Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32141 del 02/07/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 32141 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Baldinetti Rocco Pio n. il 3.10.1986
avverso la sentenza n. 143/2010 pronunciata dalla Corte d’appello di
Campobasso il 19.12.2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del 2.7.2014 la relazione fatta dal Cons.
dott. Marco Dell’Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. F. Salzano, che ha
concluso per l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente
al trattamento sanzionatorio; rigetto nel resto;
udito per l’imputato l’avv.to A. Gatto del foro di Roma che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 02/07/2014

Ritenuto in fatto
i. – Con sentenza resa in data 9.12.2009, il giudice dell’udienza
preliminare presso il tribunale di Larino ha condannato Rocco Pio
Baldinetti alla pena di due anni e otto mesi di reclusione ed euro
14.000,00 di multa, oltre alla ritiro della patente di guida per la durata di tre anni, in relazione al reato di detenzione a fini di spaccio di
sostanze stupefacenti (di tipo hashish), commesso in Larino il
3.2.2009.
Su appello dell’imputato, la corte d’appello di Campobasso,
con sentenza in data 19.12.2013, in parziale riforma della sentenza di
primo grado, ha disposto la revoca della sanzione accessoria del ritiro
della patente di guida, confermando nel resto la sentenza impugnata.
Avverso la sentenza d’appello, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione il Baldinetti sulla base di due
motivi d’impugnazione.
Con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione, avendo la corte
territoriale erroneamente negato il ricorso dei presupposti per la qualificazione della fattispecie criminosa ascritta all’imputato nella prospettiva del fatto di lieve entità di cui all’art. 73, co. 5, d.p.r. n.
309/90.
Con il secondo motivo d’impugnazione, il ricorrente si duole
della violazione di legge e del vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa la corte territoriale nel negare il riconoscimento della circostanza attenuante costituita dalla spontanea collaborazione dell’indagato,
prevista dall’art. 73, co. 7, d.p.r. n. 309/90.
Con memoria pervenuta in data 27.6.2014, il ricorrente ha insistito, in accoglimento del ricorso, per l’annullamento della sentenza
impugnata.
2. –

Considerato in diritto
3. — Entrambi i motivi di ricorso illustrati dall’imputato devono essere disattesi.
Con riguardo al contestato mancato riconoscimento
dell’ipotesi del fatto di lieve entità di cui all’art. 73, co. 5, d.p.r. n.
309/90, rileva il collegio come la corte territoriale abbia sottolineato,
con motivazione coerentemente articolata e adeguatamente argo-

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mentata, come l’attività illecita concernente lo spaccio di sostanze
stupefacenti da parte dell’imputato presentasse inequivocabilmente
caratteri tali da escluderne la riconducibilità alla figura di cui all’art.
73, co. 5, cit., come attestato dal considerevole quantitativo di sostanza stupefacente rinvenuto nella disponibilità dell’imputato (corrispondente a 443,35 grammi di hashish), oggettivamente caratterizzata, sul piano della destinazione a terze persone, dalla già avvenuta
suddivisione in diverse dosi.
Tali requisiti oggettivi inerenti il fatto ascritto all’imputato
valgono a fornire una sicura conferma – tanto sul piano della coerenza logica della motivazione, quanto in termini di correttezza interpretativa – dell’irriconducibilità della vicenda de qua alla previsione di
cui all’art. 73, co. 5, cit., tenuto conto che le caratteristiche del fatto specificamente valorizzate dalla corte territoriale appaiono idonee
ad attestare l’esclusione del ricorso di un’ipotesi di piccolo spaccio, da
parte del Baldinetti: esclusione ritenuta sulla base di un’argomentazione giustificativa da ritenere immune da vizi d’indole logica o giuridica, completa ed esauriente, come tale pienamente idonea a sottrarsi
alle censure in questa sede sollevate dal ricorrente.
È appena il caso di richiamare, sul punto, il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale, in
tema di sostanze stupefacenti, ai fini del riconoscimento dell’ipotesi
del fatto di lieve entità di cui all’art. 73, co. 5, d.p.r. n. 309/90, il giudice è tenuto a valutare complessivamente tutti gli elementi normativamente indicati, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e
circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto
della condotta criminosa), dovendo conseguentemente escludersi il
riconoscimento del fatto di lieve entità quando anche uno solo di
questi elementi (come quelli evidenziati nel caso di specie) porti ad
escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia di tale ridotta
portata offensiva (cfr., ex multis, Cass., Sez. 4, n. 6732/2011, Rv.
251942).
Del pari privo di pregio deve ritenersi il secondo motivo di ricorso riguardante la mancata concessione, in favore dell’imputato,
della circostanza attenuante della collaborazione di cui all’art. 73, co.
7, d.p.r. n. 309/90, avendo la corte territoriale espressamente rilevato l’assenza di un concreto apporto collaborativo del Baldinetti ai fini

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delle investigazioni, essendosi lo stesso limitato a confessare ciò che
non poteva negare, mentre la sua collaborazione (consistita nella sola
indicazione, ai carabinieri che stavano per eseguire una perquisizione
nella sua abitazione, di una parte della sostanza stupefacente nascosta in quell’abitazione) non risulta aver avuto connotazioni di particolare efficacia e rilevanza ai fini della neutralizzazione dell’attività criminosa: giudizio di merito correttamente condotto in termini giuridici (cfr. Cass., Sez. 6, n. 9069/2013, Rv. 256002, là dove ha ribadito
come, ai fini dell’applicazione dell’attenuante in esame, non è sufficiente il mero dato dell’offerta delle informazioni possedute, ma occorre che dette informazioni siano in grado di consentire il perseguimento di un risultato utile di indagine che, senza la collaborazione
stessa, non si sarebbe potuto perseguire), oltre che logicamente elaborato e congruamente argomentato, rispetto al quale devono ritenersi prive di rilievo le censure in fatto ancora in questa sede sollevate dal ricorrente.
L’accertamento
dell’integrale
infondatezza

4.
dell’impugnazione avanzata dal ricorrente e, pertanto, la definitiva
attribuzione di responsabilità in ordine al reato allo stesso ascritto,
impone peraltro di procedere in ogni caso all’annullamento della sentenza impugnata, limitatamente al punto concernente la determinazione del trattamento sanzionatorio irrogato a carico dell’imputato.
Sul punto, dev’essere infatti rilevato come, in epoca successiva
all’emissione della sentenza impugnata, sia intervenuta la sentenza
della Corte Costituzionale n. 32/2014 con la quale – dichiarata l’illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4 vicies ter del d.l. n.
272/2005 (convertito con modificazioni dalla legge n. 49/2006) – il
giudice delle leggi ha riconosciuto la perdurante vigenza (sin dalla
sua illegittima abrogazione ad opera dei richiamati arti. 4 bis e 4
vicies ter) della previgente disciplina dell’art. 73 del d.p.r. n. 309/90,
alla cui stregua il reato di detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente di tipo hashish (come quelle contestata nel caso di specie)
era (come attualmente rimane) punito con la pena della reclusione da
due anni a sei anni, oltre la multa.
Nel caso di specie, avendo il giudice a quo commisurato il trattamento sanzionatorio a carico del Baldinetti sulla base dei termini
edittali sensibilmente più severi sanciti dalla legge dichiarata incosti-

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5

Per questi motivi
la Corte Suprema di Cassazione, annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio sul punto
alla Corte di appello di Salerno.
Rigetta il ricorso nel resto.
Visto l’articolo 624 cod. proc. pen. dichiara l’irrevocabilità della sentenza in ordine all’affermazione di responsabilità dell’imputato.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 2.7.2014

tuzionale (da sei anni a vent’anni di reclusione), dev’essere disposto
l’annullamento della sentenza impugnata, limitatamente alla pena
irrogata, con il conseguente rinvio alla corte d’appello di Campobasso
ai fini della rideterminazione del trattamento sanzionatorio, ferma
l’irrevocabilità dell’affermazione di responsabilità penale a carico del
ricorrente.

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