Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32102 del 04/03/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 32102 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

SENTENZA
Sui ricorsi proposto da :
1. SALVATORI GIANLUCA N. IL 07.01.1978
2. FALZETTI TIZIANA N. IL 21.09.1976
3. VELLEI MARCO N. IL 23.10.1968
4. PAOLINI GIORGIO N. IL 07.03,1949
5. LETIZIA ROBERTO N. IL 28.09.1969
6. MASTRONARDI MASSIMILIANO N. IL 25.06.1971
7. FAZZARI ENZO N. IL 25.12.1956
8. POLO NUNZIO N. IL 22.02.1964
9. BRUSCA ANTONIO N. IL 28.08.1976
10. CARISI GIUSEPPE N. IL 12.02.1951
11. COSSO ANDREA N. IL 25.08.1988;
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO DI PALERMO in data 18 gennaio 2013;
sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI;
viste le conclusioni del PG in persona del dott. Aldo Policastro che ha chiesto l’annullamento
con rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio per Vellei, Falzetti e Carisi. Rigetto nel
resto dei ricorsi dei medesimi. Annullamento con rinvio per Letizia, Polo e Mastronardi
limitatamente al capo 21. Rigetto nel resto. Rigetto degli altri ricorsi.
Sono presenti : l’avvocato Gianzi Giuseppe Antonio per il ricorrente Salvatori; l’avvocato
Placanica Cesare per il ricorrente per il ricorrente Salvatori; l’avvocato D’Agostino Luigi
Maurizio in sostituzione dell’avvocato Galantucci Simona per Falzetti e Vellei; l’avvocato Colella
Stefano per Letizia e Mastronardi; l’avvocato Tognozzi Gianluca per Letizia; l’avvocato
Macchioni Gianluca per Paolini; l’avvocato Bruzzese Francesco per Fassari; l’avvocato Longari
Carlo per Polo; l’avvocato Sereni Andrea per Polo; l’avvocato Campanelli Giuseppe per Brusca;
l’avvocato Dellomonaco Domenico per Carisi i quali insistono per l’accoglimento dei rispettivi
ricorsi
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 11 novembre 2011 la Corte d’Appello di Roma, in parziale riforma
della sentenza del GUP di Roma in data 7 aprile 2010, appellata dal PM nonché dagli
imputati Brusca Antonio, Carisi Giuseppe, Cosso Andrea, Falzetti Tiziana, Fazzari Enzo,
Fusaro Pieroberto, Gori Massimiliano, Letizia Roberto, Mastronardi Massimiliano, Paolini
Giorgio, Polo Nunzio, Salvatori Gianluca e Vellei Marco così provvedeva:

Data Udienza: 04/03/2014

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assolveva Vellei dal reato di cui al capo 9) e per l’effetto rideterminnaumento sulla
pena irrogata con sentenza irrevocabile della Corte d’Appello di Roma in data 13 maggio
2009 in anni due di reclusione ed € 2.000,00 di multa; riduceva le pene irrogate a
Cossu, Falzetti, Fazzari, Fusaro, Gori, Letizia, Mastronardi, Paolini e Polo, rigettava gli
appelli proposti nell’interesse di Carisi e Salvatori.
Gli imputati erano stati tratti a giudizio per rispondere, per quanto rileva in questa sede,
Letizia, Fazzari, Gori, Mastronardi, Paolini e Poli del delitto previsto e punito dagli artt.
74 commi 1, 2 e 3 del d.P.R. 309/1990 per essersi associati fra loro (v in concorso con
Purello Luciano ed Ammendola Andrea giudicati separatamente) e con ulteriori persone
non identificate, allo scopo di commettere più delitti di importazione, detenzione,
trasporto e cessione di sostanze stupefacenti del tipo di cocaina ed hashish, nonché di
plurime violazioni dell’art. 73 d.P.R. n. 309/1990
2. Avverso tale decisione propongono ricorso a mezzo dei rispettivi difensori:
Salvatori Gianluca deducendo la violazione dell’art. 606, comma 1 lett. b) ed e)
2.1
c.p.p. in relazione agli artt. 110 e ss. c.p., 73 e 80 d.P.R. n. 309/1990. Secondo
il ricorrente la prova del concorso del Salvatori sarebbe stata tratta
esclusivamente da un comportamento assolutamente equivoco e cioè dalla
presenza nell’autovettura che doveva precedere quella contenente la sostanza
stupefacente, comportamento, tutt’ al più inquadrabile nel favoreggiamento
reale.
Con un secondo motivo lamenta la mancata concessione delle attenuanti
generiche con giudizio di prevalenza e l’eccessività della pena
Falzetti
Tiziana lamentando la violazione dell’art. 606, comma 1 lett. b), c) ed e)
2.2
c.p.p. in relazione agli artt. 192, 533 c.p.p., 110 c.p. e 73 d.P.R. n. 309/1990
essendo stata presente ai fatti contestati solo occasionalmente in quanto
convivente del coimputato Vellei. Con motivi nuovi ex art. 585 comma 4 c.p.p.
invoca il novum costituito dalla sentenza della Corte costituzionale in data 12
febbraio 2014.
Vellei Marco censura la gravata sentenza per violazione dell’art. 606, comma 1
2.3
lett. b), c) ed e) c.p.p. in relazione agli artt. 533, 544 e ss., 597 punto 3, 605
c.p.p.. e 73 d.P.R. n. 309/1990.
Paolini Giorgio lamenta l’erronea applicazione della legge penale, la mancanza e
2.4
la manifesta illogicità della motivazione in ordine alla qualificazione del fatto
reato ex art. 606, comma 1 lett. b) c.p.p. in riferimento alla ipotesi associativa
Il ricorrente in particolare evidenzkdi non essere stato arrestato in flagranza di
reato nè colto comunque in possesso di sostanza stupefacente
Roberto
Letizia con un primo ricorso a mezzo dell’avvocato Gianluca Tognozzi
2.5
lamenta la omessa motivazione con riferimento alla ipotesi associativa,
essendosi limitato / il giudice di prime cure ) ad affermare che /e modalità di
realizzazione dei singoli reati fine evidenziano meccanismi delittuosi consolidati
nel tempo né sul punto nulla avrebbe aggiunto la Corte territoriale.
Con un secondo ricorso a mezzo dell’avvocato Colella lamenta la violazione
dell’art. 192 c.p.p. in relazione all’art. 606, comma 1 lett. b) c.p.p. (inidoneità
delle informative di PG quale fonte di prova richiamanti trascrizioni non recanti il
numero telefonico oggetto dell’intercettazione stessa; la carenza di motivazione
in relazione alla esistenza di elementi specificamente indicati nei motivi di
gravame)
Massimiliano Mastronardi lamenta la carenza della motivazione in relazione alla
2.6
esistenza di elementi specificamente indicati nei motivi di gravame ex art. 606
lett. e) con riferimento al reato associativo; la violazione dell’art. 192 in
relazione all’art. 606 lett. b) in ordine alla inidoneità delle informative di PG
quale fonte di prova richiamanti trascrizioni o intercettazioni non recanti il
numero telefonico oggetto dell’intercettazione stessa; sotto lo stesso profilo la
violazione dell’art. 533 c.p.p. in relazione all’art. 606 lett. b) c.p.p.
Fazzari Enzo deduce la nullità della impugnata sentenza a norma dell’art. 606
2.7
lett. b ed e) c.p.p. per violazioni di legge e vizio logico di motivazione in ordine
alla ritenuta sussistenza del delitto di cui all’art. 74 dpr n. 309/1990 e di quello
di cui all’art. 73 dpr 309 90 in relazione all’art.110 c.p.

2.9
2.10

2.11

Nunzio Polo formula eccezione di legittimità costituzionale del reato di cui all’art.
74 comma 2 per violazione degli artt. 3 comma 1, 25 comma 2, 27 commi 1 e 3
per eccessivo margine di discrezionalità lasciato al giudice nell’irrogazione della
pena dai dieci ai 24 anni; la mancanza ed illogicità della motivazione e per
violazione dei criteri di legge regolativi della prova indiziaria ex art. 606 lett b)
ed e) c.p.p. in relazione al reato di partecipazione all’associazione finalizzata al
traffico di stupefacenti; la mancanza e contraddittorietà della motivazione per
travisamento del fatto nonché per violazione delle norme sul concorso di persone
nel reato, sulla prova indiziaria e sul principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio
in relazione al reato contestato al capo 21 dell’imputazione (di cui deduce la
vaghezza assoluta); la mancanza e contraddittorietà della motivazione e la
manifesta illogicità in relazione al reato di cui all’art. 74 nonché per violazione
della legge penale relativa ai limiti di tipicità di tale reato infine per violazione dei
criteri normativi pertinenti alla prova indiziaria ed alla regola di responsabilità
oltre ogni ragionevole dubbio; la violazione degli artt. 132 e 133 c.p. per
mancanza di motivazione sul quantum di pena
Cosso Andrea con un unico motivo lamenta la mancata concessione della
sospensione condizionale della pena
Brusca Antonio deduce la violazione dell’art. 606 comma 1 lett. b) per
inosservanza di legge ed e) per contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione in ordine alla affermazione di responsabilità al mancato
riconoscimento del 5 comma alla dosimetria della pena e deduce che la Corte
territoriale avrebbe denegato una situazione oggettivamente provata in atti
(situazione di tossicodipendenza)
Carisi Giuseppe deduce la violazione dell’art. 606 c.p.p. lett b ed e in relazione
agli artt. 110 c,p. e 73 mancata concessione del 5 comma; la mancanza,
illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione alla imputazione di cui
agli artt. 2 e 5 e 7 I. n. 110 del 1975

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Tutti i ricorsi sono infondati, taluno ai limiti dell’inammissibilità, in quanto, in via
generale, vengono per lo più genericamente contestati non i fatti come ricostruiti nelle
sentenze dei giudici di merito, bensì la loro valutazione ed il complessivo impianto
argomentativo delle decisioni che hanno concordemente ritenuto la responsabilità degli
odierni ricorrenti, che tuttavia non presenta, sempre in via generale, alcuno dei vizi
denunciati, alla luce della coerenza che caratterizza la sentenza impugnata, nonché la
teorica violazione dell’art. 192, comma 2 c.p.p., del tutto infondata, ove si consideri che
i criteri di valutazione indicati dalla norma richiamata risultano pienamente rispettati,
avendo il giudice precisamente individuato gli elementi probatori utilizzati e
correttamente*. ad essi attribuito un significativo e decisivo rilievo probatorio.
Va premesso in fatto che il presente procedimento scaturisce da complesse indagini,
protrattesi per circa un anno ed iniziate a seguito dell’arresto in data 7 dicembre 2007
dell’imputato Cosso Andrea nei cui confronti, all’esito di perquisizione domiciliare
venivano sequestrati gr. 15 di cocaina e gr. 60 di hashish, nonché un bilancino
elettronico e denaro in contanti (per tale reato l’imputato è stato giudicato
separatamente).Attraverso la ricostruzione delle frequentazioni e dei contatti del Cosso
è stato possibile risalire al sodalizio criminoso composto da Fazzari Enzo, Polo Nunzio,
Mastronardi Massimiliano, Gori Massimiliano, Paolini Giorgio e Letizia Roberto,
quest’ultimo ritenuto il capo e l’organizzatore del gruppo, nonché delineare, almeno
inizialmente, la costellazione dei rapporti e dei traffici illeciti di sostanze stupefacenti,
coinvolgente anche gli altri imputati, alcuni dei quali strettamente legati al sodalizio di
cui sopra. Le indagini hanno ipotizzato, in seno al gruppo dei soggetti suindicati f la
sussistenza di un’associazione per delinquere finalizzata all’acquisto ed allo spaccio di
sostanza stupefacente, principalmente del tipo cocaina ed enucleaté, nel contesto della
ideazione, programmazione e preparazione dell’attività criminale, una serie di episodi di
acquisto e cessione di quantitativi di droga in vista della realizzazione dei quali il
sodalizio era quotidianamente e stabilmente impegnato.
3

2.8

4

Le risultanze probatorie che hanno condotto i giudici di merito alla affermazione di
penale responsabilità si basano sulle attività di intercettazione integrate e corroborate
da servizi di appostamento e pedinamento svolti dalla polizia giudiziaria che hanno
portato al sequestro di sostanze stupefacenti ed all’arresto dei responsabili, di volta in
volta i dei singoli episodi.
Quanto alle singole posizioni dei ricorrenti ed al contenuto delle relative impugnazioni la
Corte, seguendo l’ordine di esame adottato dalla gravata sentenza, osserva quanto
segue :
Brusca Antonio: è stato condannato alla pena di anni quattro di reclusione ed C
18.000, di multa per i reati di cui agli artt. 81 c.p. e 72 d.P.R. n. 309/1990 (capo 18
relativo a più episodi di detenzione al fine di spaccio e di cessione di cocaina). Sostiene
il ricorrente che lo stupefacente era invece detenuto per uso personale stante la sua
situazione di tossicodipendenza massiva; in subordine chiede il riconoscimento
dell’ipotesi attenuata di cui al 5 comma dell’art. 73 citato.
La motivazione sul punto dell’impugnata sentenza resiste alle avverse censure. La Corte
territoriale, lungi dal non prendere in considerazione il dedotto stato di
tossicodipendenza, ha infatti sottolineato come emergano elementi gravi, precisi e
concordanti per ritenere con sufficiente certezza che la destinazione principale della
cocaina (trattasi in particolare di 115 grammi ricevuti dal Fazzari il 31 marzo 2008 e
grammi 150 sequestrati a quest’ultimo, tratto in arresto poco prima della consegna al
Brusca, oggetto di accordo chiaramente evincibile dalle intercettazioni menzionate nella
sentenza di primo grado- pagg. 43-45- e richiamate dalla Corte territoriale, nonché di
ulteriore sostanza dello stesso tipo, rinvenuta in sede di perquisizione, suddivisa in
dodici involucri, unitamente al materiale utile al confezionamento delle dosi), fosse
rivoltq, allo spaccio e non soltanto all’uso personale.
L’esclusione dell’ipotesi attenuata si rivela poi aderente al dato normativo in ragione
delle constatate modalità dell’attività criminosa, svolta mediante una strutturata
organizzazione e con notevole flusso di clienti. A ciò si aggiunga il dato meramente
quantitativo, particolarmente rilevante. La consolidata giurisprudenza di questa Corteda ultimo Cass. Sez. 6, n. 39977 del 19/09/2013 Rv. 25661- ha precisato come in tema
di sostanze stupefacenti, ai fini della concedibilità o del diniego della circostanza
attenuante del fatto di lieve entità di cui al cit. D.P.R., art. 73, comma 5, il giudice è
tenuto a valutare complessivamente tutti gli elementi normativamente indicati; quindi,
sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che
attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti
oggetto della condotta criminosa), dovendo conseguentemente escludere il
riconoscimento dell’attenuante quando anche uno solo di questi elementi porti ad
escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia di lieve entità.
Carisi Giuseppe: è stato condannato per più episodi di illecita detenzione e di
cessione di cocaina e hashish (capo 3) e per i reati di cui agli artt. 2, 5 e 7 legge n.
895/1976 e 23 legge n. 110/1975 in relazione alla detenzione di una pistola monocolpo
sequestrata nella sua abitazione. L’affermazione di penale responsabilità è stata
congruamente e logicamente motivata sulla base non solo del contenuto delle
operazioni di intercettazione, ma altresì sugli esiti dell’osservazione diretta da paarte
della polizia giudiziaria e su quelli delle conseguenti perquisizioni. Peraltro lo stesso
Carrisi ha ammesso che lo stupefacente era “saltuariamente” destinato a due
conoscenti. Quanto alla esclusione della ipotesi di cui al comma 5, si rimanda alle
considerazioni svolte a proposito dell’analoga lagnanza del Brusca cui va aggiunto che
nella specie la sentenza impugnata ha altresì sottolineato il rinvenimento di un’ingente
somma di denaro, nonché la circostanza che trattavasi di differenti tipologie di sostanza
stupefacente (cocaina ed hashish) che conferma la qualità di spacciatore non
occasionale dell’imputato. In relazione alla imputazione relativa alla pistola parimenti
immune da censure si appalesa il decisum della gravata sentenza che ha posto in rilievo
come già il primo giudice come l’arma rinvenuta fosse priva di matricola e
perfettamente funzionante, tale da costituire un’arma comun da sparo di cui non era
possibile il riconoscimento.
Cosso Andrea: è stato condannato per il reato di cui al capo 2) per aver con più azioni
esecutive del medesimo disegno criminoso illecitamente detenuto e ceduto / in

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particolare a Pirrocco Giuseppe ed Argese Giovanni, sostanza stupefacente del tipo
cocaina. Con un unico motivo di impugnazione lamenta l’esclusione del beneficio della
sospensione condizionale della pena. Va precisato aeriguardo che detto beneficio è stato
revocato dal primo giudice ai sensi dell’art. 168 c.p. relativamente alle pene inflitte con
le precedenti sentenze del Tribunale di Roma in data 3 gennaio 2008 e 5 febbraio 2008,
entrambe divenute irrevocabili. Del tutto impropriamente quindi il ricorrente ne invoca
la concessione nel presente giudizio sul presupposto che il dato letterale della norma,
consente di concedere una seconda volta la sospensione condizionale.
Falzetti Tiziana: è stata condannata per i reati di cui ai capi 10) e 12) per plurimi
episodi di concorso con Vellei Marco in illecita detenzione e cessione di sostanze
stupefacenti (hashish). Reitera le censure relative alla mancanza di prova certa della
propria penale responsabilità per l’insussistenza dei reati, non integrando la sua
condotta, concretizzatasi in soli due episodi, il concorso nel reato con il coimputato,
evidenziando a riguardo la propria qualità di convivente del predetto, la mancata
conoscenza della attività illecita da quest’ultimo posta in essere e comunque l’assenza
di un effettivo contributo alla realizzazione dei reati per i quali poteva semmai rivestire
la qualità di connivente. La gravata sentenza i con motivazione assolutamente congrua e
priva di elementi di illogicità, con costanti richiami alla sentenza di primo grado, ha
precisato le circostanze emerse a seguito della attività di indagine da cui si evince non
solo che la Falzetti fosse invece perfettamente a conoscenza della illecita attività di
compravendita dello stupefacente svolta dal Vellei, ma che – per gli episodi contestatilene fosse pienamente partecipe, passando materialmente al Vellei lo stupefacente,
intervenendo nella trattativa per il prezzo, ecc.
Fazzari Enzo : è stato ritenuto responsabile del reato associativo di cui all’art. 74
d.P.R. n. 309/1990 (capo 1), per aver coadiuvato sistematicamente Letizia Roberto
partecipando alla gestione della attività illecita, specificamente provvedendo alla
cessione della droga nella zona di Montesacro e Monterotondo,Eath alla riscossione
dei proventi, nonché di due reati fine (capi 11 e 17). Le argomentazioni poste a
sostegno del ricorso – peraltro quanto mai generiche e consistenti nel denunciare
Pin’assenza di motivazione- non valgono invero a smentire la coerente e condivisibile
ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito che hanno dato adeguatamente
conto – in relazione a tutte le ipotesi criminose – delle risultanze probatorie, rilevando
come dalle conversazioni intercettate fossero emersi elementi chiaramente indicativi
della intraneità del Fazzari al gruppo criminale, nonché della sua responsabilità in ordine
agli altri reati. Va a riguardo precisato che la partecipazione anche ad un solo episodio
dell’attività criminosa programmata costituisce elemento indiziante dell’appartenenza
all’associazione, ove esso costituisca il segnale del consapevole e stabile inserimento da
parte del soggetto. Inserimento nel caso di specie ritenuto accertato poiché dalle
conversazioni intercettate, complessivamente valutate, i giudici di merito hanno
legittimamente tratto il convincimento che il Fazzari, nel rispetto della strategia
complessiva del gruppo criminale fosse stato cooptato nella organizzzazione.
La Corte territoriale per quanto in particolare concerne il reato sub 11) ha altresì
evidenziato la accertata (provata dalla attività di pedinamento ed osservazione)
personale consegna da parte del Fazzari al Vellei di un grammo di cocaina al fine di
valutarne la qualità per il successivo acquisto della partita di un chilogrammo e la
successiva cessione della maggiore quantità, preceduta da conversazioni intercorse tra
lo stesso Fazzari ed il Vellei.
Letizia Roberto: è stato condannato per il reato associativo, esclusa l’aggravante
contestata di cui all’art. 74 comma 3 d.P.R. n. 309 del 1990, nonché per i reati fine di
cui ai capi 13), 16), 20) e 21). Ha presentato tramite i suoi difensori due distinti ricorsi
almeno in parte sovrapponibili. Per quanto riguarda il reato associativo si rimanda alle
considerazioni svolte per il coimputato Fazzari. Per i reati fine la Corte ha confermatocon motivazione che si sottrae a qualsiasi censura-il giudizio di colpevolezza sulla base
non solo del contenuto delle conversazioni telefoniche intercettate, ma su quello delle
conversazioni ambientali ed, in alcuni casi, sulla diretta attività di osservazione da parte
della polizia giudiziaria. Appaiono del resto chiari in termini di accusa i contenuti delle
conversazioni e le ragioni degli incontri tra i protagonisti delle vicende in esame, né il
Letizia ha mai indicato una diversa plausibile ragione, rispetto a quella ritenuta in tesi

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di accusa, delle conversazioni e degli incontri. Alla luce del complessivo quadro
probatorio e def4ulteriori elementi di riscontro, appare pertanto irrilevante (il motivo è
comune al coimputato Mastronardi) la questione della mancata individuazione del
numero di telefono intercettato. Peraltro la gravata sentenza ha posto in rilievo come le
conversazioni telefoniche fossero certamente riferibili al Letizia (fatto incontestato, del
resto, dai suoi stessi interlocutori).
Il ricorrente sostiene poi che vi sarebbe omessa motivazione in ordine alla compatibilità
del reato associativo con il ruolo di acquirenti della sostanza stupefacente riservato
dalla imputazione agli stessi sodali dell’associazione. Il motivo è di scarsa intelligibilità
atteso che le imputazioni di cui ai reati fine riguardano episodi di cessione di sostanza
stupefacente. Peraltro questa Corte ha avuto modo di precisare che il delitto di
associazione finalizzata al commercio di sostanze stupefacenti, previsto dall’art. 74 del
d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309, può essere ravvisato anche nel vincolo che lega il
fornitore e i venditori al minuto delle sostanze illecite, quando l’attività di questi ultimi è
posta in essere avvalendosi continuativamente e consapevolmente delle risorse
dell’organizzazione, con la coscienza di farne parte, in modo tale che l’attività di spaccio
rappresenti un contributo causale volontario alla realizzazione del fine di profitto del
sodalizio criminoso (cfr. Sez. 6, n. 41717 del 06/11/2006, Rv. 235589 )
Quanto alla questione relativa ai cd. brogliacci la decisione della Corte territoriale è
conforme ai principi enunciati dai giudici di legittimità secondo cui in sede di giudizio
abbreviato, il giudice può valutare le trascrizioni sommarie compiute dalla polizia
giudiziaria sul contenuto delle conversazioni telefoniche intercettate, essendo utilizzabili
ai fini della decisione tutti gli atti che siano stati legittimamente acquisiti al fascicolo del
pubblico ministero (cfr. Sez. 5, n. 20055 del 26/03/2013, Rv. 255655)
Mastronardi Massimiliano : è stato ritenuto responsabile del reato associativo nonché
dei reati fine di cui al capo 13) e 21). Per quanto riguarda l’ipotesi associativa si rinvia
alle considerazioni già svolte in precedenza. Manifestamente inconsistenti sono le
osservazioni difensive concernenti la sua identificazione. Il giudice di prime cure ha
infatti motivato in modo esaustivo in ordine alla corrispondenza dei nomignoli utilizzati
nel corso delle conversazioni intercettate con il Mastronardi ed in ordine agli incontri
presso l’abitazione del Letizia al fine di effettuare la consegna dello stupefacente.
Quanto al contenuto delle intercettazioni- sulla cui base, ma non solo, è stato fondato il
giudizio di responsabilità*– i giudici di merito, hanno fornito una non arbitraria lettura
del contenuto delle operazioni intercettive, corroborata dagli esiti del servizio di
osservazione diretta cui hanno proceduto gli operanti, sviluppando argomenti che non
possono essere rinnovati in questa sede. E’ in particolare incontroverso che il
significato attribuito al linguaggio eventualmente criptico utilizzato dagli interlocutori, e
la stessa natura convenzionale conferita ad esso, costituiscono valutazioni di merito
insindacabili in cassazione; mentre la censura di diritto può riguardare soltanto la logica
della chiave interpretativa, nel senso che le valutazioni effettuate dal giudice di merito
sul contenuto delle comunicazioni intercettate sono censurabili in sede di legittimità se
ed in quanto si fondino su criteri interpretativi inaccettabili ovvero quando applichino
scorrettamente tali criteri (Sezione IV, 11 marzo 2009, Bilardi). Sotto questo profilo,
non è ammissibile il vaglio in questa sede.
Coerente si presenta quindi l’iter motivazionale della sentenza impugnata e del tutto in
sintonia con gli elementi probatori acquisiti, che le deduzioni del Mastronardi non
valgono a sminuire, laddove non si presentino improponibili in sede di legittimità in
quanto tendenti a proporre una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
contestata decisione ed una diversa ricostruzione e valutazione degli stessi
Paolini Giorgio : è stato condannato per il reato associativo nonché per il reato di
spaccio di cui al capo 15). Per la posizione di questo imputato si rimanda in toto alle
considerazioni già svolte in relazione agli altri ricorsi. Va aggiunto che la sentenza
impugnata lungi dall’assimilare tout court la posizione del Paolini a quella dei coimputati
Letizia e Mastronardi, ha puntualmente evidenziato come- sulla base dei colloqui captati
nel corso delle intercettazioni ambientali effettuate sulla BMW targata DL790TD da lui
utilizzata- il ricorrente risultasse non solo a conoscenza dei traffici facenti capo al
Letizia, ma anche pronto a fornire la propria disponibilità per la consumazione dei reati
fine, specie con riferimento a rilevanti quantità.

Per quanto concerne la questione di legittimità costituzionale, osserva la Corte come la
stessa sia da ritenersi manifestamente infondata. L’art. 74 D.P.R. n. 309/1990
prevede al COITffila 1, per chi promuove, costituisce, dirige, organizza o finanzia
un’associazione volta al traffico illecito di stupefacenti, “la reclusione non inferiore a
venti anni”; al co. 2, “la reclusione non inferiore a dieci anni” per chi partecipa
all’associazione. Entrambe le norme non individuano espressamente il massimo della
pena. Esso rimane quindi fissato dalla disposizione dell’art. 23 C.P. che determina, in
via generale e salvo le particolari previsioni delle singole incriminazioni, i limiti entro i
quali si estende la pena della reclusione (nel massimo, 24 anni). Ne segue che la pena
detentiva edittale è compresa tra i 20 ed i 24 anni per gli organizzatori, dirigenti,
promotori, finanziatori dell’associazione volta al narcotraffico; tra i 10 ed i 24 anni per i
partecipanti ad altro titolo. La disciplina della materia, che risponde a valutazioni
politiche circa la pericolosità sociale del fenomeno e l’adeguatezza dei mezzi repressivi
apprestati, rientra tipicamente nella discrezionalità legislativa ed è censurabile, in base
al principio costituzionale di uguaglianza, soltanto in caso di manifesta irragionevolezza
che non sussiste nel caso di specie. Ed invero la pericolosità della condotta e la gravità
della lesione recata all’interesse protetto dalla norma incriminatrice dipendono non
soltanto dalla posizione rivestita dall’associato nell’organizzazione, ma anche dalle
caratteristiche strutturali di questa: ad esempio, può essere ben più grave la mera
partecipazione ad un gruppo saldamente organizzato che rifornisca con continuità ed in
ingenti proporzioni il mercato di sotanze altamente tossiche, anziché l’organizzazione
di un sodalizio destinato ad operàl’er/TriVrmitte~ con ridotti quantitativi di
stupefacente di minore tossicità e attitudine a procurare dipendenza. Non vi è dunque
alcuna palese irragionevolezza nel prevedere tale forbice edittale, che, ferma restando
la possibilità di un più benevolo trattamento sanzionatorio nell’ipotesi di mera
partecipazione, questa, nei casi più gravi, possa essere assoggettata alle stesse pene
previste per più rilevanti contributi a livello organizzativo. Riconosciuta pertanto la
ragionevolezza della disciplina legislativa viene conseguentemente a cadere la
possibilità di ravvisare un contrasto con gli altri parametri costituzionali invocati. Il
ricorrente peraltro non chiarisce come il trattamento sanzionatorio adottato dal
legislatore possa dar luogo ad una abnorme ed ingiustificata afflittività, o porsi in
contrasto con la funzione rieducativa della pena.
Salvatori Gianluca: è stato condannato per il reato di cui al capo 20) perché in
concorso con altro coimputato e Gambacurta Tiziano deteneva al fine di spaccio
sostanza stupefacente del tipo cocaina rinvenuta all’interno dell’autovettura Ford Fiesta
targata AX 194VD. Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente la sentenza
impugnata ha dato pienamente conto delle doglianze sollevate in sede di gravame,
ponendo in rilievo da un lato come fosse incontestata la presenza del medesimo a bordo
dell’autovettura, dall’altro come lo stesso anziché dissociarsi dai coimputati, partecipava
alla fuga in auto e si rifugiava all’interno di uno stabile. Va peraltro precisato che a
riguardo il giudice di prime cure ((va evidenziato che – come da costante
giurisprudenza di questa Corte – cfr. ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 13926 del
01/12/2011, Valerio, Rv. 252615- , le sentenze di primo e di secondo grado si saldano
tra loro e formano un unico complesso motivazionale, qualora – come avvenuto nel
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4. Polo Nunzio : è stato ritenuto responsabile del reato associativo e del reato fine di cui
al capo 21. Anche in questo caso si rimanda alle considerazioni già svolte e a quelle
svolte in prosieguo quanto alla determinazione della pena. Va peraltro aggiunto – con
riferimento allo specifico motivo di gravame- che il principio dell’oltre ogni ”
ragionevole dubbio”, introdotto nell’art. 533 cod. proc. pen. dalla legge n. 46 del 2006,
non ha comunque mutato la natura del sindacato della Corte di cassazione sulla
motivazione della sentenza e non può, quindi, essere utilizzato per valorizzare e
rendere decisiva la duplicità di ricostruzioni alternative del medesimo fatto,
eventualmente emerse in sede di merito e segnalate dalla difesa, una volta che tale
duplicità sia stata oggetto di attenta disamina da parte del giudice dell’appello. Sez. 5,
n. 10411 del 28/01/2013 Ud. (dep. 06/03/2013) Rv. 254579

Tanto premesso vanno comunque esaminati i profili di novità (espressamente richiamati
da alcune delle difese ed in particolare con i “motivi nuovi” depositati nell’interesse di
Falzetti Tiziana), rilevanti per la presente vicenda con riferimento alle imputazioni
relative alle cd. droghe “leggere”, collegati alla decisione n. 32 del 12 febbraio 2014 del
giudice delle leggi che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4vicies ter del decreto legge 30 dicembre 2005 n. 272convertito, con modificazioni,
dall’art. 1 comma 1 della legge 21 febbraio 2006, n. 49, avuto riguardo alla carenza dei
presupposti ex art. 77, secondo comma, Cost.
Da ciò la conseguenza che, a seguito della caducazione delle disposizioni impugnate,
debbono tornare ad essere applicate l’art. 73 del d.P.R. n. 309/1990 nella formulazione
ante novella del 2006 e le relative tabelle, in quanto mai validamente abrogate.
La Corte Costituzionale, infatti, una volta stabilito che, dichiarata l’illegittimità
costituzionale delle disposizioni impugnate, riprende applicazione l’art. 73 del d.P.R. n.
309/1990 nel testo anteriore alle modifiche con queste apportate, ha osservato che,
mentre esso prevedeva un trattamento sanzionatorio più mite, rispetto a quello
caducato, per gli illeciti concernenti le cd. “droghe leggere” (puniti con la pena della
reclusione da due a sei anni e della multa, anziché con la pena della reclusione da sei a
venti anni), viceversa stabiliva sanzioni più severe per i reati concernenti le cd. “droghe
pesanti”(puniti con la pena della reclusione da otto a venti anni, anziché con quella da
sei a venti anni).
La stessa Corte ha inoltre ritenuto opportuno chiarire, quanto agli effetti sui singoli
imputati, che è compito del giudice ordinario, quale interprete delle leggi, impedire che
la dichiarazione di illegittimità costituzionale vada a detrimento delle relative posizioni
giuridiche, tenendo conto dei principi in materia di successioni di leggi penali nel tempo
ex art. 2 c.p., che implicano l’applicazione della norma penale più favorevole al reo.
Deve conseguentemente ritenersi che la disciplina dei reati de quibus contenuta nel
d.P.R. n. 309/1990, nella versione precedente alla novella del 2006 e nella specie più
favorevole (trattandosi anche di droghe leggere) debba essergli applicata dal giudice di
merito in sede di giudizio di rinvio, in punto di determinazione della sanzione.
5. La gravata sentenza va quindi annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio nei
confronti di Vellei Marco, Carisi Giuseppe, Letizia Roberto, Mastronardi Massimiliano,
Polo Nunzio e Falzetti Tiziana in relazione ai capi 3, 10,12 e 21, con rinvio alla Corte
d’Appello di Roma per nuovo esame sul punto.

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i giudici di appello abbiano esaminato le censure proposte
caso di speciedall’appellante con criteri omogenei a quelli usati dal primo giudice e con frequenti
riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai fondamentali passaggi logico-giuridici della
decisione) ha sottolineato il ruolo di massima rilevanza svolto dal Salvatori nella
commissione del reato, avendo questi, oltre ad aver direttamente preso parte alle
operazioni di consegna dello stupefacente, provveduto a ricercare i mezzi di trasporto
contattando il “trasportatore” Gori.
Per quanto concerne le doglianze attinenti al trattamento sanzionatorio, la decisione
della Corte territoriale risulta sorretta da adeguata e coerente motivazione, facendo uso
corretto dei poteri discrezionali loro attribuiti dalla legge. Peraltro il ricorrente a
sostegno del relativo motivo fa riferimento al ruolo assolutamente non decisivo dallo
stesso svolto, il che è da escludersi in ragione delle considerazioni sopra formulate.
Vellei Marco: è stato condannato – all’esito del giudizio di appellorper i soli reati di cui
ai capi 10) e 12). La gravata sentenza è pervenuta alla conferma del giudizio di penale
responsabilità sulla base dell’inequivoco contenuto di alcune intercettazioni riportate
nella sentenza di primo grado e delle attività di osservazione, pedinamento e controllo
effettuato dagli operanti che consentivano di sequestrare in entrambi gli episodi
sostanza stupefacente. I motivi di gravame appaiono peraltro assolutamente generici e
tesi, a ben vedere, ad una rinnovata valutazione degli elementi probatori posti a base
del giudizio di responsabilità inammissibile in questa sede, a fronte peraltro di una
motivazione ampia ed esaustiva e scevra da vizi di legittimità.

Al rigetto dei ricorsi di Salvatori Gianluca, Cosso Andrea, Brusca Antonio, Fazzari Enzo e
Paolini Giorgio consegue la condanna dei medesimi al pagamento delle spese
processuali
P. (2, m

Così deciso nella camera di consiglio del 4 marzo 2014

IL CONSIGLIERE ESTENSORE

annulla la sentenza impugnata, limitatamente al trattamento sanzionatorio, nei
confronti di Vellei Marco, Carisi Giuseppe, Letizia Roberto, Mastronardi Massimiliano,
Polo Nunzio e Falzetti Tiziana in relazione ai capi 3, 10,12 e 21. Rigetta i ricorsi dei
suddetti nel resto e rinvia alla Corte d’Appello di Roma per nuovo esame sul punto
indicato.
Rigetta i ricorsi di Salvatori Gianluca, Cosso Andrea, Brusca Antonio, Fazzari Enzo e
Paolini Giorgio che condanna al pagamento delle spese processuali_

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