvio, con trasmissione degli atti al giudice di merito, perché
proceda a nuovo giudizio in quanto l’errata qualificazione, recepita nel patto,
ne produce la nullità irrimediabile con conseguente necessità di riportare la
situazione processuale alla fase precedente l’accordo delle parti (sez. Unite,
22902/2001 Rv. 218874; sez. 3^, 38854/01, rv. 220116).

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