Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3215 del 23/10/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 3215 Anno 2013
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
AGOSTINO Giuseppe, nato a Polistena il 13/02/1983;
avverso la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria dell’01/02/2011;
visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso;
udita la relazione del consigliere Paolo Antonio BRUNO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dr.
Carmine Stabile, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. D’Agostino Giuseppe era chiamato a rispondere, innanzi al Tribunale di
Palmi-sezione distaccata di Cinquefrondi, del reato di cui agli artt. 110, 112 n. 1, 81
cpv e 610 cpv cod. pen, per avere in concorso con altri dopo averli bloccati con le
proprie autovetture, costretto con violenza a scendere dell’auto sulla quale si
trovavano Fonte Angelo e Reitano Rocco, picchiandoli e minacciandoli.

2. Con sentenza del 22/04/2005, il Tribunale assolveva, ai sensi dell’art. 530
comma 2 cod. proc pen., il D’Agostino dal reato a lui ascritto, con formula per
insussistenza del fatto.
3. Pronunciando sull’appello proposto dal PM, la Corte d’appello di Reggio
Calabria, dichiarava inammissibile il gravame, ai sensi dell’art. 10 legge n.
46/2006.

Data Udienza: 23/10/2012

4. Investita del ricorso per cessazione del PM, questa Corte Suprema, con
sentenza dell’11/03/2008, annullava senza rinvio l’ordinanza d’inammissibilità e,
qualificato il ricorso come appello, disponeva trasmettersi gli atti alla stessa Corte di
appello di Reggio Calabria per il relativo giudizio.
5. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte reggine riformava la sentenza
di primo grado, accogliendo l’appello proposto dal PG e, per l’effetto, dichiarava il

condannava alla pena condizionalmente sospesa, di mesi otto di reclusione.
6. Avverso l’anzidetta pronuncia l’imputato ed il suo difensore, avv. Roberto
Rallo, hanno proposto distinti ricorsi per cessazione, ciascuno affidato alle ragioni di
censura indicate in parte motiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con unico motivo d’impugnazione il D’Agostino denuncia difetto
motivazionale, ai sensi dell’art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen., lamentando
erronea valutazione delle risultanze istruttorie, segnatamente delle dichiarazioni
della persona offesa, e la ritenuta sussistenza del reato in contestazione.

2. Con il primo motivo d’impugnazione il difensore denuncia violazione dell’art.
606, comma 1, lett. b) e violazione di legge con riferimento all’art. 129 cod. proc.
pen.,i1 termine di prescrizione – pari ad anni sette e mesi sei, in applicazione sia del
nuovo che del vecchio regime – era maturato nel giugno del 2011 (posto che il
fatto-reato era del dicembre 2003) e, dunque, in costanza del termine di deposito
della sentenza.
Con il secondo motivo, lamenta contraddittorietà od illogicità di motivazione, ai
sensi dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen., ed inosservanza della legge penale, ai
sensi dello stesso art. 606 lett. b) con riferimento all’art. 533 e dell’art. 192 dello
stesso codice di rito. Lamenta, in particolare, erronea valutazione delle risultanze di
causa che, a dire del ricorrente, non avrebbero consentito l’affermazione della
penale responsabilità al di là del ragionevole dubbio.
3. Il primo motivo del ricorso proposto dal difensore è palesemente infondato.
Ed infatti, secondo una linea interpretativa, ampiamente maggioritaria, alla quale
questo Collegio aderisce, in tema di prescrizione, ai fini dell’applicazione delle
disposizioni transitorie di cui all’art. 10, comma terzo, L. n. 251 del 2005, la
pendenza del grado di appello, che rileva per escludere la retroattività delle norme
sopravvenute più favorevoli, ha inizio con la pronuncia della sentenza di condanna
2

D’Agostino colpevole del reato ascrittogli e, concesse le attenuanti generiche, lo

di primo grado, che deve ritenersi intervenuta con la lettura del dispositivo (cfr.
Cass. Sez. 5 n. 25470 del 16/04/2009, rv. 243898; cfr., pure, id. Sez. 2 n. 3709 del
21/01/2009 rv. 242561, secondo cui in tema di prescrizione, ai fini dell’applicazione
delle norme transitorie previste dall’art. 10, comma terzo, L. n. 251 del 2005, la
pendenza del grado d’appello interviene all’atto della lettura del dispositivo della
sentenza di primo grado; cfr., nello stesso senso, id. Sez. 5 n. 7697 del 16/01/2009
rv. 242966, secondo cui in tema di prescrizione, ai fini dell’applicazione delle

pendenza del grado di appello, che rileva per escludere la retroattività delle norme
sopravvenute più favorevoli, ha inizio dopo la pronunzia della sentenza di condanna
di primo grado, che deve ritenersi intervenuta nel momento della lettura del
dispositivo, non in quello, eventualmente successivo, del deposito della
motivazione).

4. Il secondo motivo del ricorso proposto dal difensore e l’unico motivo del
ricorso dell’imputato – esaminabili congiuntamente per identità di logica
contestativa – sono manifestamente infondati.
Ed invero, la lettura dei fatti compiuta dal giudice a quo e la conseguente
sussunzione degli stessi nel paradigma normativo dell’art. 610 cod. pen. risultano
formalmente corrette e, pertanto, si sottraggono alle censure di parte ricorrente. In
particolare, il giudice di appello ha dato ampia giustificazione del compiuto
ribaltamento della prospettiva del primo giudice, confutando specificamente gli
argomenti in forza dei quali lo stesso aveva ritenuto di mandare assolto il
D’Agostino. Nel rilevare l’assoluta irrilevanza del fatto che l’autovettura a bordo
della quale viaggiavano le persone offese fosse ferma od in movimento, ha
correttamente ritenuto che il porre l’auto antagonista di traverso davanti all’altra
autovettura, al fine di impedirne la circolazione e di costringere gli occupanti a
scendere dalla stessa, integra gli estremi del reato di violenza privata oggetto di
contestazione.
Nessuna discrasia od incongruenza logica inficia il tessuto motivazionale della
sentenza impugnata, che, piuttosto, rivela corretta valutazione delle emergenze di
causa, segnatamente delle dichiarazioni della persona offesa, prudentemente
vagliate nella loro attendibilità, peraltro confermata dalle acquisite dichiarazioni
testimoniali.

5.

Per quanto precede, il ricorso – unitariamente considerate le due

impugnativa – deve essere dichiarato inammissibile, con le consequenziali
statuizione dettate in dispositivo.

disposizioni transitorie di cui all’art. 10, comma terzo, L. n. 251 del 2005, la

Dichiara inammissibile ii ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e dal versamento della somma di C 1.000 in favore della Cassa
delle Ammende

Così deciso il 23/10/2012

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