Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32079 del 24/06/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 32079 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto dai difensori di:
De Paola Cengs, nato a Tricase, 11/8/1975;

avverso l’ordinanza dell’11/3/2014 del Tribunale di Lecce;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Giuseppe
Volpe, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
uditi per l’indagato gli avv.ti Luigi Corvaglia e Paolo Rizzo, che hanno concluso
chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.11 Tribunale di Lecce rigettava l’istanza di riesame proposta da De Paola Cengs
avverso il provvedimento con cui gli era stata applicata la misura cautelare della

Data Udienza: 24/06/2014

custodia in carcere per i reati di direzione e organizzazione di una frangia
dell’associazione mafiosa denominata Sacra Corona Unita guidata da Montedoro
Tommaso e ad una connessa associazione dedita al traffico di stupefacenti, nonché per
quelli di detenzione e cessione di sostanze stupefacenti ed estorsione, reati gli ultimi
tre aggravati ai sensi dell’art. 7 I. n. 152/1991.
2. Avverso l’ordinanza ricorre l’indagato a mezzo dei propri difensori articolando tre
motivi.

associazione di tipo mafioso e alla partecipazione del De Paola alla stessa, rilevando
come le conclusioni tratte in proposito dal Tribunale si fonderebbe su mere congetture
tratte dagli esiti di intercettazioni inidonee a sostenerle. Non di meno i giudici del
riesame non avrebbero fornito la prova autonoma di tutti i requisiti in grado di rendere
tipica la condotta dell’indagato, soprattutto con riguardo al ricorso al metodo mafioso,
finendo per dedurre la prova della partecipazione all’associazione dall’accertamento a
suo carico dei supposti reati fine. Sempre con il primo motivo viene conetstata la
configurabilità delle aggravanti di cui all’art. 7 I. n. 152/1991 e di cui all’art. 416 bis
comma 4 c.p., ribadendosi come alcuno specifico episodio di ricorso al metodo mafioso
da parte dell’indagato sia stato dimostrato e come l’eventuale disponibilità di un’arma
da parte di un singolo associato non costituisca elemento sufficiente per considerare
l’associazione armata.
2.2 Analoghi vizi della motivazione vengono dedotti con il secondo motivo in relazione
alla ritenuta sussistenza di gravi indizi della partecipazione del De Paola
all’associazione finalizzata al narcotraffico di cui al capo B) d’incolpazione. Osserva in
proposito il ricorrente come l’addebito sarebbe basato esclusivamente
sull’interpretazione degli esiti delle operazioni di intercettazione, cui vengono attribuiti
determinati contenuti in assenza di qualsiasi piattaforma fattuale esterna in grado di
giustificarli e comunque in difetto di qualsiasi indizio dell’adesione al De Paola al
sodalizio. Ancora una volta, poi, il Tribunale sarebbe incorso nell’errore di dedurre la
prova del reato associativo da quella dei reati fine. Anche con riguardo a questo
addebito il ricorrente contesta poi la configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 7 I.
n.152/1991 rilevando il difetto di indizi rivelatori dell’utilizzo da parte del De Paola del
metodo mafioso.
2.3 Con il terzo motivo il ricorrente lamenta ulteriori difetti di motivazione in merito al
reato di estorsione attribuito all’indagato, rilevando come dalle intercettazioni poste
alla base di tale contestazione non emerga alcun elemento idoneo a comprovare che
l’attività di guardiania venisse imposta agli stabilimenti balneari mediante il ricorso alla
violenza e alla minaccia, elementi imprescindibili per la sussistenza del reato

2.1 Con il primo deduce vizi motivazionali in merito alla affermata sussistenza di una

menzionato, o che giustifichi la configurabilità della solita aggravante di cui all’art. 7 I.
n. 152/1991.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato nei limiti che di seguito verranno illustrati.
2. Invero generiche e versate in fatto risultano le censure sollevate con il primo motivo

dal Tribunale, che in realtà non tengono conto dell’articolato discorso giustificativo
svolto dai giudici del riesame, contestando in maniera del tutto assertiva il significato
probatorio del compendio indiziario impegnato e risolvendosi sostanzialmente nel
tentativo di sollecitare il giudice di legittimità ad una rivalutazione del merito dello
stesso compendio che non gli è consentita (così è all’evidenza per le doglianze sulla
configurabilità dei legami solidaristici con la famiglia Leo o sulla presunta riferibilità del
significato delle intercettazioni alle dinamiche organizzative dell’associazione dedita al
narcotraffico, le quali peraltro non tengono conto di quanto verrà illustrato al punto
successivo).
2.1 In particolare, con riguardo al quadro indiziario comprovante la sussistenza degli
elementi tipici della fattispecie contestata, i giudici del riesame non si sono fondati
esclusivamente sulle conversazioni menzionate nel ricorso, ma su numerose altre
(descritte e valutate alle pp. da 53 a 66 dell’ordinanza) da cui hanno dedotto
l’assoggettamento dei gestori dei locali del litorale ionico al sodalizio, cui gli stessi si
rivolgevano (soprattutto attraverso l’odierno indagato) per ottenere protezione contro
furti e danneggiamenti, invece di affidarsi, come sarebbe stato normale aspettarsi,
all’autorità o a imprese legalmente operanti nel settore ovvero provvedendo in proprio
alla sorveglianza degli stabilimenti. Non di meno l’ordinanza pone in evidenza che dalla
conversazione tra il De Paola ed Esposito Alessandro intercettata il 26 settembre 2012
emerge come la richiesta di protezione fosse invero imposta e non frutto di spontanea
iniziativa del singolo imprenditore, tanto che il De Paola, nel lamentarsi del fatto che
un suo “collega” non si era ancora rivolto all’organizzazione, ricordava al suo
interlocutore come «ogni azione.., ha una conseguenza», frase dall’evidente contenuto
minaccioso e che correttamente i giudici del riesame hanno interpretato come
manifestazione del metodo mafioso.
2.2 La linea argomentativa così sviluppata – con la quale il ricorrente si è dunque
confrontato solo in parte – appare immune da qualsiasi caduta di consequenzialità
logica rilevabile in questa sede, atteso che l’anomala attività svolta dal sodalizio e le
modalità di instaurazione del rapporto tra questa e gli imprenditori coinvolti sono state
correttamente interpretate nel provvedimento come segni dell’esercizio del controllo
sul territorio di riferimento e dell’imposizione del governo sul medesimo da parte del

relative alla configurabilità del sodalizio mafioso ed alla univocità degli indizi valorizzati

sodalizio. Manifestamente infondata è infine la doglianza relativa alla configurabilità
dell’aggravante di cui all’art. 7 d.l. n. 152/1991, che, con riguardo al reato associativo
non è stata – ovviamente – contestata.
2.3 Parimenti generiche sono poi le censure avanzate con il terzo motivo in relazione
alle ipotizzate estorsioni contestate al capo D), atteso che anche in questo caso il
ricorrente ha ignorato gli effettivi elementi da cui il Tribunale ha dedotto i gravi indizi
di colpevolezza, potendosi rinviare in proposito a quanto osservato in precedenza sub

doglianze del ricorrente appaiono meramente assertive, avendo il Tribunale
logicamente dedotto la sussistenza dell’aggravante dal ricorso alla forza di
intimidazione del sodalizio quale strumento per la consumazione delle estorsioni.
3. Infondate sono poi le preliminari doglianze sollevate con il secondo motivo in merito
alla configurabilità di u sodalizio criminoso dedito al narcotraffico. Per come risulta
dall’ordinanza applicativa, diversi, infatti, sono i sequestri di stupefacente effettuati nel
corso delle indagini sulla base delle indicazioni fornite dalle operazioni di
intercettazione. Né rileva che nel caso del De Paola il Tribunale ne abbia menzionato
uno solo (a p. 115), posto che lo stesso è stato assunto – in maniera del tutto logica come chiave di decriptazione del contenuto delle conversazioni intercettate e della loro
effettiva attitudine a dimostrare l’esistenza di una stabile organizzazione impegnata
nella vendita di stupefacenti.
4. Colgono invece nel segno le ulteriori doglianze contenute nello stesso motivo.
4.1 n Tribunale ha ritenuto di poter affermare la partecipazione del De Paola non solo
al sodalizio mafioso, ma altresì alle attività concernenti gli stupefacenti,
sostanzialmente sulla base di un’unica conversazione oggetto di intercettazione nel
corso della quale l’indagato effettua dei conteggi di danaro la cui entità è apparsa ai
giudici del riesame correlabile esclusivamente a tali attività.
4.2 All’evidenza l’elemento valorizzato, pur conservando una indubbia valenza
indiziaria, non appare sufficiente ad assumere quel carattere di gravità necessario per
rispettare il dettato dell’art. 273 c.p.p., atteso che, a tutto concedere, quantomeno
non è in grado di rivelare lo stabile inserimento dell’indagato nel sodalizio dedito al
narcotraffico, aspetto invero nemmeno affrontato dal provvedimento impugnato. Né
appaiono in tal senso decisive le ulteriori conversazioni menzionate dal Tribunale,
atteso che il loro contenuto potrebbe essere parimenti riferito all’attività del sodalizio
mafioso.
4.3 Ancor più evanescente è poi la motivazione dell’ordinanza in relazione all’unico
reato fine concernente gli stupefacenti addebitato al De Paola, che con eccessiva
disinvoltura è mutuata da quella relativa all’affermata partecipazione del medesimo

2.1. Quanto poi alla configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 7 d.l. n. 152/1991, le

all’associazione senza che venga spiegato perché l’eventuale coinvolgimento
dell’indagato nella gestione delle finanze del sodalizio dimostri altresì il suo concorso in
un fatto specifico di detenzione e cessione di stupefacenti la cui ricostruzione appare in
realtà fondata su mere congetture.

5. Il provvedimento impugnato deve conseguentemente essere annullato
limitatamente ai reati di cui ai capi B) e C) con rinvio al Tribunale di Lecce per nuovo

P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente ai capi B) e C) con rinvio per nuovo
esame al Tribunale di Lecce. Rigetta nel resto il ricorso.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 ter disp. att.
c.p.p.
Così deciso il 24/6/2014

esame sul punto e rigettato nel resto.

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