Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32052 del 24/06/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 32052 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sui ricorsi proposti dai difensori di:
Baraldi Umberto, nato a Milano, 1’11/3/1936;
Baraldi Andrea, nato a Milano, il 26/2/1964;

avverso la sentenza del 21/5/2012 della Corte d’appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Giuseppe
Volpe, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;
udito per gli imputati l’avv. Gianluca Fonsi, che ha concluso chiedendo l’accoglimento
dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 24/06/2014

1.La Corte d’appello di Milano confermava la condanna di Baraldi Umberto e Baraldi
Andrea per i reati di bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale, come loro
rispettivamente contestati nelle loro qualità di amministratori in epoche diverse della
Distribuzione Orologi Svizzeri s.r.l. dichiarata fallita il 30 maggio 2002. In parziale
riforma della pronunzia di primo grado revocava invece le statuizioni civili della
sentenza appellata in seguito all’intervenuta revoca della costituzione di parte civile del
fallimento.

2.1 II ricorso proposto nell’interesse di Baraldi Umberto articola due motivi. Con il
primo deduce l’errata applicazione della legge penale e correlati vizi motivazionali in
ordine alla ritenuta sussistenza del reato di bancarotta documentale e alla sua
qualificazione ai sensi dell’art. 216 anzichè dell’art. 217 legge fall., rilevando in
proposito come dalla documentazione relativa ai conti bancari “occulti” è stato possibile
ricostruire il volume di affari della fallita, come del resto riconosciuto anche dai giudici
d’appello. Con il secondo motivo si eccepisce invece l’intervenuta prescrizione dello
stesso reato, dovendosi ritenere che il relativo termine decorra dalla data di
consumazione della condotta (risalente all’anno 2000) e non da quella del
pronunziamento del fallimento.
2.2 II ricorso di Baraldi Andrea articola tre motivi. Con il primo ed il terzo vengono
invero proposte le medesime questioni sollevate con il ricorso di Baraldi Umberto. Con
il secondo viene invece dedotta violazione di legge in relazione al mancato
riconoscimento dell’attenuante di cui all’ultimo comma dell’art. 219 legge fall. Osserva
in proposito il ricorrente come i giudici di merito abbiano invero escluso che le somme
transitate sui conti occulti siano state oggetto di distrazione e dunque implicitamente
che la condotta di bancarotta documentale ascritta all’imputato abbia determinato un
danno patrimoniale apprezzabile al ceto creditorio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo proposto da entrambi i ricorrenti è infondato.
1.1 Deve precisarsi che dalla ricostruzione dei fatti svolta in sentenza (e non contestata
dai ricorrenti) emerge che per alcuni anni i due imputati (succedutisi
nell’amministrazione della fallita) abbiano coltivato ben sette conti correnti intestati alla
società movimentandoli per oltre sette miliardi di lire, senza che di tale rilevante
operatività o dell’esistenza stessa dei conti vi sia stata evidenza contabile alcuna.
L’esistenza di tali conti emergeva solo nel 1998 a seguito di una verifica fiscale e dal
2000 i relativi saldi e la successiva movimentazione dei medesimi veniva palesata nella
contabilità ufficiale.

2. Avverso la sentenza ricorrono entrambi gli imputati.

1.2 La Corte distrettuale ha conseguentemente ritenuto integrato il reato di bancarotta
fraudolenta documentale, rilevando come la mancata registrazione per oltre tre anni
dei flussi in entrata ed uscita rilevati sui suddetti conti di per sé rendesse inattendibili le
scritture della fallita e come la loro stessa esistenza fosse stata taciuta dagli imputati
dal curatore, il quale aveva potuto ricostruire la movimentazione solo grazie all’opera
del consulente tecnico del pubblico ministero.
1.3 Tali conclusioni devono ritenersi corrette e sostenute da adeguata e logica

materia di bancarotta documentale, primo fra tutti quello per cui tale reato sussiste non
solo quando la ricostruzione del patrimonio si renda impossibile per il modo in cui le
scritture contabili sono state tenute, ma anche quando gli accertamenti, da parte degli
organi fallimentari, siano stati ostacolati da difficoltà superabili solo con particolare
diligenza (ex multis Sez. 5, n. 21588 del 19 aprile 2010, Suardi, Rv. 247965).
1.4 Non possono invece essere condivisi gli argomenti svolti dai ricorrenti per
confutarle. Ed infatti se indubbiamente la fattispecie configurata nell’ultima parte
dell’art. 216 comma 1 n. 2 legge fall. non sussiste quando la ricostruzione del
patrimonio o del movimento degli affari sia stata attuata con ricorso a documenti e dati
provenienti dal fallito, senza necessità di far ricorso a fonti di documentazioni esterne
pubbliche o private (Sez. 5, n. 10920 del 28 ottobre 1997, Boccia, Rv. 209209), deve
rilevarsi come nel caso di specie ciò che è stato consentito al curatore attraverso
l’accesso alla documentazione bancaria è solo quello di ricostruire i movimenti dei
conti, ma non certo le causali di tali movimenti. Prova ne sia che, come correttamente
rilevato in sentenza, non è stato possibile determinare l’effettiva natura delle operazioni
e quindi affermarne o negarne la continenza alle finalità dell’impresa. Quella rinvenuta
non era dunque una vera e propria contabilità “parallela”, idonea a consentire l’effettiva
ricostruzione del volume d’affari della fallita, sanando in tal modo le lacune della
contabilità ufficiale. Non di meno, come ricordato, l’attività di ricostruzione dei flussi
bancari, in difetto di qualsiasi annotazione contabile, oltre a risultare insufficiente per i
fini della procedura concorsuale, è stata operazione laboriosa che ha richiesto
l’intervento di un consulente e che già solo per questo rivela come la condotta tenuta
dagli imputati integri il reato contestato.
1.5 Prive di pregio sono poi le lamentele dei ricorrenti sulla qualificazione giuridica del
fatto, atteso che la Corte distrettuale ha ben evidenziato la natura fraudolenta della
condotta, peraltro ben evidenziata dalla stessa decisione di istituire una sorta di cassa
“parallela” della società, occultandone l’esistenza in contabilità.

2. Manifestamente infondati sono poi il secondo motivo del ricorso di Baraldi Umberto e
il terzo di quello di Baraldi Andrea. Infatti per consolidata giurisprudenza – non certo
smentita dall’isolato ed apodittico precedente menzionato dai ricorrenti – e comunque

motivazione, che evidenzia il buon governo dei principi fissati da questa Corte in

relativo alla diversa fattispecie di bancarotta preferenziale – in tema di bancarotta, la
prescrizione inizia a decorrere dalla data della declaratoria di fallimento o dello stato di
insolvenza e non dal momento della consumazione delle singole condotte poste in
essere in precedenza (ex multis e da ultima Sez. 5, n. 592/14 del 4 ottobre 2013, De
Florio, Rv. 258712). Non di meno, anche qualora volesse ritenersi che il fallimento non
segni il momento consumativo del reato, costituendo una mera condizione di punibilità,
dimenticano i ricorrenti che l’art. 158 comma 2 c.p. parimenti farebbe decorrere il

del fatto di reato. In ogni caso, dunque, nello specifico il termine di prescrizione, tenuto
conto delle sospensioni che ha subito il suo corso durante i gradi di merito, si compirà
non prima del 29 agosto 2015.

3. Fondato è invece il secondo motivo del ricorso di Baraldi Andrea.
3.1 La Corte distrettuale ha escluso la configurabilità dell’attenuante di cui all’ultimo
comma dell’art. 219 legge fall. invocata dall’imputato in riferimento al reato di
bancarotta documentale ascrittogli in ragione del ruolo non marginale dallo stesso
svolto nella gestione dei conti occulti della società.
3.2 Tale motivazione è del tutto incongrua, atteso che la fattispecie attenuante
configurata dalla disposizione menzionata non è genericamente connessa alla minor
gravità del fatto contestato o alla marginalità del contributo prestato alla sua
realizzazione dall’imputato, bensì è incentrata sulla speciale tenuità del danno
patrimoniale che ne è conseguito. Come più volte ricordato da questa Corte, dunque, ai
fini della sua sussistenza la valutazione del danno deve essere effettuata con esclusivo
riferimento al danno direttamente cagionato alla massa dei creditori dalla mancanza o
dall’inattendibilità della prescritta contabilità, in ragione della impossibilità di ricostruire
la consistenza del patrimonio e il movimento degli affari dell’impresa fallita e di
esercitare le azioni revocatorie o le altre azioni a tutela degli interessi dei creditori, con
la conseguenza che qualora tale danno non sussista o non sia dimostrato, l’attenuante
in questione deve essere riconosciuta (Sez. 5, n. 24325 del 18 maggio 2005, Plati, Rv.
232206; Sez. 5, n. 19304 del 18 gennaio 2013, Tumminelli, Rv. 255439). In altri
termini, /pelle ipotesi di bancarotta documentale, ai fini della applicazione della
suddetta attenuante, non rileva nemmeno l’ammontare del passivo, ma la differenza

che la mancanza dei libri o delle scritture contabili ha determinato nella quota
complessiva dell’attivo da ripartire tra i creditori, avendo riguardo al momento della
consumazione del reato (Sez. 5, n. 44443 del 4 luglio 2012, Robbiano e altro, Rv.
253778).
3.3 Limitatamente a tale profilo la sentenza deve essere annullata con rinvio ad altra
sezione della Corte d’appello di Milano per nuovo esame, la quale, qualora dovesse
concludere per la configurabilità della menzionata attenuante, dovrà valutare altresì se

termine di prescrizione dal suo avveramento e non dalla data di effettiva commissione

ricorrano le condizioni per l’eventuale estensione della medesima anche al Baraldi
Umberto.

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alal richiesta attenuante del danno lieve
con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano per nuovo esame. Rigetta

Così deciso il 24/6/2014

nel resto i ricorsi.

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