Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32121 del 13/06/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 32121 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Capece Roberto n. il 23.2.1982
avverso la sentenza n. 9/2013 pronunciata dalla Corte d’appello di
Potenza il 14.6.2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del 13.6.2014 la relazione fatta dal Cons.
dott. Marco Dell’Uni;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. F. Baldi, che ha
concluso per la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso;
udito, per l’imputato, l’avv.to A. Turco del foro di Sicignano degli Alburni, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 13/06/2014

Ritenuto in fatto
1. – Con sentenza resa in data 14.6.2013, la corte d’appello di
Potenza ha integralmente confermato la sentenza in data 14.6.2012
con la quale il tribunale di Potenza ha condannato Roberto Capece alla pena di dieci giorni di arresto ed euro 300,00 di ammenda in relazione al reato di guida in stato di ebbrezza alcolica (tasso alcolemico
pari a 1,95 e 2,02 g/l), commesso in Picerno il 17.6.2007.
Avverso la sentenza d’appello, a mezzo del proprio difensore,
ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, censurando la pronuncia della corte territoriale per violazione di legge e vizio di motivazione, avendo la corte territoriale dettato un’illogica motivazione, tanto
in relazione all’accertamento della responsabilità penale
dell’imputato, quanto con riguardo al trattamento sanzionatorio concretamente irrogato.
Da ultimo, l’imputato ha invocato l’accertamento
dell’intervenuta prescrizione del reato allo stesso contestato.
Considerato in diritto
2. – Osserva preliminarmente la Corte che il reato per il quale
l’imputato è stato tratto a giudizio è prescritto, trattandosi di un fatto
di guida in stato di ebbrezza commesso alla data del 17.6.2007.
Al riguardo, rilevato che il ricorso proposto non appare manifestamente infondato, né risulta affetto da profili d’inammissibilità di
altra natura, occorre sottolineare, in conformità all’insegnamento ripetutamente impartito da questa Corte, come, in presenza di una
causa estintiva del reato, l’obbligo del giudice di pronunciare
l’assoluzione dell’imputato per motivi attinenti al merito si riscontri
nel solo caso in cui gli elementi rilevatori dell’insussistenza del fatto,
ovvero della sua non attribuibilità penale all’imputato, emergano in
modo incontrovertibile, tanto che la relativa valutazione, da parte del
giudice, sia assimilabile più al compimento di una ‘constatazione’,
che a un atto di ‘apprezzamento’ e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (v. Cass., n.
35490/2009, Rv. 244274).
E invero, il concetto di ‘evidenza’, richiesto dal secondo comma dell’art. 129 c.p.p., presuppone la manifestazione di una verità
processuale così chiara e obiettiva, da rendere superflua ogni dimostrazione, concretizzandosi così in qualcosa di più di quanto la legge

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richiede per l’assoluzione ampia, oltre la correlazione a un accertamento immediato (cfr. Cass., n. 31463/2004, Rv. 229275).
Da ciò discende che, una volta sopraggiunta la prescrizione del
reato, al fine di pervenire al proscioglimento nel merito dell’imputato
occorre applicare il principio di diritto secondo cui ‘positivamente’
deve emergere dagli atti processuali, senza necessità di ulteriore accertamento, l’estraneità dell’imputato a quanto allo stesso contestato,
e ciò nel senso che si evidenzi l’assoluta assenza della prova di colpevolezza di quello, ovvero la prova positiva della sua innocenza, non
rilevando l’eventuale mera contraddittorietà o insufficienza della
prova che richiede il compimento di un apprezzamento ponderato tra
opposte risultanze (v. Cass., n. 26008/2007, Rv. 237263).
Tanto deve ritenersi non riscontrabile nel caso di specie, in cui
questa Corte – anche tenendo conto degli elementi evidenziati nelle
motivazioni della sentenza impugnata – non ravvisa alcuna delle ipotesi sussumibili nel quadro delle previsioni di cui al secondo comma
dell’art. 129 c.p.p..
Ne discende che, ai sensi del richiamato art. 129 c.p.p., la sentenza impugnata va annullata senza rinvio per essere il reato contestato estinto per prescrizione.
Per questi motivi
la Corte Suprema di Cassazione, annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 13.6.2014

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