Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32136 del 02/07/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 32136 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Violante Gerardo n. il 18.4.1967
avverso la sentenza n. 544/2012 pronunciata dalla Corte d’appello di
Salerno il 21.1.2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del 2.7.2014 la relazione fatta dal Cons.
dott. Marco Dell’Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. F. Salzano, che ha
concluso per il rigetto del ricorso;
udito per la parte civile l’avv.to R. Montani del foro di Torre Annunziata che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv.to M. Alfano del foro di Nocera Inferiore
che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 02/07/2014

Ritenuto in fatto
i. – Con sentenza resa in data 21.1.2013, la corte d’appello di
Salerno ha integralmente confermato la sentenza in data 17.1.2011
con la quale il tribunale di Nocera Inferiore ha condannato Gerardo
Violante alla pena di un anno di reclusione, oltre al risarcimento dei
danni in favore delle parti civili costituite, in relazione al reato di omicidio colposo commesso, in violazione delle norme sulla disciplina
della professione medica, ai danni di Nunzio Minichini, in Nocera Inferiore il 25.11.2005.
All’imputato, in qualità di medico di guardia presso il pronto
soccorso dell’ospedale civile di Nocera Inferiore, era stata contestata
la condotta imperita e imprudente consistita nell’aver dimesso il paziente, trasportato d’urgenza al pronto soccorso in quanto affetto da
“vomito di materiale posa di caffè”, dopo aver constatato l’espulsione
da parte dello stesso di circa 300 cc. di materiale caffeano (sangue
gastrico), limitandosi a prescrivergli un farmaco gastroprotettore e
un antiemorragico, senza rendersi conto – nonostante tutti i sintomi
evidenti che imponevano quanto meno l’esecuzione di ulteriori accertamenti diagnostici – che era in corso, ai danni del paziente, una grave emorragia gastrica che, dopo meno di due ore, ne avrebbe provocato il decesso: evento certamente evitabile con un tempestivo trattamento trasfusionale e un opportuno intervento chirurgico.
Avverso la sentenza d’appello, a mezzo del proprio difensore,
ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, dolendosi della violazione di legge e del vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa la sentenza d’appello nell’attribuire la causa della morte del Minichini al
ricorso di un’emorragia gastrica non sufficientemente riscontrato sul
piano probatorio, ed anzi smentito da numerose indicazioni emerse
nel corso dell’istruzione processuale, e per aver rilevato la sussistenza
di un comportamento colposo dell’imputato in difetto di adeguate
conferme probatorie.
All’odierna udienza, la parte civile ha concluso in conformità
alla nota scritta contestualmente depositata.
Considerato in diritto
2.1. – Il ricorso è infondato.
Preliminarmente, rileva la corte come dall’esame dello sviluppo motivazionale seguito in entrambe le decisioni di merito (che,

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concordando nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova
posti a fondamento delle rispettive decisioni, valgono a saldarsi in un
unico complesso corpo argomentativo: cfr. Cass., Sez. i, n.
8868/2000, Rv. 216906 e segg. conformi) è emerso come la prova
della responsabilità dell’imputato sia stata raggiunta sulla base di
un’articolata considerazione critica di tutti i fatti sottoposti a giudizio,
a loro volta ricostruiti secondo coerenti e logicamente ineccepibili linee argomentative.
Con particolare riguardo all’asserita mancata (o trascurata)
valutazione delle considerazioni contenute nella consulenza tecnica
di parte prodotta dalla difesa, è appena il caso di richiamare il consolidato insegnamento di questa corte di legittimità in forza del quale,
in tema di controllo sulla motivazione, il giudice che ritenga di aderire alle conclusioni del consulente del pubblico ministero, in difformità da quelle del consulente della parte, non può essere gravato
dell’obbligo di fornire autonoma dimostrazione dell’esattezza scientifica delle prime e dell’erroneità delle seconde, dovendosi al contrario
considerare sufficiente che egli dimostri di avere comunque valutato
le conclusioni dell’ausiliario dell’ufficio, senza ignorare le argomentazioni contrarie, come nella specie accaduto in termini espressi (cfr.fl.
5 della sentenza d’appello), non essendo emerso in alcun modo che le
conclusioni delle consulenze di parte fossero tali da dimostrare in
modo inconfutabile la fallacia delle conclusioni del consulente del
pubblico ministero, apprezzate per la relativa coerenza logica e linearità argomentativa (cfr. Cass., Sez. 1, n. 25183/2009, Rv. 243791;
Cass., Sez. 4, n. 34379/2004, Rv. 229279; Cass., Sez. i, n. 6528/1998,
Rv. 210712).
Nella specie — con particolare riguardo al riscontro della correttezza logico-giuridica della motivazione dettata dai giudici del merito, in relazione allo sviluppo del decorso causale ch’ebbe a determinare il decesso del paziente -, la corte territoriale risulta aver dato
conto in termini puntuali dell’infondatezza delle prospettazioni avanzate dalla difesa in termini medico-specialistici, essendo nella specie
emerso con evidenza il ricorso di numerosi indici confermativi dell’esistenza di un’emorragia gastrica in corso, al momento del contatto
dell’imputato con il paziente, come attestato dal riscontro, in sede autoptica, della presenza di sangue nerastro nell’esofago, nella trachea,
nello stomaco, nella regione antro-pilorica e nel duodeno: segni, tutti,

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inequivocamente espressivi di un’intervenuta emorragia gastrica per
la presenza di sangue da posa di caffè (ovvero digerito da succhi gastrici) presente in abbondanza nei principali organi della digestione.
La conferma di tale emorragia gastrica è inoltre emersa anche
a seguito dell’indagine istologica condotta dallo specialista anatomopatologo, che ha confermato il ricorso di un significativo quadro di
gastrite erosiva emorragica acuta superficiale (cfr. pag. 5 della sentenza d’appello), senza che alla stessa arrecasse alcuna ferita, in termini ricostruttivi, la tesi della consulenza sostenuta dal consulente
della difesa (che ha sul punto richiamato il preteso risultato contrastante dell’esame emocromocitometrico), attesa la prevedibile spiegazione dell’aumento dei globuli rossi e dell’emoglobina con la prevedibile azione di provvisorio reintegro operato dalla milza, risultata,
infatti, nell’occasione, di forma raggrinzita all’esame autoptico.
Ciò posto, la corte territoriale ha in ogni caso significativamente sottolineato come la realtà dell’emorragia gastrica fosse, al momento dell’apprezzamento dei dati disponibili a fini diagnostici, pur
sempre da tenere presente, in considerazione del dato anamnesticoclinico del paziente, dominato dall’importante indicazione fornita dal
vomito caffeano.
Del tutto coerentemente, e in termini di lineare congruenza
argomentativa, la corte territoriale ha evidenziato la scarsa attendibilità della spiegazione alternativa fornita dal consulente della difesa
(incline a sostenere la tesi della morte improvvisa per edema polmonare), di per sé priva di concreti riscontri plausibili, in considerazione
delle obiettive buone condizioni generali del paziente, e del tutto
compatibile con la relativa insorgenza solo in uno stato agonico premortale, in presenza di una gastropatia erosiva acuta superficiale.
Deve pertanto ritenersi che la corte territoriale — con particolare riguardo alla corretta conduzione del giudizio controfattuale abbia esattamente evidenziato come l’eventuale osservanza, da parte
dell’imputato, delle regole cautelari ricostruite sulla base delle leges
artis, avrebbe consentito con certezza, secondo un giudizio di elevata
probabilità logica corroborato dalle evidenze probatorie del caso di
specie, di evitare l’evento lesivo sulla base dell’oggettivo criterio della
prevedibilità e della prevenibilità dell’evento, secondo la miglior
scienza ed esperienza del momento storico nello specifico settore,
apparendo d’intuitiva evidenza come una più attenta e scrupolosa va-

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lutazione del caso di specie avrebbe consentito il tempestivo accertamento dell’emorragia in atto, con la conseguente concreta possibilità
di un salvifico intervento terapeutico a beneficio del paziente.
L’accertata infondatezza dei motivi di ricorso in questa
sede avanzati dall’imputato non esime peraltro il collegio dal rilievo
dell’intervenuta prescrizione del reato per il quale l’odierno imputato
è stato tratto a giudizio, trattandosi di un’ipotesi di omicidio colposo
commesso, in violazione delle norme sull’esercizio della professione
medica, alla data del 25.11.2005.
Al riguardo, occorre sottolineare, in conformità
all’insegnamento ripetutamente impartito da questa Corte, come, in
presenza di una causa estintiva del reato, l’obbligo del giudice di pronunciare l’assoluzione dell’imputato per motivi attinenti al merito si
riscontri nel solo caso in cui gli elementi rilevatori dell’insussistenza
del fatto, ovvero della sua non attribuibilità penale all’imputato, emergano in modo incontrovertibile, tanto che la relativa valutazione,
da parte del giudice, sia assimilabile più al compimento di una ‘constatazione’, che a un atto di ‘apprezzamento’ e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (v.
Cass., n. 35490/2009, Rv. 244274).
E invero il concetto di ‘evidenza’, richiesto dal secondo comma
dell’art. 129 c.p.p., presuppone la manifestazione di una verità processuale così chiara e obiettiva, da rendere superflua ogni dimostrazione, concretizzandosi così in qualcosa di più di quanto la legge richiede per l’assoluzione ampia, oltre la correlazione a un accertamento immediato (cfr. Cass., n. 31463/2004, Rv. 229275).
Da ciò discende che, una volta sopraggiunta la prescrizione del
reato, al fine di pervenire al proscioglimento nel merito dell’imputato
occorre applicare il principio di diritto secondo cui ‘positivamente’
deve emergere dagli atti processuali, senza necessità di ulteriore accertamento, l’estraneità dell’imputato a quanto allo stesso contestato,
e ciò nel senso che si evidenzi l’assoluta assenza della prova di colpevolezza di quello, ovvero la prova positiva della sua innocenza, non
rilevando l’eventuale mera contraddittorietà o insufficienza della
prova che richiede il compimento di un apprezzamento ponderato tra
opposte risultanze (v. Cass., n. 26008/2007, Rv. 237263).

2.2. –

Tanto deve ritenersi certamente non riscontrabile nel caso di
specie, avendo questa Corte positivamente riscontrato l’infondatezza
di tutte le doglianze avanzate dall’odierno ricorrente avverso la sentenza di condanna pronunciata nei propri confronti.
Ne discende che, ai sensi del richiamato alt. 129 c.p.p., la sentenza impugnata va annullata senza rinvio per essere il reato contestato estinto per prescrizione.
La rilevata infondatezza dei motivi di ricorso avanzati
dall’imputato — di là dall’annullamento della sentenza impugnata,
limitatamente alla condanna penale pronunciata a carico del Violante
a causa dell’intervenuta prescrizione – impone peraltro la conferma
delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili, in conformità alle previsioni di cui all’art. 578 c.p.p., con
la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese in favore delle
parti civili, che si liquidano come da dispositivo.
Per questi motivi
la Corte Suprema di Cassazione, annulla senza rinvio agli effetti penali la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione; conferma le statuizione civili e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese sostenute nel presente giudizio dalle parti civili, Minichini Francesco, Rusciano Minichini Mariangela e Carannante
Minichini Valerio, che liquida in complessivi euro 4.000,00, oltre accessori a norma di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 2.7.2014.

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