Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32090 del 08/07/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 32090 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

Data Udienza: 08/07/2014

SENTENZA
Sul ricorso proposto nell’interesse di NOUAMAN

GNOAN ADEBANI

Joseph, n. in Costa d’Avorio il 15/01/1993, rappresentato e assistito
dall’avv. Andrea Frigo, avverso la sentenza della Corte d’Appello di
Brescia, prima sezione penale, n. 2474/2013 in data 07.11.2013;
rilevata la regolarità degli avvisi di rito;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Andrea Pellegrino;
sentite le conclusioni del Sostituto procuratore generale dott.ssa
Elisabetta Cesqui che ha chiesto di dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 20.06.2013, il Tribunale di Brescia dichiarava
l’odierno ricorrente responsabile del reato continuato ascrittogli (artt.

1

61 n. 5, 81 cpv., 110 e 628, commi 1 e 3 n. 1 cod. pen.) e,
concessegli le circostanze attenuanti generiche con giudizio di
equivalenza alle contestate circostanze aggravanti, lo condannava
alla pena di anni tre e mesi quattro di reclusione ed euro 800,00 di
multa. I fatti, ricostruiti sulla base delle dichiarazioni delle persone
offese nonché dei testi Boglioni e m.11o Stargiotti, possono così
sintetizzarsi: i coniugi Ondelli Bruna, di anni 85 e Menta Mario, di

anni 88, invalido su sedia a rotelle, dichiaravano di essere stati
aggrediti alle spalle mentre stavano rientrando in casa attraverso il
portone d’ingresso la sera del 12 ottobre 2012, da due individui, uno
dei quali aveva afferrato la collana d’oro indossata dal Menta e lo
aveva colpito con calci alle gambe e colpi al volto, mentre un
secondo individuo si era avventato contro la Ondelli e le aveva
rubato una catenina d’oro; la Ondelli aveva anche reagito
all’aggressione ed aveva trattenuto per la giacca il rapinatore il quale
si era divincolato procurandole una ferita alla mano. Durante
l’aggressione, la donna chiamava aiuto sicchè in brevissimo tempo
attirava l’attenzione di Boglioni Andrea, residente nella palazzina al
primo piano, che, precipitatosi sul posto, osservava chiaramente due
uomini mentre si allontanavano dai luoghi a bordo di un ciclomotore
modello Booster; il teste precisava che uno dei due indossava in
casco integrale bianco ed era di carnagione chiara, mentre il secondo
era senza casco ed era nero di carnagione e di corporatura esile. Il
Boglioni, resosi conto che i due erano i rapinatori, si metteva al loro
inseguimento ponendosi alla guida della sua auto Panda dopo essersi
recato in casa per prenderne le chiavi. Nel tentativo di rintracciare i
due aggressori, il Boglioni, approfittando del fatto che la strada era
priva di traffico, si dirigeva verso via S.Zeno ed ivi incrociava due
uomini a bordo di due distinti ciclomotori, uno dei quali di marca
Booster a bordo del quale vi era un giovane di colore che non
indossava il casco ed aveva un abbigliamento scuro, simile a quello
indossato da uno dei rapinatori; l’altro individuo, a bordo dell’altro
ciclomotore, indossava un casco integrale bianco. Il Boglioni si
avvicinava ai due e lampeggiava con i fari in loro direzione;
entrambi, anziché fermarsi, acceleravano ma, nel corso della fuga, il
conducente del Booster rovinava per terra; nel frangente il Boglioni
aveva modo di vederlo in volto non riuscendo a fermarlo in quanto lo

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stesso si dava alla fuga: peraltro il Boglioni riconosceva con certezza
in fotografia l’imputato quale persona che era fuggita,
riconoscimento che veniva ripetuto con medesimo esito in
dibattimento.
2.

Avverso la sentenza di primo grado, nell’interesse dell’imputato,
veniva proposto appello. Con sentenza della Corte d’Appello di
Brescia in data 07.11.2013, il gravame veniva respinto e la sentenza

3.

di primo grado confermata.
Avverso la sentenza di secondo grado, veniva proposto ricorso per
cassazione, lamentandosi – quale motivo unico – la violazione
dell’art. 606, comma 1 lett. e) cod. proc. pen. per mancanza e
manifesta illogicità della motivazione in ordine all’affermazione della
penale responsabilità dell’imputato. In particolare, si evidenzia come
il teste Boglioni non avesse in alcun modo individuato l’imputato
quale uno dei due autori della rapina, dal momento che
l’individuazione dallo stesso effettuata ha riguardato unicamente il
soggetto di colore che il testimone ha visto cadere dal ciclomotore in
un momento ben successivo alla stessa rapina. Si osserva inoltre
come, ove si voglia considerare che l’intervallo di tempo tra la caduta
del giovane di colore dal motorino ed il suo successivo
allontanamento dev’essere stato necessariamente brevissimo, ci si
può ben chiedere – sostiene il ricorrente – come e quanto tempo il
teste abbia avuto modo di soffermarsi sul tratti del giovane e quindi
di memorizzarli, tanto più ove si ricordi che lo stesso teste ha
candidamente ammesso come “i ragazzi di colore sono più o meno
tutti uguali”. Inoltre, risultando del tutto impossibile ipotizzare quali
possano essere state le motivazioni della persona portante il casco
bianco (rimasta del tutto ignota), non poteva non evidenziarsi come
il soggetto di colore non indossasse il casco, era ormai buio ed il
tutto avveniva in una zona scarsamente frequentata. Si evidenziava
infine come la Corte di merito non avesse in alcun modo trattato
l’ulteriore doglianza formulata con l’atto di appello relativa al fatto
che fosse del tutto illogico che, nel lasso di tempo intercorso tra la
commissione della rapina ed il momento in cui il teste Boglioni
avvistò le due persone a bordo dei due distinti motocicli, i due
presunti autori della rapina, in luogo di allontanarsi il più possibile
dai luoghi del commesso reato, avessero percorso soltanto poco più

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di un chilometro.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4.

Il ricorso, che propone censure in fatto, è manifestamente infondato
e, come tale, immeritevole di accoglimento.

5.

Prima di passare alla trattazione dei motivi di doglianza, si rende

doveroso premettere come lo sviluppo argomentatívo della
motivazione della sentenza impugnata, da integrarsi con quella di
primo grado, risulti fondato su una coerente analisi critica degli
elementi di prova e sulla loro coordinazione in un organico quadro
interpretativo, alla luce del quale appare dotata di adeguata
plausibilità logica e giuridica l’attribuzione a detti elementi del
requisito della sufficienza, rispetto al tema di indagine concernente la
responsabilità del ricorrente in ordine al delitto a lui contestato. La
motivazione della sentenza impugnata supera quindi il vaglio di
legittimità demandato a questa Corte, alla quale non è tuttora
consentito di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti magari
finalizzata, nella prospettiva “finale” del ricorrente, ad una
ricostruzione dei medesimi in termini diversi da quelli fatti propri dal
giudice del merito. Di contro, le censure genericamente proposte dal
ricorrente si profilano inammissibili posto che, con le stesse, si
muovono non già precise contestazioni di illogicità argomentativa,
ma solo sostanziali doglianze di merito, non condividendosi dal
ricorrente le conclusioni attinte ed anzi proponendosi, di fatto,
versioni più persuasive di quelle dispiegate nella sentenza
impugnata.
6.

Fermo quanto precede, rileva il Collegio come la sentenza impugnata
– con motivazione esauriente, logica, non contraddittoria, come tale
esente da vizi rilevabili in questa sede e comunque idonea a
“superare” ampiamente le censure proposte con il presente ricorso focalizza due elementi essenziali in chiave accusatoria. In particolare,
si afferma: “il primo punto fermo è che il Boglioni, che aveva sentito
la signora Ondelli urlare e chiedere aiuto, si è precipitato per vedere
cosa fosse successo, apprendendo che le due persone offese erano
state appena rapinate e ricevendo l’indicazione dove fossero scappati
i malviventi; quindi, avendoli rincorsi, li aveva visti scappare … e li

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aveva notati, direttamente salire a bordo di un ciclomotore Booster;
soprattutto il Boglioni ha affermato, con estrema precisione, che uno
dei due era snello, di colore ed indossava vestiti scuri, mentre il
secondo ragazzo era bianco ed indossava un casco integrale bianco.
Quando, dopo qualche minuto, il Boglioni, messosi all’inseguimento
dei rapinatori in via S.Zeno, approfittando del traffico praticamente
inesistente, incrocia due motorini, entrambi Booster, la sua

attenzione viene attirata dal fatto che, seppure a bordo di due diversi
mezzi e non di uno solo, i due presentano caratteristiche del tutto
analoghe ai due rapinatori visti fuggire, vale a dire uno è di colore,
snello e con vestiti scuri, e l’altro è bianco ed indossa un casco
integrale bianco. Vi è quindi, una evidente identità di caratteristiche
fisiche e di indumenti dei due rapinatori, caratteristiche per di più
inusuali soprattutto con riferimento al tipo di ciclomotore condotto, al
casco di colore bianco indossato dal ragazzo di carnagione chiara e
alle caratteristiche fisiche del ragazzo di colore. Ma vi è un secondo
elemento essenziale. Il Boglioni cerca di fermare i due ciclomotori,
che procedono insieme, azionando visibilmente i fari, ma i due
motorini, si noti entrambi, si danno alla fuga; in tale frangente il
Boglioni vede molto bene in faccia il ragazzo di colore che cerca di
scappare e lo riconosce con sicurezza in fotografia ed in aula.
Orbene, è pur vero che il teste ha riconosciuto nell’odierno imputato
il ragazzo di colore che ha cercato di scappare, ma questo ragazzo è
quello che stava scappando con altro ragazzo non di colore che
indossava il casco integrale bianco, caratteristiche identiche a quelle
dei due rapinatori visti fuggire subito dopo il fatto. Né ha rilievo
l’affermazione secondo la quale l’imputato poteva essere scappato
per paura di essere fermato in quanto senza casco, poiché insieme a
lui stava fuggendo, cambiando direzione ed imboccando una stradina
laterale, anche il suo amico con casco integrale bianco, identico a
quello di uno dei rapinatori, la cui fuga allora appare inspiegabile in
quanto indossava regolarmente il casco. Né ha pregio affermare che
il Booster a bordo del quale è stato visto scappare l’imputato era
diverso da quello utilizzato dai due rapinatori per la fuga in quanto i
due rapinatori, dopo essere andati in direzione località S.Zeno,
avevano rilevato l’altro Booster e a bordo dei due motorini si stavano
allontanando in direzione opposta a quella dapprima intrapresa per

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andare a prendere il secondo motorino. A ciò si aggiunga che il
traffico, al momento dell’inseguimento, era pressochè inesistente e,
quindi, deve ritenersi che il Boglioni non si sia confuso con altri
motorini o con altri mezzi; del resto, è circostanza del tutto insolita
che due ragazzi, uno di colore privo di casco ed uno non di colore
con casco integrale bianco si muovano insieme come avevano fatto
appena dieci minuti prima i due rapinatori con caratteristiche

La motivazione che precede appare assolutamente congrua ed
esente da vizi logico-giuridici.
7. Alla pronuncia di inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc.
pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle
ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti
dal ricorso, si determina equitativamente in euro 1.000,00

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla
Cassa delle ammende.
Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 8.7.2014

Il Consigliere estensore
Dott./
And a Pellegrino-

Il Presidente
Dott. Mario Gentile

praticamente identiche a bordo di un ciclomotore Booster …”.

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