Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3208 del 20/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 3208 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: DI MARZIO FABRIZIO

Data Udienza: 20/12/2013

SENTENZA
Sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica di Torino nei confronti di
Pugliese Luigi, nato il 12.1.1990, e inoltre da quest’ultimo, avverso la
sentenza della Corte di appello di Torino del 22.5.2013. Sentita la relazione
della causa fatta dal consigliere Fabrizio Di Marzio; udita la requisitoria del
sostituto procuratore generale Fulvio Baldi, il quale ha concluso chiedendo che
il ricorso del PM sia rigettato, mentre il ricorso dell’imputato sia dichiarato
inammissibile. Udito il difensore dell’imputato, avv. Dionesalvi Salvatore il
quale si riporta ai motivi.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Torino, in parziale riforma
della sentenza pronunciata dal tribunale della medesima città in data 11 luglio
2012, assolto l’imputato da taluno dei delitti in contestazione, confermata per
il resto la penale responsabilità dello stesso, ha provveduto a rideterminare il
trattamento sanzionatorio.
Ricorre personalmente l’imputato lamentando lacunosite contraddittorietà
della motivazione con riguardo al giudizio di penale responsabilità per il delitto

1

di cui al capo A3 della imputazione, e provvedendo ad una interpretazione
alternativa delle emergenze istruttorie nonché ad una diversa ricostruzione
dei fatti.
Ricorre anche il pubblico ministero, lamentando violazione di legge circa la
pena determinata in aumento per la continuazione. Si lamenta che la corte di
appello abbia applicato l’indirizzo di questa corte di cassazione secondo la
quale l’aumento minimo di un terzo della pena stabilita per il reato più grave,

previsto dall’art. 81 c.p., comma 4, si applica solo quando l’imputato sia stato
ritenuto recidivo reiterato con una sentenza definitiva precedente e non anche
quando egli sia ritenuto recidivo reiterato in rapporto agli stessi reati uniti dal
vincolo della continuazione, del cui trattamento sanzionatorio si discute (vedi,
tra le decisioni più recenti, Cass., Sez. 1: 1.7/12.8.2010, n. 31735, Samuele;
22.4/11.5.2010, a 17928, P.G. in proc. Caniello; 2.7/11.8.2009, a 32625,
P.M. in proc. Delfino. Vedi pure Corte Cost., ordinanze nn. 193/2008 e
171/2009).
Ritiene infatti il ricorrente che tale orientamento si basi su ragioni
“inconsistenti”. Così sarebbe per l’argomento letterale, secondo cui riferendosi
la norma ai reati commessi dai soggetti ai quali sia stata applicata la recidiva
aggravata, dovrebbero restare esclusi gli imputati ai quali detta recidiva non
sia stata ancora applicata. Si rileva infatti che il giudizio sulla applicazione
della recidiva precede sempre, logicamente, quello della determinazione
dell’aumento di pena da portare per la continuazione: cosicché l’argomento
letterale non avrebbe valore. Così sarebbe, anche, per l’argomento
sistematico, per cui ritenendo applicabile l’art. 81 4 0 comma cod. pen. anche
nell’ipotesi di imputato dichiarato recidivo reiterato in rapporto agli stessi reati
uniti dal vincolo della continuazione, del cui trattamento sanzionatorio si
discute, la recidiva aggravata verrebbe ad operare due volte: ai fini della
limitazione del giudizio di bilanciamento delle circostanze; ai fini dell’aumento
di pena per la continuazione. Si ravvisa addirittura una contraddizione logica
in tale ragionamento perché proprio l’esigenza di individualizzare la pena
adeguandola al fatto concreto dovrebbe imporre l’applicazione dell’aumento di
pena stabilito dalla norma in esame a soggetti che si rivelano recidivi nello
stesso processo in cui si discute dell’applicazione di tale ulteriore aumento di
pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorsi sono manifestamente infondati.

2

Quello dell’imputato, perché si risolve in una mera critica fattuale della
decisione, di inammissibile valutazione in sede di legittimità. In particolare,
nel ricorso non si evidenzia in nessun modo una ipotetica illogicità
motivazionale né si evidenziano lacune argomentative; semplicemente si
contesta sullo stretto piano del merito la ricostruzione dei fatti e
l’interpretazione delle prove.
Manifestamente infondato è pure il ricorso del PM, nel quale sono giudicati

ragioni di critica.
È infatti sufficiente osservareche l’argomento letterale e l’argomento
sistematico concorrono ad una lettura ragionevole della disposizione, volta ad
evitare che le stesse circostanze di fatto valgano ad integrare due distinti
aumenti di pena: uno a titolo di recidiva e l’altro a titolo di continuazione. Non
è difficile avvedersi che mentre l’aumento di pena per la recidiva serve a
conformare in senso accrescitivo il trattamento al fatto, invece l’aumento di
pena per la continuazione serve a conformare in senso limitativo il
trattamento sanzionatorio. Entrambi operano quali criteri di adeguamento
della pena al fatto, ma ciascuno in direzione non soltanto autonoma ma anche
contraria rispetto all’altro. Da ciò discende l’evidente errore di diritto nel
ritenere che lo stesso fatto possa essere suscettibile di un giudizio in termini
di recidiva aggravata e di un aumento di pena a titolo di continuazione che
presupponga tale giudizio. Da ciò discende anche la manifesta illogicità della
critica svolta nel ricorso, che pur attenendo ad una questione di diritto si
mostra, per la sua stessa formulazione, radicalmente infondata.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna dell’imputato
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in
favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di
colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1000.
PQM

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna Pugliese Luigial pagamento delle
spese processuali edella somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle
ammende.

Così deliberato il 20.12.2013

inconsistenti gli argomenti di questa corte sulla base delle esposte sintetiche

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