Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32143 del 02/07/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 32143 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Manunta Pietro n. il 20.3.1960
avverso la sentenza n. 696/2009 pronunciata dalla Corte d’appello di
Cagliari, Sez. Dist. di Sassari, il 28.10.2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del 2.7.2014 la relazione fatta dal Cons.
dott. Marco Dell’Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. F. Salzano, che ha
concluso per l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente
alla determinazione della pena; rigetto nel resto.

Data Udienza: 02/07/2014

Ritenuto in fatto
i. – Con sentenza resa in data 28.10.2013, la corte d’appello di
Cagliari, sezione distaccata di Sassari, ha integralmente confermato
la sentenza in data 21.4.2009 con la quale il tribunale di Alghero ha
condannato Pietro Manunta alla pena di tre anni di reclusione ed euro 12.000,00 di multa in relazione al reato di detenzione a fini di
spaccio di sostanze stupefacenti (hashish e metadone) commesso in
Alghero il 28.11.2006.
Avverso la sentenza d’appello, a mezzo del proprio difensore,
ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, censurando la sentenza impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione, per avere
la corte territoriale omesso di riconoscere, nelle specifiche circostanze del fatto, il ricorso delle condizioni per la concessione della circostanza attenuante di cui all’art. 73, co. 5, d.p.r. n. 309/90.
Considerato in diritto
2. – Il motivo di ricorso illustrato dall’imputato dev’essere disatteso.
Con riguardo al contestato mancato riconoscimento
dell’ipotesi del fatto di lieve entità di cui all’art. 73, co. 5, d.p.r. n.
309/90, rileva il collegio come la corte territoriale abbia sottolineato,
con motivazione coerentemente articolata e adeguatamente argomentata, come l’attività illecita concernente lo spaccio di sostanze
stupefacenti da parte dell’imputato presentasse inequivocabilmente
caratteri tali da escluderne la riconducibilità alla figura di cui all’art.
73, co. 5, cit., come attestato dal considerevole quantitativo di sostanze stupefacenti rinvenuto nella disponibilità dell’imputato, corrispondente a 219 dosi di hashish.
Tale requisito oggettivo inerente il fatto ascritto all’imputato
vale a fornire una sicura conferma – tanto sul piano della coerenza
logica della motivazione, quanto in termini di correttezza interpretativa – dell’irriconducibilità della vicenda de qua alla previsione di cui
all’art. 73, co. 5, cit., tenuto conto che le caratteristiche del fatto specificamente valorizzate dalla corte territoriale appaiono idonee
ad attestare l’esclusione del ricorso di un’ipotesi di piccolo spaccio, da
parte del Manunta: esclusione ritenuta sulla base di un’argomentazione giustificativa da ritenere immune da vizi d’indole logica o giuri-

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dica, completa ed esauriente, come tale pienamente idonea a sottrarsi
alle censure in questa sede sollevate dal ricorrente.
È appena il caso di richiamare, sul punto, il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale, in
tema di sostanze stupefacenti, ai fini del riconoscimento dell’ipotesi
del fatto di lieve entità di cui all’art. 73, co. 5, d.p.r. n. 309/90, il giudice è tenuto a valutare complessivamente tutti gli elementi normativamente indicati, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e
circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto
della condotta criminosa), dovendo conseguentemente escludersi il
riconoscimento del fatto di lieve entità quando anche uno solo di
questi elementi (come quelli evidenziati nel caso di specie) porti ad
escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia di tale ridotta
portata offensiva (cfr., ex multis, Cass., Sez. 4, n. 6732/2011, Rv.
251942).
infondatezza
dell’integrale
L’accertamento
3.

dell’impugnazione avanzata dal ricorrente e, pertanto, la definitiva
attribuzione di responsabilità in ordine al reato allo stesso ascritto,
impone peraltro di procedere in ogni caso all’annullamento della sentenza impugnata, limitatamente al punto concernente la determinazione del trattamento sanzionatorio irrogato a carico dell’imputato.
Sul punto, dev’essere infatti rilevato come, in epoca successiva
all’emissione della sentenza impugnata, sia intervenuta la sentenza
della Corte Costituzionale n. 32/2014 con la quale – dichiarata l’illegittimità costituzionale degli artt. 4 bis e 4 vicies ter del d.l. n.
272/2005 (convertito con modificazioni dalla legge n. 49/2006) – il
giudice delle leggi ha riconosciuto la perdurante vigenza (sin dalla
sua illegittima abrogazione ad opera dei richiamati artt. 4 bis e 4vicies ter) della previgente disciplina dell’art. 73 del d.p.r. n. 309/90,
alla cui stregua il reato di detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente di tipo hashish (come quelle contestata nel caso di specie)
era (come attualmente rimane) punito con la pena della reclusione da
due anni a sei anni, oltre la multa.
Nel caso di specie, avendo il giudice a quo commisurato il trattamento sanzionatorio a carico del Manunta sulla base dei termini
edittali sensibilmente più severi sanciti dalla legge dichiarata incosti-

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Per questi motivi
la Corte Suprema di Cassazione, annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio sul punto ad
altra sezione della Corte di appello di Cagliari.
Rigetta il ricorso nel resto.
Visto l’art. 624 cod. proc. pen. dichiara l’irrevocabilità della
sentenza in ordine all’affermazione di responsabilità dell’imputato.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 2.7.2014

tuzionale (da sei anni a vent’anni di reclusione), dev’essere disposto
l’annullamento della sentenza impugnata, limitatamente alla pena
irrogata, con il conseguente rinvio alla corte d’appello di Cagliari ai
fini della rideterminazione del trattamento sanzionatorio, ferma
l’irrevocabilità dell’affermazione di responsabilità penale a carico del
ricorrente.

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