Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32053 del 24/06/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 32053 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto dal difensore di:
Micaletto Francesco, nato a Taviano, 1’11/2/1958;

avverso la sentenza del 4/10/2013 della Corte d’appello di Lecce;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Giuseppe
Volpe, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte d’appello di Lecce confermava la condanna a seguito di giudizio abbreviato
di Micaletto Francesco per il reato di diffamazione pluriaggravata commesso ai danni di
Geusa Franco. Il fatto concerneva le false accuse rivolte dall’imputato alla persona
offesa di aver intrattenuto un rapporto usurario con Giorgino Vincenza (ex moglie del

Data Udienza: 24/06/2014

Micaletto) nel corso di una comparsa deposita nel procedimento civile intentato dallo
stesso Micaletto per il pagamento di crediti professionali vantati nei confronti del
Geusa, pretesa cui quest’ultimo aveva replicato opponendo di aver già saldato il proprio
debito mediante la girata di alcuni assegni alla Giorgino. Nel replicare a sua volta
all’obiezione di controparte, l’imputato sosteneva per l’appunto nella menzionata
comparsa che la consegna degli assegni era stata invece effettuata in esecuzione di un
prestito usuraio accordato dalla persona offesa alla sua ex moglie.

motivi. Con il primo deduce vizi motivazionali in merito al mancato riconoscimento della
causa di non punibilità di cui all’art. 598 c.p., la cui operatività non sarebbe esclusa contrariamente a quanto sostenuto in sentenza – dalla eventuale calunniosità delle
accuse implicitamente o esplicitamente formulate dal Micaletto nell’esercizio del proprio
diritto di difesa nella causa civile di cui si è detto. Con il secondo motivo analoghi vizi
vengono denunciati in merito alla ritenuta idoneità della comparsa a determinare il
pericolo dell’apertura di un procedimento penale nei confronti di Geusa per il reato di
usura e in relazione alla prova della falsità delle presunte accuse mosse dall’imputato,
non potendosi in tal senso ritenersi attendibile la testimonianza resa dalla Giorgino, in
quanto potenziale vittima della suddetta usura. Con il terzo motivo vengono infine
lamentati ulteriori vizi della motivazione in ordine alla prova della consapevolezza da
parte del Micaletto della calunniosità di quanto riferito in comparsa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo è fondato nei limiti che di seguito verranno esposti e il suo
accoglimento comporta l’assorbimento degli altri.
2. L’esimente di cui all’art. 598 c.p. – per il quale non sono punibili le offese contenute
negli scritti e nei discorsi pronunciati dinanzi alle autorità giudiziarie e amministrative annovera tra i suoi presupposti esclusivamente quello della pertinenzialità di quanto
esposto all’oggetto della causa e non certo della sua veridicità, requisito ritenuto dal
legislatore incompatibile con l’esercizio del diritto di difesa.
2.1 Le doglianze del ricorrente colgono dunque nel segno nella misura in cui lamentano
che la Corte distrettuale avrebbe escluso l’operatività della menzionata esimente in
ragione della ritenuta falsità di quanto riferito dal Micaletto nella comparsa di replica in
ordine alla causa del versamento effettuato dal Geusa a mani della moglie
dell’imputato.
2.2 Non può invece condividersi l’ulteriore obiezione sollevata sul punto nel ricorso
circa il fatto che l’esimente dovrebbe trovare applicazione anche qualora la falsità di

2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato a mezzo del proprio difensore articolando tre

quanto esposto integrasse gli estremi della calunnia. Obiezione che però la sentenza
impugnata ha contrastato con argomentazioni non condivisibili.
2.3 La Corte distrettuale ha infatti richiamato a tal fine l’orientamento per cui l’art. 598
c.p. non troverebbe applicazione in caso di accuse calunniose contenute negli scritti
difensivi, considerato che la predetta disposizione si riferisce esclusivamente alle offese
e non potrebbe, pertanto, estendersi alle espressioni calunniose (Sez. 5, n. 29235 del
19 maggio 2011, P.M. in proc. Ciccio’ e altri, Rv. 250466; Sez. 6, n. 32325 del 4

senso delle citate pronunzie, che invero escludono l’applicabilità dell’esimente a
condotte dal contenuto intrinsecamente calunnioso, giacchè trattasi di fatto non più
inquadrabile nello schema della diffamazione, ma integrante, per l’appunto, il più grave
reato di calunnia, il quale è invece sottratto all’ambito di operatività dell’art. 598 c.p.
2.4 In definitiva la sentenza ha escluso l’esimente sulla base della natura calunniosa
delle offese, continuando però a ritenere consumato il reato di diffamazione. Ed invece
delle due l’una: o effettivamente la condotta del Micaletto aveva natura meramente
diffamatoria – ed allora doveva essergli riconosciuta l’esimente ex art. 598 c.p. ovvero integrava gli estremi della calunnia. In tale ultimo caso, come detto, non poteva
trovare applicazione l’esimente, ma nemmeno potevano i giudici d’appello confermare
la condanna dell’imputato per il reato di diffamazione, ma avrebbero dovuto trarre le
conseguenze in diritto dall’avvenuta rilevazione di un fatto diverso da quello contestato.
2.5 La sentenza deve dunque essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte
d’appello di Lecce per nuovo esame. In particolare il giudice del rinvio dovrà stabilire
l’esatta qualificazione del fatto contestato sulla base di quanto effettivamente accertato
nel corso del processo e assumere le decisioni conseguenti alla luce dei principi
affermati da questa Corte.

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte
d’appello di Lecce.
Così deciso il 24/6/2014

maggio 2010, Grazioso, Rv. 248080). I giudici d’appello hanno peraltro travisato il

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