Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32084 del 09/05/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 32084 Anno 2014
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: CAMMINO MATILDE

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
LETO Vincenzo n. Crotone il 4 gennaio 1962
avverso la sentenza emessa il 13 novembre 2012 dalla Corte di appello di Genova

Data Udienza: 09/05/2014

Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Matilde Cammino;
udita la requisitoria del pubblico ministero, sost. proc. gen. dott. Massimo Galli, che ha
chiesto il rigetto del ricorso;
osserva:

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Considerato in fatto
1. Con sentenza in data 13 novembre 2012 la Corte di appello di Genova ha
riformato parzialmente la sentenza emessa il 3 luglio 2008 dal giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Genova nei confronti di Leto Vincenzo dichiarando
l’improcedibilità dell’azione penale in ordine al reato di uso illecito di una carta
bancomat e di una carta di credito di provenienza furtiva perché estinto per

carte ed anche di una sim card Vodafone, con le già riconosciute circostanze
attenuanti generiche e con la riduzione per il rito abbreviato, in mesi dieci, giorni venti
di reclusione ed euro 400,00 di multa.

2. Avverso la predetta sentenza il Leto, tramite il difensore, ha proposto ricorso
per cassazione deducendo:
1) la violazione degli artt.178 lett.c) e 180 c.p.p. e, comunque, la mancanza di
motivazione in ordine alla richiesta difensiva, formulata nel giudizio di appello in sede
di conclusioni e non verbalizzata, di qualificare, “in subordine rispetto al primo motivo

di appello (derubricazione nell’ipotesi di cui all’art.647 c.p.)”, il fatto come furto; dai
tabulati telefonici prodotti si desumeva, infatti, che la sim card rubata era stata
utilizzata, nel luogo e nell’immediatezza del furto, in abbinamento al telefono in uso al
Leto; si chiede alla Corte di qualificare il fatto come furto semplice e di prosciogliere il
ricorrente per intervenuta prescrizione o in subordine di annullare la sentenza
impugnata con rinvio;
2) la violazione di legge per l’ingiustificata esclusione dell’ipotesi attenuata del
fatto di particolare tenuità, con conseguente determinazione della pena in misura
sproporzionata rispetto alla modestia del fatto;
3) la carenza di motivazione in ordine alla richiesta di sospensione condizionale
della pena.

Ritenuto in diritto
3. Il primo motivo è infondato.
La mancata qualificazione giuridica del fatto come furto -dedotta in sede di
conclusioni, a dire del ricorrente non verbalizzate sul punto, in via subordinata rispetto
al primo motivo di appello, con il quale era stata richiesta la qualificazione del fatto
come appropriazione indebita di cosa smarrita ai sensi dell’art.647 cod.pen.- concerne

(A,

prescrizione e rideterminando la pena per il residuo reato di ricettazione delle due

3
una questione che non era stata devoluta alla Corte territoriale con il gravame. E’ pur
vero che il giudice di appello, nell’esercizio del potere-dovere di procedere alla corretta
qualificazione giuridica del fatto, può, anche quando l’impugnazione sia stata proposta
dal solo imputato, dare al reato l’esatta definizione ancorché più grave di quella
attribuita dal giudice di primo grado, fermo restando l’obbligo di pronunciarsi soltanto
sul fatto sottoposto al suo esame, e salvo il divieto di reformatio in peius con

1997 n.6753, Finocchi; sez.VI 7 ottobre 1997 n.892, Ricci; sez.VI 5 novembre 2003
n.46805, Labella) e che rientra, inoltre, nei poteri officiosi della Corte di cassazione la
riqualificazione giuridica del fatto, purché non implichi lo svolgimento di accertamenti
di fatto incompatibili con il giudizio di legittimità (Cass. sez.II 26 febbraio 2010
n.14674, Salord). La Corte rileva tuttavia che, indipendentemente dall’asserita
mancata verbalizzazione di una richiesta formulata nel giudizio di appello solo in sede
di conclusioni, nell’atto di appello il difensore aveva sostenuto una tesi che contrastava
con quella della qualificazione giuridica come furto (il Leto, contumace nel giudizio di
primo grado e in appello, non aveva fornito nel corso dell’interrogatorio chiarimenti
sulle circostanze in cui era entrato in possesso della scheda sim utilizzata con il suo
telefono cellulare; solo in occasione della stesura dei motivi di gravame aveva
confidato al difensore di aver trovato abbandonato per strada il portafogli e di
essersene appropriato) e che, pertanto, l’eventuale diversa qualificazione del fatto
come furto costituiva una mera prospettazione difensiva divergente rispetto alla
versione difensiva dell’imputato riportata nell’atto di appello. Il riferimento contenuto
nel ricorso ai tabulati telefonici che proverebbero l’utilizzazione da parte del Leto, nel
luogo e nell’immediatezza del furto, della sim card contenuta nel portafogli rubato
implicherebbe peraltro da parte della Corte un accertamento di fatto che le è
precluso, senza tener conto del fatto che comunque il possesso ingiustificato delle

riferimento alla pena sotto il profilo della sua specie e quantità (Cass. sez.VI 4 giugno

cose sottratte sia pure a breve distanza temporale dalla commissione del furto non è
logicamente e concretamente incompatibile -in mancanza di indicazioni da parte
dell’imputato- con la cessione immediata delle carte di credito e telefoniche a persona
in grado di farne uso da parte degli ignoti autori del furto del portafogli.

4. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
Il riconoscimento dell’attenuante del fatto di particolare tenuità ai sensi
dell’art.648, secondo comma, cod.pen. non era stato richiesto con l’appello ed è
consolidato principio giurisprudenziale che non possono essere dedotte con il ricorso
per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di

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pronunciare perché non devolute alla sua cognizione (Cass. sez.II 19 aprile 2013
n.22362, Di Domenica; sez.V 23 aprile 2013 n.28514, Grazioli Gauthier; sez.I 20
dicembre 1993 n.2176, Etzi). Né spetta a questa Corte effettuare valutazioni di merito
in ordine alla sussistenza dei presupposti nel caso concreto per il riconoscimento
dell’attenuante del fatto di particolare tenuità, indicati peraltro nel ricorso solo in
maniera generica.

Effettivamente nella motivazione della sentenza impugnata non risulta essere
stato preso in considerazione il secondo motivo di appello con il quale, attesa la
modestia del precedente penale specifico, si chiedeva di riconoscere il beneficio della
sospensione condizionale della pena ai sensi dell’art.164, ultimo comma, cod.pen..
Si impone, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente
alla concedibilità della sospensione condizionale della pena, con rinvio ad altra sezione
della Corte di appello di Genova. Il ricorso va nel resto rigettato.
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata limitatamente alla concedibilità della
sospensione condizionale della pena, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello
di Genova. Rigetta nel resto il ricorso.
Roma 9 maggio 2014

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5. Il terzo motivo è invece fondato.

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