Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32050 del 11/06/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 32050 Anno 2014
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sui ricorsi presentati da:
Corba Colombo Carlo, nato a Milano, il 22/11/1944;
Marasco Antonio, nato a Manziana, il 5/6/1949;
nonchè dalla parte civile: Ministero dello Sviluppo Economico;

avverso la sentenza del 3/2/2012 della Corte d’appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Gioacchino Izzo, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza
limitatamente all’imputazione di truffa;
udito per la parte civile l’avv. Vittorio Russo, che ha concluso chiedendo raccoglimento
del ricorso del Ministero dello Sviluppo Economico;
uditi per gli imputati gli avv.ti Federico Cecconi e Costanzo Bergodi, che hanno
concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi proposti nell’interesse dei rispettivi
assistiti.

Data Udienza: 11/06/2014

RITENUTO IN FATTO
1.La Corte d’appello di Milano confermava la condanna di Marasco Antonio e, in parte,
di Corba Colombo Carlo per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale impropria
pluriaggravata commesso nelle rispettive qualità, il primo, di amministratore unico e
successivamente di presidente del c.d.a. ed il secondo di amministratore di fatto,
prima, e di consigliere di amministrazione, poi, di Alchera Solutions s.p.a. (già Isoscavi
s.r.I., Optowave s.r.I., Optowave s.p.a. e Elios Solutions s.p.a.) dichiarata fallita il 18

assolveva invece il Corba Colombo dall’imputazione di concorso in truffa aggravata per
il conseguimento di erogazioni pubbliche e per alcuni degli episodi di bancarotta
originariamente contestati, provvedendo altresì a revocare la condanna del medesimo
al risarcimento del danno nei confronti della parte civile Ministero dello Sviluppo
Economico. Sempre in parziale riforma della pronunzia appellata, la Corte dichiarava
inoltre non doversi a procedere nei confronti del Marasco per il menzionato reato di
truffa, avendone rilevato l’estinzione per intervenuta prescrizione e confermando però
le statuizioni civili adottate nei suoi confronti anche in relazione a tale reato.
Conseguentemente i giudici milanesi provvedevano a rimodulare il trattamento
sanzionatorio riservato agli imputati.
L’impianto accusatorio sostanzialmente recepito dai giudici di merito si fonda
sull’accusa di aver realizzato attraverso Optowave una frode ai danni dell’allora
Ministero delle Attività Produttive, al quale era stata originariamente presentata
domanda per accedere ad un finanziamento ex I. n. 488/1992 in relazione ad un
progetto informatico attinente la telefonia, finanziamento la cui prima rata veniva
effettivamente erogata il 17 dicembre 2001. Sfumato nel prosieguo tale progetto il
Marasco – e a partire da una certa data con il concorso del Corba Colombo, succeduto
nel controllo della società al precedente controllante – avrebbe così deciso, al fine di
non perdere l’occasione di acquisire i fondi pubblici, di sostituirlo con altro attinente lo
1I
il
sviluppo di un hub satellitare funzionale alle esigenze dell’Arma dei Carabinieri.
Progetto la cui effettiva possibilità di realizzazione sarebbe stata artatamente
avvalorata facendo figurare l’assunzione di maestranze e l’acquisto di costosi software
necessari alla sua realizzazione e che sarebbe stato di fatto mai coltivato se non
simulatamente e all’esclusivo fine di ottenere le restanti rate del contributo pubblico.
Evento questo che non si realizzava, anche perché nel 2006 la società vi rinunziava,
senza peraltro restituire quanto già percepito. In tale contesto si innesta la
contestazione dei fatti di bancarotta, consistenti nella dissipazione di importanti risorse
nell’acquisto dei menzionati software, nonché di partecipazioni societarie, marchi e
rami d’azienda (che in alcuni casi sarebbero stati rivenduti a prezzo assai inferiore a

maggio 2006. In parziale riforma della pronunzia di primo grado la Corte territoriale

quello del loro costo) ovvero nella distrazione di alcuni dei suddetti beni, non rinvenuti
dal curatore all’apertura della procedura concorsuale.

2. Avverso la sentenza ricorrono entrambi gli imputati, per mezzo dei rispettivi
difensori, nonché, attraverso l’Avvocatura dello Stato, il Ministero dello Sviluppo
Economico nella sua qualità di parte civile.
2.1 II ricorso della parte civile, proposto esclusivamente in relazione alle statuizioni

2.1.1 Con il primo viene dedotta l’errata applicazione della legge penale in ordine alla
ritenuta consumazione del reato di truffa al momento del pagamento della prima rata
del contributo (e cioè il 17 dicembre 2001), trattandosi invece di reato a consumazione
prolungata in ragione della prevista erogazione frazionata della somma stanziata, il
quale si sarebbe pertanto consumato al momento della desistenza dell’imputato o
meglio in quello della revoca del finanziamento intervenuta il 18 maggio 2006. Non di
meno la Corte distrettuale avrebbe trascurato che il Corba Colombo, pur intervenendo
in una fase successiva al versamento della prima rata, avrebbe prestato un effettivo
contributo causale alla consumazione del reato, essendogli egli materialmente occupato
della gestione della società e degli acquisti oggetto di dissipazione integranti gli artifici
della truffa, nonché avendo proposto le domande per lo svincolo delle ulteriori tranches
del finanziamento. Contributo venuto meno solo al momento della rinunzia al
finanziamento presentata il 20 marzo 2006.
2.1.2 Con il secondo motivo vengono poi denunziati vizi della motivazione in merito alla
ritenuta configurabilità nei confronti del Corba Colombo della fattispecie di cui all’art.
56 comma 3 c.p. Osserva in proposito il ricorrente che la sentenza sarebbe
contraddittoria laddove, per un verso, ha ritenuto il reato di truffa a consumazione
istantanea – e dunque consumato all’epoca dell’erogazione della prima rata – e per
l’altro ha invece assolto l’imputato invocando l’istituto della desistenza volontaria,
evidenziando così di non considerare conclusa l’azione criminosa con la materiale
percezione della prima tranche del contributo.
2.1.3 Con il terzo e quarto motivo il ricorrente lamenta l’ingiustificata e ingiustificabile
revoca non solo delle statuizioni civili adottate nel primo grado di giudizio in favore del
Ministero dello Sviluppo Economico in relazione alla truffa, ma altresì di quelle
conseguite alla condanna del Corba Colombo anche per il diverso reato di bancarotta,
la quale è stata invece confermata dalla Corte distrettuale, ancorchè in relazione a
soltanto alcuni dei fatti contestati. E il quinto motivo rileva come la criticata statuizione
si ponga altresì in violazione con il principio devolutivo, atteso che le questioni relative
al diritto del suddetto Ministero a costituirsi parte civile anche con riguardo alla
bancarotta è stata definitivamente risolta nel primo grado di giudizio con esito positivo
per il ricorrente, senza che la relativa ordinanza venisse impugnata con il gravame di

d’interesse assunte nei confronti del Corba Colombo, articola sei motivi.

merito dall’imputato. Con il sesto motivo, infine, viene evidenziato come nemmeno
potrebbe ritenersi il difetto di legittimazione del Ministero alla costituzione ai sensi
dell’art. 240 legge fall., atteso che questa sarebbe stata ammessa per far valere il
danno non patrimoniale subito a seguito della commissione del reato.
2.2 n ricorso proposto nell’interesse del Marasco, dopo una articolata premessa cui in
seguito opera frequenti rinvii, propone quattro motivi.
2.2.1 Con il primo deduce violazione di legge in merito alla conferma della condanna

volta ritenuta l’estinzione del medesimo per intervenuta prescrizione e individuato nel
17 dicembre 2001 il momento in cui sarebbe iniziato a decorrere il relativo termine, la
Corte distrettuale avrebbe dovuto conseguentemente rilevare come il Tribunale avesse
illegittimamente statuito sulle pretese del Ministero dello Sviluppo Economico, atteso
che la causa estintiva già si era perfezionata prima della pronunzia della sentenza di
primo grado.
2.2.2 Con il secondo motivo il ricorrente denuncia l’errata applicazione della legge
penale e correlati vizi di motivazione in merito alla ritenuta responsabilità dell’imputato
per il reato di truffa, rilevando in proposito come sostanzialmente i giudici d’appello
abbiano ignorato i rilievi svolti sul punto con il gravame di merito e le risultanze
processuali evocate a sostegno dei medesimi con specifico riguardo alla consistenza del
progetto che aveva sostituito quello originariamente posto a fondamento della richiesta
del medesimo, nonché all’epoca in cui venne preso in locazione il capannone che
avrebbe dovuto ospitare la sua esecuzione e reclutato il personale ritenuto fittiziamente
fatto figurare per ingannare l’ente erogante. In tal senso la sentenza si sarebbe limitata
a richiamare in maniera apodittica la regola di giudizio di cui all’art. 129 c.p.p., per di
più in presenza di statuizioni civili.
2.2.3 Con il terzo motivo analoghi vizi vengono dedotti con riguardo alla conferma della
condanna dell’imputato per la bancarotta. In proposito il ricorrente lamenta l’omessa
valutazione di alcune circostanze ritenute decisive per un esito contrario a quello
assunto, evidenziando come la Corte distrettuale avrebbe trascurato di considerare
come l’acquisto dei software avvenne in epoca anteriore all’erogazione del
finanziamento e con fondi non provenienti dallo stesso ovvero che la realizzazione del
progetto non prevedeva l’immediato utilizzo dei medesimi. Non di meno i giudici
d’appello non avrebbero spiegato per quali motivi il Marasco sia stato ritenuto
responsabile del reato contestato, mentre per il coimputato Schisano, gravato da
analoghi addebiti, essi siano giunti ad una decisione di segno opposto. Ancora la
sentenza non avrebbe motivato sulla ritenuta natura dissipativa delle condotte
contestate, nonché sulle ragioni per cui l’imputato dovrebbe rispondere delle contestate
condotte distrattive, una volta acclarato che egli abbandonò la gestione della società
ben tre anni prima del suo fallimento.

dell’imputato al risarcimento del danno in relazione al reato di truffa, atteso che, una

2.2.4 Con il quarto e ultimo motivo il ricorrente eccepisce ex art. 606 lett. d) c.p.p.
l’omesso esame dell’impugnazione proposta con l’atto d’appello dell’ordinanza dell’i
dicembre 2009 con cui il Tribunale aveva respinto la richiesta della difesa di depositare
i software sottoposti all’esame del curatore e del suo consulente, impedendo così
all’imputato di provare come il loro acquisto non fosse ingiustificato.
2.2.5 II ricorrente, infine, con il ricorso propone ex art. 612 c.p.p. anche istanza di
sospensione della condanna civile, prospettando il grave danno che conseguirebbe alla

del danno in favore delle parti civili e l’assoluta sproporzione rispetto alla situazione
patrimoniale dell’imputato.
2.3 Il ricorso proposto nell’interesse del Corba Colombo articola sette motivi.
2.3.1 Con il primo deduce l’omessa assunzione di prove decisive e il difetto di
motivazione in ordine al rigetto delle istanze di rinnovazione dell’istruttoria
dibattimentale proposte dalla difesa dell’imputato e ad oggetto l’esecuzione di una
perizia e l’audizione di alcuni testi al fine di accertare l’effettivo valore di mercato dei
beni il cui acquisto è stato ritenuto integrare la contestata dissipazione.
2.3.2 Con il secondo e terzo motivo vengono dedotti vizi motivazionali in merito alla
ritenuta responsabilità dell’imputato per le condotte dissipative contestate,
rispettivamente, ai punti 6 e 7 della prima parte del capo B). Nel primo caso la Corte
distrettuale avrebbe riconosciuto la colpevolezza del Corba Colombo per un fatto
consumato anteriormente al suo ingresso nella fallita e ciò nonostante avesse
contestualmente negato potessero essergli addebitate le analoghe condotte per cui
invece era stato parimenti condannato nel primo grado di giudizio e senza fornire
adeguata motivazione sui presupposti per concludere in senso difforme nel caso di
specie, soprattutto in relazione alla qualifica di concorrente

extraneus nel reato

implicitamente assunta a fondamento della decisione. Con riguardo al secondo
episodio, che parimenti risalirebbe a data anteriore alla formale assunzione di cariche
gestionali, il difetto di motivazione sarebbe poi assoluto, essendosi limitati i giudici
d’appello ad un generico rinvio adesivo alla sentenza di primo grado, la quale peraltro
si era limitata all’apodittico rilievo della mancata giustificazione e della diseconomicità
dell’acquisto da parte della fallita della partecipazione di Flynet s.r.l. detenuta dalla
controllante.
2.3.3 Con il quarto e il quinto motivo analoghi difetti di motivazione vengono dedotti
con riguardo alle altre condotte dissipative e distrattive contestate all’imputato nella
seconda parte del capo B), osservandosi in proposito come la Corte distrettuale
avrebbe del tutto ignorato le critiche rivolte in proposito alla sentenza di primo grado
con il gravame di merito, omettendo altresì di spiegare a che titolo il Corba Colombo
debba rispondere di tali fatti nella sua qualità di mero componente del consiglio di
amministrazione e nonostante la fallita fosse guidata da un amministratore delegato

sua esecuzione attesa la rilevante entità delle somme liquidate a titolo di risarcimento

ovvero quali elementi comproverebbero il concorso doloso dell’imputato con
quest’ultimo.
2.3.4 Ulteriori difetti di motivazione il ricorrente denuncia con il sesto motivo in merito
alla conferma del giudizio di equivalenza delle pure concesse attenuanti generiche con
le contestate aggravanti e ciò nonostante nel giudizio d’appello il carico delle
responsabilità addebitate al Corba Colombo sia stato significativamente attenuato. Col
il settimo ed ultimo motivo viene infine censurato il mancato ridimensionato della

non avendo la Corte territoriale nemmeno a tal fine tenuto conto della contestuale
assoluzione del medesimo da almeno la metà delle accuse, con la conseguente
necessità di rivalutare l’entità del danno effettivamente a lui addebitabile. In subordine
all’accoglimento di tale ultimo motivo il ricorrente propone ex art. 612 c.p.p. istanza di
sospensione dell’esecuzione della provvisionale.
3. Con memoria depositata il 3 giugno 2014 il difensore del Marasco ha altresì dedotto
la sostanziale congruità del progetto Armasat e degli acquisti di software e della Blusat,
talchè nessuna distrazione sarebbe configurabile a carico dell’imputato trattandosi di
costi sostenuti per scopi diretti alla realizzazione dell’oggetto sociale della fallita. Per il
resto la memoria ribadisce le doglianze relative all’omesso confronto della sentenza
impugnata con le prove a discarico additate con il gravame di merito, al difetto del dolo
del reato contestato e di un legame tra le condotte contestate e il dissesto della fallita,
nonché la responsabilità del Marasco, fuoriuscito dalla società in epoca di molto
anteriore al suo fallimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 ricorsi sono fondati nei limiti che di seguito verranno esposti.
2. Correttamente la Corte territoriale ha ritenuto (a p. 31 della sentenza impugnata)
che nel capo A) fossero state contestate agli imputati due distinte truffe (l’una
consumata e l’altra solo tentata) e non un unico reato di truffa c.d. a consumazione
prolungata, come invece eccepito dalla parte civile nel primo motivo del suo ricorso.
2.1 Non è in dubbio che, per un consolidato orientamento di questa Corte, tale figura di
truffa sia configurabile nell’ipotesi in cui la frode risulti strumentale al conseguimento di
erogazioni pubbliche il cui versamento venga rateizzato, con la conseguenza che il
momento consumativo del reato – anche ai fini del calcolo della prescrizione – deve
ritenersi coincidere con quello della percezione dell’ultima rata del finanziamento, in
quanto lo stesso segna la cessazione del progressivo aggravamento del danno causato
dalla condotta illecita (ex multis Sez. 2, n. 3615/06 del 20 dicembre 2005, D’Azzo, Rv.
232956; Sez. 2, n. 26256 del 24 aprile 2007, Cornello e altri, Rv. 237299). Ma è

provvisionale al cui pagamento l’imputato è stato condannato in favore del fallimento,

altrettanto indubbio che tale costruzione giurisprudenziale si fonda sul presupposto che
tutte le erogazioni siano riconducibili esclusivamente all’originario comportamento
fraudolento, senza che sia necessario per il conseguimento di quelle successive alla
prima il compimento da parte dell’agente di ulteriori attività illecite, dovendo altrimenti
ritenersi integrati altrettanti ed autonomi fatti di reato.
2.3 Nel caso di specie, per quanto risulta accertato dalla sentenza e non contestato
dalla parte civile ricorrente, è pacifico che all’iniziale presunta condotta fraudolenta

della prima rata del finanziamento e che dunque in tale data si è consumata la prima
truffa, perfetta in tutti suoi elementi. Successivamente sarebbero stati posti in essere
ulteriori atti fraudolenti (consistiti in estrema sintesi nella artificiosa creazione
dell’apparenza di una operatività della fallita, destinataria del finanziamento) culminati
nella richiesta da parte del Corba Colombo (poi revocata) del versamento delle ulteriori
rate del contributo ministeriale. In altri termini, le ulteriori erogazioni non dipendevano
esclusivamente dall’originaria autorizzazione del finanziamento – carpita
nell’impostazione accusatoria con l’inganno – ma altresì dall’esito positivo delle
verifiche sull’attuazione del progetto finanziato, le quali, a loro volta, venivano ottenute
attraverso ulteriori ed autonomi comportamenti fraudolenti. Altrettanto pacificamente,
dunque, tali autonome condotte (che la parte civile ricorrente non solo non ha
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un altrimenti
contestato, ma addirittura ha evidenziato al fine di jap – zia
insussistente collegamento dell’imputato con l’originaria frode) potevano al più ritenersi
integrare un altrettanto autonomo tentativo di truffa, che i giudici dell’appello hanno
ritenuto – con valutazione sorretta da adeguata motivazione e dunque insindacabile in
questa sede – non perfezionato per la sopravvenuta desistenza dell’imputato.
2.4 Facendo buon governo dei principi illustrati in precedenza, la Corte distrettuale ha
dunque correttamente ritenuto prescritto il reato di truffa consumata ed assolto il
Corba Colombo dallo stesso, ritenendolo estraneo alla sua consumazione in quanto
succeduto nella gestione della fallita dopo l’erogazione del 17 dicembre 2001, nonché
dalla successiva tentata truffa ai danni del Ministero per le ragioni riassunte al punto
precedente. Ne consegue che i primi due motivi del ricorso della parte civile risultano
infondati, dovendosi, quanto al secondo, precisare come la sentenza impugnata non
abbia in alcun modo accolto in maniera contraddittoria la ricostruzione del fatto come
truffa a consumazione prolungata, ma semplicemente osservato come, anche volendo
seguire l’impostazione della ricorrente, comunque il Corba Colombo avrebbe dovuto
essere mandato assolto.

3. A completamento delle doglianze avanzate con riguardo al capo A) è ora necessario
affrontare quelle contenute nei primi due motivi del ricorso del Marasco, che sono
entrambi fondati.

addebitata esclusivamente al Marasco è conseguita il 17 dicembre 2001 l’erogazione

3.1 In particolare fondato è il secondo motivo, atteso che la Corte distrettuale, una
volta rilevata la prescrizione del reato di truffa ascritto all’imputato, ha proceduto a
dichiararne l’estinzione assorbendo le censure svolte dal medesimo con il gravame di
merito nella valutazione compiuta applicando la regola di giudizio dell’art. 129 c.p.p.,
senza tenere conto del fatto che il Marasco era stato condannato in primo grado anche
al risarcimento del danno nei confronti del Ministero dello Sviluppo Economico,
statuizione che la sentenza impugnata ha peraltro confermato.

per cui all’esito del giudizio, il proscioglimento nel merito, in caso di contraddittorietà o
insufficienza della prova, non prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa
di non punibilità, salvo che, in sede di appello, sopravvenuta una causa estintiva del
reato, il giudice sia chiamato a valutare, per la presenza della parte civile, il compendio
probatorio ai fini delle statuizioni civili (Sez. Un., n. 35490 del 28 maggio 2009,
Tettamanti, Rv. 244273).
3.3 E’ dunque evidente l’errore commesso dai giudici d’appello, i quali, nel non
adeguarsi al menzionato principio pur in presenza di statuizioni civili, hanno omesso di
valutare compiutamente i motivi d’appello e procedere ad un esaustivo apprezzamento
della responsabilità dell’imputato, con la conseguenza che la conferma delle
menzionate statuizioni civili risulta sostanzialmente immotivata e il Marasco è stato
pretermesso nel suo diritto ad una cognizione piena della materia oggetto del processo.
3.4 Non di meno deve evidenziarsi che, una volta individuata la consumazione del reato
con l’erogazione della prima rata del finanziamento, i giudici d’appello avrebbero
dovuto altresì accertare se al momento della pronunzia della condanna in primo grado
(il 2 febbraio 2010) il relativo termine di prescrizione si fosse eventualmente già
compiuto, circostanza che avrebbe comunque comportato la revoca delle menzionate
statuizioni civili adottate dal giudice di prime cure. Verifica questa che non è possibile
svolgere in via suppletiva in questa sede, atteso che non sono stati trasmessi i verbali
relativi al dibattimento dinanzi al Tribunale e all’udienza preliminare, invece necessari
per valutare se in quelle fasi si siano verificate eventuali sospensioni del corso della
prescrizione, altrimenti compiutasi il 17 giugno 2009, atteso che all’imputato devono
applicarsi i più favorevoli termini introdotti dalla I. n. 251/2005 in quanto al momento
della sua entrata in vigore ancora non era stata pronunziata la sentenza di primo
grado.

4. Fondate sono anche alcune delle doglianze avanzate dai due imputati con riguardo al
reato contestato sub B).
4.1 Innanzi tutto fondata risulta la lamentela contenuta nel terzo motivo del Marasco
concernente il difetto di motivazione della sentenza impugnata sulla natura non
artificiosa dell’originario progetto presentato al Ministero dall’imputato per accedere al

3.2 In proposito deve infatti rammentarsi il consolidato insegnamento di questa Corte

contributo pubblico. Infatti con il gravame di merito l’imputato aveva prospettato la
reale volontà di realizzarlo, la quale avrebbe tra l’altro trovato conforto nell’impiego di
risorse della società per l’acquisto dei software necessari alla sua realizzazione senza
attendere l’erogazione dei fondi pubblici (circostanza non specificamente confutata
dalla Corte territoriale), nonché il suo effettivo valore. Sempre con i motivi d’appello
era stato conseguentemente evidenziato come le acquisizioni e gli acquisti contestati
come oggetto di dissipazione fossero invece effettivamente funzionali all’esecuzione del

decisioni assunte da quella che era allora la controllante della fallita. In definitiva la
difesa aveva obiettato come arbitrariamente fosse stata ritenuta configurabile la
bancarotta patrimoniale in relazione a condotte che al più rivelavano un affare abortito.
4.2 In effetti la sentenza impugnata non ha fornito alcuna risposta alle descritte
obiezioni, nemmeno implicitamente, accomunando invece in maniera indiscriminata i
due segmenti della vicenda pur riconosciuti in qualche misura come autonomi dagli
stessi giudici d’appello e senza distinguere le diverse condotte contestate al Marasco, la
cui eterogeneità richiedeva invece un approccio più analitico o quantomeno una
effettiva spiegazione delle ragioni per cui le stesse indistintamente potevano ritenersi
riconducibile ad un disegno criminoso unitario.
4.3 Quanto poi all’unico fatto di distrazione imputato al Marasco (quello sub BI n.3),
fondato è il rilievo contenuto sempre nel terzo motivo del suo ricorso sulla sostanziale
omissione di qualsiasi motivazione sulla sua effettiva addebitabilità all’imputato,
nonostante egli avesse dismesso qualsiasi carica societaria ben tre anni prima del
fallimento. Motivazione resa necessaria dalle obiezioni svolte in proposito con il
gravame di merito, nonchè dall’insegnamento di questa Corte, per cui, in tema di
bancarotta fraudolenta patrimoniale, è illegittima l’affermazione della responsabilità
dell’amministratore fondata esclusivamente sul mancato rinvenimento – all’atto della
redazione dell’inventario da parte del curatore – di dati beni di cui la società abbia
avuto il possesso in epoca anteriore e prossima al fallimento, qualora sia subentrato un
nuovo amministratore con estromissione del precedente dalla gestione dell’impresa,
considerato che, in tal caso, la responsabilità dell’amministratore cessato può essere
affermata solo a condizione che risulti dimostrata la collocazione cronologica degli atti
di distrazione nel corso della sua gestione o l’esistenza di un accordo con
l’amministratore subentrato per il compimento di tali atti (Sez. 5, n. 172/07 del 7
giugno 2006, Vianello e altri, Rv. 236031).
4.4 Manifestamente infondata è invece l’ultima censura svolta con il terzo motivo del
Marasco, atteso che l’assoluzione dello Schisano è stata motivata dalla Corte
distrettuale sulla base di argomentazioni che attengono il ritenuto difetto dell’elemento
psicologico in capo al coimputato e che dunque non possono logicamente ritenersi
contraddittorie con l’affermata responsabilità del ricorrente.

suddetto progetto, il cui abbandono doveva essere imputato esclusivamente alle

5. Venendo alle doglianze del Corba Colombo, fondate risultano quelle avanzate con il
secondo e terzo motivo in relazione alla ritenuta responsabilità del medesimo per le
condotte dissipative conteste sub BI nn. 6 e 7.
5.1 In proposito va osservato come la Corte territoriale abbia dapprima escluso
l’addebitabilità all’imputato di tutte quelle condotte di bancarotta consumate
antecedentemente al suo formale ingresso nel ceto gestorio della fallita in assenza della
prova del suo concorso causale alla loro commissione, salvo poi operare una eccezione

contraddittoria rispetto ai principi richiamati poco prima.
5.2 Ed infatti, quanto alla dissipazione del valore della quota di Flynet (capo BI n.7) la
sentenza invero non spende nemmeno una parola per giustificare la decisione, mentre
in relazione all’acquisto del software Eliosat Data Broadcasting si limita a inferire il
coinvolgimento del Corba Colomba dal fatto che la società venditrice fosse in realtà
controllata dal medesimo, inducendone – in maniera del tutto congetturale in assenza
di elementi ulteriori però non menzionati dalla motivazione – la partecipazione
dell’imputato all’ideazione di un disegno diretto alla spoliazione della fallita.
5.3 Parimenti fondati sono il quarto e il quinto motivo, nella misura in cui lamentano il
difetto di motivazione sul titolo in ragione del quale il Corba Colombo è stato ritenuto
responsabile dei fatti di bancarotta addebitatigli. Dalla sentenza risulta infatti che
l’imputato formalmente ricopriva la mera carica di consigliere d’amministrazione della
fallita, la quale era invece diretta da un amministratore delegato. In tal senso era
quindi dovere della Corte territoriale – peraltro sollecitata sul punto anche con il
gravame di merito – precisare gli elementi da cui potesse inferirsi che l’imputato aveva
agito come amministratore di fatto della fallita o che gli era attribuibile, in riferimento
ad ognuno dei singoli fatti oggetto di contestazione, la qualifica di concorrente
extraneus, dovere al quale invece i giudici d’appello sono venuti meno.

6. L’accoglimento dei motivi illustrati in precedenza comporta l’assorbimento del quarto
del ricorso del Marasco e del primo e del sesto di quello del Corba Colombo, nonché
l’impossibilità di accogliere le istanze ex art. 612 c.p.p. avanzate da entrambi i
ricorrenti, atteso che la sospensione della condanna civile può essere disposta
esclusivamente nella pendenza dei ricorsi. Analogamente assorbiti allo stato devono
ritenersi anche il terzo e quarto motivo del ricorso della parte civile, dovendosi peraltro
precisare in proposito come in astratto fosse fondata la lamentela relativa
all’illegittimità della revoca delle statuizioni civili assunte in suo favore con la sentenza
di primo grado anche per il reato di bancarotta.

7. In conclusione, in accoglimento dei ricorsi degli imputati, la sentenza deve essere
annullata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d’appello di Milano,

proprio per quelli ricordati in precedenza, ma in maniera sostanzialmente apodittica e

alla quale, con riguardo al reato di cui al capo A) ed in relazione alla posizione del
Marasco, spetterà pregiudizialmente il compito di accertare l’eventuale compimento del
termine di prescrizione del medesimo in data antecedente alla pronunzia di primo
grado, provvedendo di conseguenza in merito alle relative statuizioni civili in caso di
esito positivo di tale verifica.
P.Q.M.

ricorsi da essi presentati l con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Milano.
Rigetta il ricorso della parte civile Ministero dello Sviluppo Economico, limitatamente ai
primi due motivi, dichiarando assorbiti, allo stato, gli altri.
Così deciso il 11/6/2014

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di entrambi gli imputati in accoglimento dei

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