Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32091 del 02/07/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 32091 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: IANNELLI ENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MOROS VEGA JESUS ENRIQUE N. IL 23/05/1972
avverso l’ordinanza n. 2268/2013 TRIB. LIBERTA’ di TORINO, del
13/12/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENZO IANNELLI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 02/07/2014

Letti gli atti, la ordinanza impugnata, il ricorso;
Udita la relazione del cons. Enzo Jannelli;
Udite le conclusioni del S. Procuratore generale, Giulio Romano, per il rigetto del ricorso.
– 1- Tramite difensore Moros Vega Jesus Enrique, già in custodia cautelare per i delitti di
associazione a delinquere e rapina impropria in forza dell’ ordinanza datata 3.7.2013 emessa dal gip
del tribunale di Novara, ricorre per cassazione avvero l’ ordinanza 13/16.12.2013 del tribunale di
Torino che,in sede di riesame, oltre a condividere il discoro giustificativo del primo giudice in
merito alla sussistenza della gravità degli indizi ed alla sussistenza delle esigenze cautelari, rigettava
l’ istanza volta a far dichiararel’ inefficacia della misura per la decorrenza dei termini di custodia
cautelare ai sensi dell’art. 297 comma 3 c.p.p.
-2- Era pur vero- rilevano i giudici della cautela-che l’ indagato si trovava n stato di custodia
cautelare fin dal 14.8.2012 in forza di due titoli custodiali, succedutisi nel tempo per due delitti di
furto, ed emessi rispettivamente dal gip del tribunale di Savona, il primo in seguito ad un pregresso
fermo di p.g., dal gip del tribunale di Como il secondo, e che i predetti reati erano riconosciuti
come reati-fine dell’associazione a delinquere successivamente contestata. Ma non poteva tenersi
conto del pregresso periodo di custodia cautelare di 15 mesi decorso alla data della esecuzione- il
12.11.2013- dell’ ordinanza , oggetto del riesame, per il fatto che alla data delle prime due
ordinanze applicative della misura coercitiva, i gip di Como e di Savona non potevano essere a
conoscenza che i delitti per cui procedevano si inserivano nel programma criminoso indefinito
proprio della associazione successivamente contestata dal gip del tribunale di Novara.
-3- Con l’ unico motivo di ricorso si censura l’ ordinanza nella parte relativa al disconoscimento
del decorso del termine di custodia cautelare e, ancor prima, della condizionante contestazione a
catena: premesso che la valutazione della decorrenza del termine non è impedita dal passaggio in
giudicato delle sentenza correlate alle due prime ordinanza cautelari, e premesso ancora che la
condizione della desumibilità ex actis dei fatti successivi a quelli per i quali è intervenuta la prima
ordinanza cautelare ia riferimento al procedimento successivo correlato all’ ordinanza in relazione
alla quale si deduce a decorrenza del termine di carcerazione preventiva, la difesa rimarca il fatto
che l’ accertamento del reato associativo è intervenuto il 23.9.2012, in data antecedente al rinvio a
giudizio, disposto il 14.12.2012, per il reato satellite oggetto dell’ originaria ordinanza cautelare.
Per essere quindi i fatti desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio disposto per il fatto con il
quale sussiste connessione qualificata, si rende operativa a tutti gli effetti il divieto imposto dall’art.
293 comma 3 c.p.p. della elusione del termine di carcerazione preventiva attraverso la contestazione
a catena.
-4- Il ricorso non è fondato. Certo erra il giudice del riesame allorchè ritiene che la desumibilità
dagli atti dei fatti in connessione qualificata oggetto di distinti procedimenti deve riferirsi al giudice
del primo procedimento nel cui contesto è stata emessa la prima ordinanza cautelare. E’ invece il
giudice che ha emesso la successiva ed in relazione alla quale si pone il problema della decorrenza
del termine che avrebbe dovuto desumere la connessione qualificata e quindi valutare la scadenza o
meno e comunque la decorrenza del termine di custodia. Ora nel caso di emissione nei confronti di
un imputato di più ordinanza in diversi procedimenti che dispongono la medesima misura cautelare
per fatti diversi ma in connessione qualificata, per continuazione, concorso materiale o vincolo
teleologico, la retrodatazione della secondo misura opera dall’ inizio della prima, non in via
automatica, come avviene nell’ ipotesi in cui le ordinanze sono emesse nello stesso procedimento,
ma solo per i fatti desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio nel procedimento in cui è stata
emessa la prima ordinanza cautelare alla stregua di quanto stabilito dall’ad, 297 comma 3 seconda
parte c.p.p (S.U., 22.3/10.6.2005, P.M. in proc.Rahulia e a., Rv. 231058). Di conseguenza deve
rilevarsi che in tema di contestazione a catena, come l’accertamento della esistenza della
connessone qualificata costituisce apprezzamento riservato, quanto alla valutazione del materiale
probatorio o indiziario, al giudice di merito che deve adeguatamente motivare il proprio
convincimento, parimenti la.valutazione circa la “desumibililità dagli atti” compete al giudice di
merito, perché richiede l’esame e la valutazione degli atti ed una ricostruzione dei fatti, attività

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla
cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94-1 ter disp. Att. C.P.P.
Così deciso in Roma il 2.7.2 114.

precluse al giudice di legittimità”, 94:11 non censurabile in sede di legittimità se adeguatamente e
logicamente motivata.
Ora, nel caso specie la desumibilità dagli atti è in re ipsa per dare atto l’ ordinanza cautelare, con
riferimento ai reati per i quali è intervenuta per prima la carcerazione preventiva, della loro veste
di reati-fine della associazione in ordine al quale delitto è intervenuta solo successivamente la
custodia cautelare. Ma la ratio dedidendi del ricorso rinviene il criterio di risoluzione nella
considerazione che il delitto associativo, per il suo carattere permanente, non può dirsi certo
consumato in data anteriore alla emissione della prima ordinanza cautelare,come pur impone il
dettato dell’art. 297 comma 3 c.p.p. per dar luogo alla retrodatazione dei termini di custodia
cautelare. Invero è principio gurisprudenziale più volte ribadito che in tema di associazione per
delinquere, l’arresto dell’associato non costituisce causa interruttiva della permanenza del delitto di
partecipazione, semplice o qualificata, all’associazione, perché non dimostra la cessazione della
condotta antigiuridica che ben può persistere, sia sotto il profilo materiale sia sotto quello morale
nello stato di detenzione che non impedisce neanche di concepire, organizzare ed eseguire un delitto
servendosi di altri operatori. Il Collegio ritiene di aderire a tale orientamento. Peraltro gli stessi
giudici di merito cautelare hanno ritenuto che,malgrado la detenzione pregressa per i due reati come
sopra indicati, la partecipazione alla associazione a delinquere dell’ imputato non era venuto meno
tanto che l’ ordinanza cautelare li menziona, quei reati, come dimostrativi della persistenza di una
associazione per l’appunto contestata come” accertata in Novara e altrove il 13.9.2012 e tutt’ ora
in corso”. Sul punto non è dato rilevare alcuna osservazione critica nei motivi di ricorso.

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