Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32094 del 02/07/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 32094 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: IANNELLI ENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DE LUCA LUIGI N. IL 24/10/1964
avverso l’ordinanza n. 623/2014 TRIB. LIBERTA’ di ROMA, del
13/03/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENZO IANNELLI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Udit i difensor Avv.;

Data Udienza: 02/07/2014

Letti gli atti, la ordinanza impugnata, il ricorso, nonché due memorie difensive depositate il 16.6 ed
il 26.6.2014;
Udita la relazione del cons. Enzo Jannelli;
Udite le conclusioni del S. Procuratore generale,Giulio Romano, per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore dell’imputato, avv.to Massimo Danisi, che ne chiede l’accoglimento.
-1-Tramite difensore, De Luca Luigi, già sottoposto alla misura coercitiva del divieto di avvicinamento
alla persona offesa perché indagato del delitto di circonvenzione di persona incapace ex art. 643
c.p.,ricorre per cassazione avverso l’ ordinanza data 10/21.3.2014 del tribunale di Roma che, in sede
di riesame,disponeva la sostituzione della misura come sopra adottata dal gip del tribunale di Roma
in data 11.11.2013 con l’ obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
-2- Tramite difensore l’ indagato ricorre prospettando situazioni di fatto che deporrebbero per una
condotta del tutto lecita nei confronti della persona offesa. In particolare con le memorie richiama le
due procure speciali rilasciate dalla persona offesa per le vendite ed acquisti immobiliari secondo i
desiderata della p.o., Pandolfi Patrizio, nel rispetto delle norme civilistiche correlate alle procure,
nonché rimarca che il denaro ricavato dalla vendita dell’ immobile di proprietà del predetto, gli era
stato regolarmente consegnato.
-3- Il ricorso è inammissibile per svolgere la difesa il racconto di una versione di fatti, alternativa a
quella posta a base della motivazione del provvedimento impugnato, senza porre alcuna attenzione
alla motivazione che lo sorregge, senza alcuna indicazione di criteri di ragione alternativi e di
elementi nuovi, diversi o non considerati dai giudici del merito.
Premesso che alcuna attenzione è riservata alla parte dell’ ordinanza che sottolinea l’ incapacità
della persona offesa, Pandolfi Fabrizio, affetto da demenza senile, incapace di amministrare se
stesso, i giudici di merito, in base ad atti documentali, descrivono le rovinosa operazione
immobiliare alla quale la persona offesa era stata indotta dall’ imputato consistita nell’ indurla a
vendere degli immobili in Roma e nell’acquistare altro immobile a Sacrofano con condizioni del
tutto svantaggiose. Non solo: il corrispettivo della vendita dell’ immobile romano era stato
consegnato all’ imputato, che si era procurato una procura speciale rilasciatagli dalla persona
offesa, il rogito,poi, relativo al villa di Sacrofano non era stato stipulato. E’ pur vero- rilevano i
giudici della cautela- che in base ad una scrittura privata, peraltro redatta dall’ imputato, e dal
fratello suo correo, risulterebbe che le somme sono state consegnate alla fine al Pandolfi, ma tale
possesso costituirebbe un post factum, per recare la scrittura privata una data successiva alla
emissione dell’ ordinanza cautelare. A fronte di una tale ricostruzione dei fatti, giustificata dalla
analisi di documenti contrattuali, da matrici di assegni circolari e da documenti bancari, la difesa
oppone, con scarso riferimento al discorso giustificativo giudiziale, una ricostruzione fattuale
alternativa e ,come tale, inammissibile sul versante della legittimità. In altra sede, improntata ai
valori della certezza processuale, e non già a quelli, propri della fase investigativa e cautelare, il
discorso più approfondito e calato nel merito potrà convenientemente svolgersi, ferma restando allo
stato la logicità e la coerenza dell’argomentare giudiziale nel contesto di uncerifica che deve per
legge svolgersi e solo sul piano della legittimità.
La parte privata che ha proposto il ricorso deve essere condannata al pagamento delle spese del
procedimento, nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità, al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille euro, così
equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di mille euro alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 2.7. 014.

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