Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32051 del 24/06/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 32051 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto dal difensore di:
Corasaniti Salvatore, nato a Davoli, il 28/11/1966;

avverso la sentenza del 15/11/2012 della Corte d’appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Giuseppe
Volpe, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte d’appello di Milano confermava la condanna di Corasaniti Salvatore per il
reato di bancarotta documentale semplice commesso nella sua qualità di socio
accomandatario della Cora Costruzioni s.a.s. dichiarata fallita il 21 luglio 2009.

Data Udienza: 24/06/2014

2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato a mezzo del difensore articolando due motivi.
Con il primo deduce vizi della motivazione in merito alla ritenuta configurabilità del
reato, non avendo la Corte distrettuale argomentato sull’idoneità della condotta
contestata a ledere l’interesse tutelato dall’art. 217 legge fall. e sulle giustificazioni
addotte dall’imputato per il mancato reperimento della contabilità. Con il secondo
motivo il ricorrente lamenta analoghi vizi motivazionali in ordine alla richiesta di
conversione della pena detentiva in quella pecuniaria.

1.11 ricorso è parzialmente fondato e deve essere accolto nei limiti di seguito indicati.

2. Il primo motivo è invero inammissibile in quanto generico e manifestamente
infondato in diritto.
2.1 Sotto quest’ultimo profilo va infatti ribadito che è estraneo al fatto tipico descritto
nel secondo comma dell’art. 217 legge fall. l’impedimento della ricostruzione del
volume d’affari o del patrimonio del fallito, evento che invece caratterizza una delle
fattispecie alternativamente integranti il diverso delitto di bancarotta fraudolenta
documentale. L’accertamento di tale evento non è dunque necessario ai fini della
configurabilità del suddetto reato, nel mentre l’unica pronunzia di questa Corte evocata
dal ricorrente di apparente segno contrario (e cioè Sez. Fer. N. 43548 del 2 settembre
2004, giacchè l’altra menzionata nel ricorso non afferma quanto sostenuto) in realtà,
lungi dal mettere in discussione il suddetto principio (che anzi ha espressamente
riaffermato) si è limitata a sostenere del tutto condivisibilmente che, nel caso in cui
oggetto di contestazione siano mere irregolarità o errori formali nelle registrazioni
comunque inidonei a compromettere la completezza o l’attendibilità delle scritture in
quanto dalle stesse emerge l’effettivo contenuto e significato dei dati annotati, il reato
non sussiste per difetto di offensività della condotta. Principio certamente non
invocabile dal ricorrente nel caso di specie, dove oggetto di contestazione è l’omessa
tenuta delle scritture contabili non rinvenute dal curatore e non consegnate al
medesimo, come invece preciso dovere dell’imputato nella sua qualità di responsabile
della gestione della fallita.
2.2 Quanto invece ai denunciati difetti di motivazione attinenti non meglio precisate
giustificazioni offerte dall’imputato al mancato rinvenimento della contabilità, è appena
il caso di evidenziare come la sentenza abbia motivato sul punto rilevando come sia
stato lo stesso Corasaniti ad indicare al curatore – con modalità che rasentano la
fraudolenza – dapprima che i libri si trovavano presso la sede della fallita (che nel
frattempo era stata venduta) e poi presso il commercialista della medesima (che invece
ha negato la circostanza). Motivazione con la quale il ricorrente non si è confrontato

CONSIDERATO IN DIRITTO

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evidenziando in tal modo la genericità del ricorso sul punto, senza nemmeno tener
conto della natura anche colposa del reato, invece puntualmente evidenziata dalla
Corte distrettuale.

3. Coglie invece nel segno il secondo motivo, ancorchè per ragioni parzialmente diverse
da quelle esposte dal ricorrente. Nel rigettare l’istanza di sostituzione della pena
detentiva irrogata in prime cure la Corte milanese, infatti, ha motivato in ordine al

irreperibilità di fatto e dalla circostanza che egli è stato dichiarato fallito anche
personalmente.
Rilevato che effettivamente – come eccepito dal ricorrente – l’asserita irreperibilità
dell’imputato non è in alcun modo giustificata dalla Corte distrettuale, né emerge dagli
atti, atteso che, ad esempio, l’estratto contumaciale della sentenza impugnata gli è
stato regolarmente notificato al domicilio eletto, deve preliminarmente osservarsi come
le Sezioni Unite di questa Corte abbiano da tempo chiarito che la sostituzione della
pena detentiva con quella pecuniaria è consentita anche in relazione a condanna inflitta
a persona in condizioni economiche disagiate, in quanto la prognosi di inadempimento,
ostativa alla sostituzione in forza dell’art. 58, secondo comma, I. 24 novembre 1981 n.
689, si riferisce soltanto alle pene sostitutive di quella detentiva accompagnate da
prescrizioni, ossia alla semidetenzione e alla libertà controllata, e non alla pena
pecuniaria sostitutiva, che non prevede alcuna particolare prescrizione. E nell’enunciare
tale principio, il Supremo Collegio ha altresì precisato come, nell’esercitare il poter
discrezionale di sostituire le pene detentive brevi con le pene pecuniarie corrisponden ,
il giudice deve tenere conto dei criteri indicati nell’art. 133 c.p., tra i quali è compreso
quello delle condizioni di vita individuale, familiare e sociale dell’imputato, ma non
quello delle sue condizioni economiche (Sez. Un., n. 24476 del 22 aprile 2010,
Gagliardi, Rv. 247274). Del tutto illegittimo risulta dunque il rigetto della richiesta
dell’imputato motivato esclusivamente in riferimento alla sua presunta incapacità di
adempiere alla sanzione sostitutiva, per di più sulla base di premesse fattuali in parte
non corrispondenti alle risultanze processuali.

4. La sentenza deve dunque essere annullata limitatamente alla denegata sostituzione
della pena detentiva con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d’appello
di Milano, la quale si atterrà ai principi affermati da questa Corte. Nel resto il ricorso
deve essere rigettato.
P.Q.M.

difetto della prova della solvibilità del Corasiniti, dedotta dalla sua presunta

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al diniego della conversione della pena
con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Milano per nuovo esame. Rigetta nel
resto il ricorso.

Così deciso il 24/6/2014

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