Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32161 del 11/04/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 32161 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da :
1. CODACONS- COORDINAMENTO DELLE ASSOCIAZIONI PER LA DIFESA
DELL’AMBIENTE E DEI DIRITTI DEI CONSUMATORI
2. ASSOCIAZIONE UTENTI DEL TRASPORTO AEREO MARITTIMO E FERROVIARIO
Nei confronti di :
1. SCHETTINO FRANCESCO N. IL 14.11.1960
2. AMBROSIO CIRO N. 29.10.1983
3. CORONICA SILVIA N. 05.01.1983
4. BOSIO ROBERTO N. IL 26.10.1966
5. BONGIOVANNI ANDREA N. IL 25.01.1981
6. FERRARINI ROBERTO N. IL 24.03.1963
7. URSPRUNGER MANFRED N. IL 12.04.1958
8. PARODI PAOLO GIACOMO N. IL 26.02.1953
9. URSINO SALVATORE N. IL 16.07.1985
Avverso la ordinanza del GIP presso il TRIBUNALE DI GROSSETO del 15 ottobre 2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI, viste le
conclusioni del PG in persona del dott. Mario Fraticelli che ha chiesto dichiararsi
inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Le organizzazioni ricorrenti di cui in epigrafe impugnano congiuntamente il
provvedimento del GIP presso il Tribunale di Grosseto emesso all’udienza del 15 ottobre
2012, nell’ambito del procedimento penale a carico di Schettino Francesco ed altri nel
corso dello svolgimento di un incidente probatorio con cui veniva dichiarato

Data Udienza: 11/04/2014

CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Le organizzazioni ricorrenti richiamano le finalità istituzionali del CODACONS a tutela
degli utenti e dei consumatori, nonché la evoluzione legislativa attraverso cui è stato via
via riconosciuto il ruolo delle associazioni di volontariato e della tutela dei consumatori
ed in particolare il D.Lgs. n. 206 del 2005, cd. codice del consumo, che all’art. 2
ribadisce che ai consumatori e agli utenti sono riconosciuti diritti fondamentali, tra cui
quello alla promozione e lo sviluppo dell’associazionismo libero, volontario e
democratico tra i consumatori e gli utenti, e il diritto all’erogazione dei servizi pubblici
secondo standard di qualità ed efficienza; sulla base di tali presupposti deve essere
riconosciuto alle organizzazioni ricorrenti il diritto ad intervenire nel procedimento de
quo.
È noto che il nuovo codice di rito, agli artt. 91 e sgg., ha previsto in favore degli enti e
associazioni rappresentativi degli interessi lesi dal reato, che presentino le condizioni
stabilite dalla norma, una forma di intervento e partecipazione al processo penale,
distinta dalla costituzione di parte civile e sicuramente nuova, in quanto non conosciuta
dal codice di rito previgente, che si sostanzia nella attribuzione ai medesimi della
possibilità di “esercitare, in ogni stato e grado del procedimento, i diritti e le facoltà
attribuiti alle persone offese dal reato”. Nel nuovo codice alla persona offesa è
riconosciuta una funzione di stimolo e controllo dell’attività del pubblico ministero
attribuendole i poteri e la posizione dettagliatamente ricostruiti già da una nota
sentenza delle sezioni unite di questa Corte (sez. un. 16.12.1998 dep. 19.1.1999 n. 24,
Messina ed altro) relativamente all’esercizio dell’azione penale e all’accertamento della
responsabilità oggetto del procedimento, tanto che si è parlato di accusa privata; per gli
enti esponenziali si è parlato di “persona offesa di creazione politica” che in tale qualità
può svolgere una funzione di accusa a fianco della persona offesa e del pubblico
ministero, al quale ultimo è comunque in toto riservata la titolarità dell’azione penale.
Recependo l’ampio dibattito in corso da tempo sulla opportunità di dare voce nel
processo penale anche a soggetti collettivi che nel contesto sociale si sono resi
rappresentativi degli interessi lesi dal reato, il nuovo codice ha adottato una articolata
posizione, volta a consentire tale presenza a determinate e precise condizioni – assenza
di scopo di lucro; precedente riconoscimento, in forza di legge, di finalità di tutela degli
interessi lesi; consenso della persona offesa; legittimazione di un solo soggetto – che
rappresentano un contemperamento della ritenuta opportunità, da un lato, di rafforzare
la posizione della persona offesa nel processo affiancandole, nella tutela della propria
posizione, un altro soggetto, non persona fisica ma di natura collettiva e, dall’altro,
della necessità di assicurare la coincidenza degli interessi rappresentati e di non
appesantire il procedimento con una eccessiva presenza di soggetti. Come si è detto i
poteri degli enti esponenziali sono quelli della persona offesa e pertanto, poiché tra i
diritti e le facoltà che l’art. 90 riconosce alla persona offesa è previsto anche quella di
presentare memorie in ogni stato e grado del procedimento.
Gli artt. 90 e 91 sono infatti chiari nel circoscrivere l’esercizio dei diritti consentiti alla
persona offesa e agli enti ad essa equiparati ad “ogni stato e grado del procedimento”;
si tratta, come si ricava dal complessivo impianto codicistico e dalle osservazioni

inammissibile l’atto di intervento dalle stesse proposto, ritenendo che “non sussiste una
rappresentatività conferita per legge alle associazioni odierne intervenienti”
2. Lamentano le parti ricorrenti l’abnormità per eccesso di potere giurisdizionale del
provvedimento impugnato nell’applicazione della normativa di cui agli artt. 185 c.p. e
91, 92, 95 comma 4 c.p.p. anche con riferimento alla legge n. 266 del 1991, n. 281 del
1998 ed al cd. Codice del Consumo di cui al D.Igs.vo n. 206 del 2005.
3. Con successive memorie depositate il 17 settembre 2013 ed il 25 marzo 2014 le
ricorrenti svolgono alcune puntualizzazioni, sollecitate anche in relazioni alle richieste
formulate dal Procuratore generale presso la Corte di Cassazione, il quale ha chiesto la
declaratoria di inammissibilità del ricorso richiamando la sentenza delle SS.UU. 26
marzo 2009.

Il ricorso è tuttavia da ritenersi inammissibile. La granitica giurisprudenza di questa
Corte – del tutto consonante all’opinione dottrinaria – è infatti nel senso della
inoppugnabilità dei provvedimenti assunti in ordine alla richiesta di incidente probatorio.
Affermazione che radica nel principio di tassatività dei mezzi di impugnazione
discendente dall’art. 568 cod. proc. pen. e che si sostiene ulteriormente nel rilievo della
natura non decisoria ma strumentale all’acquisizione di elementi probatori (acquisizione
che può comunque avvenire in altre forme, tanto nel caso di iniziativa dell’accusa
pubblica che nell’ipotesi di indagini difensive) ed altresì nell’esigenza di speditezza
connaturata alla fase dell’incidente probatorio (ex multis Cass. sez. 1, sent. n. 1888 del
28/04/1994, Tasselli, Rv. 197873; Cass. sez. 4, sent. n. 42520 del 07/10/2009,
Antonelli e altri, Rv. 245780).
5. Nè può evocarsi al riguardo la categoria dell’atto abnorme, come erroneamente fatto dai
ricorrenti che siccome avente ad oggetto atto abnorme, sarebbe sottratto a tale
disciplina. L’affermazione è fallace II provvedimento di estromissione dall’udienza,
infatti, trae origine dalla previsione dell’art. 401 c.p.p., comma 1, laddove identifica i
soggetti che hanno diritto a partecipare all’udienza. Il giudice è quindi chiamato a
verificare che tutti coloro che vi hanno diritto siano stati posti nella condizione di
parteciparvi ed altresì ha l’obbligo di escludere coloro che non vi hanno diritto.
L’insegnamento di questa Corte in materia di atto abnorme è che il vizio di abnormità
richiede: a) che il provvedimento, per singolarità e stranezza del suo contenuto, risulti
avulso dall’intero ordinamento processuale, ovvero che, pur essendo in astratto
manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi
previste al di là di ogni ragionevole limite; b) che l’atto si ponga al di fuori del sistema
organico della legge processuale, ovvero, pur non essendo estraneo al sistema
normativo, determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo (ex multis
Cass. sez. 4, sent. n. 43014 del 28/09/2011, Sulejmani, Rv. 251514).

contenute nella relazione al codice di procedura penale, del procedimento che ha per
oggetto l’accertamento della responsabilità penale dell’imputato e, in parallelo, di quella
civile derivante dal reato che, secondo il sistema del codice di rito, può trovare
ospitalità all’interno del processo penale. A tali fini la persona offesa, e con essa gli enti
esponenziali, entrano nel procedimento fin dalla fase delle indagini preliminari e vi
restano fino al giudizio di cassazione, come espressamente risulta dalla relazione al
testo definitivo del nuovo codice che afferma di “disattendere(si) la proposta di
sostituzione dell’espressione procedimento di merito con l’espressione processo,
volendo la prima di esse significare che gli enti cd. esponenziali di interessi possono
intervenire non solo nella fase processuale vera e propria ma anche nella fase delle
indagini preliminari”, nonché di aver provveduto “a sopprimere l’inciso – di merito apparso in contrasto con la direttiva 39 che assicura agli enti e alle associazioni cui sono
riconosciute finalità di tutela gli stessi poteri spettanti nel processo alli offeso dal reato
non costituito parte civile: quindi, non soltanto nel procedimento di merito, ma anche
nel giudizio di cassazione ove la persona offesa è abilitata a presentare memorie”.Ma
una tale puntuale ed ampia attribuzione di poteri costituisce allo stesso tempo il limite
degli stessi, che non possono esercitarsi al di fuori dell’ambito consentito e dunque al di
fuori di “ogni stato e grado del procedimento”, da intendersi in senso tecnico e
restrittivo come procedimento volto all’accertamento della responsabilità dell’imputato
che, iniziato con le indagini preliminari, e superato lo scoglio dell’archiviazione può poi
svilupparsi in fasi e procedure differenti fino alla sentenza di primo e di secondo grado
per poi concludersi con il giudizio di cassazione (cfr. Sez. 4, Sentenza n. 18851 del
2012). Questa stessa Corte ha peraltro ritenuto che il Codacons, in quanto individuato
dal D.M. Ambiente 17 ottobre 1995 tra le associazioni di protezione ambientale, è
legittimato ad esercitare, in ogni stato e grado del processo, i diritti e le facoltà attribuiti
alla persona offesa nei reati ambientali (Sez. 3, n. 34220 del 24/06/2010 . Rv.
248224).

6. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna delle ricorrenti al
pagamento delle spese processuali. Le stesse, invece, non sussistendo profili di colpa,
vanno esonerate dal pagamento in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali

IL PRESIDENTE

Così deciso nella camera di consiglio dell’Il aprile 2014
IL CONSIGLIERE ESTENSORE

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