Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32038 del 23/05/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 32038 Anno 2014
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
HUSSAIN SABIR N. IL 07/12/1970
HUSSAIN MAZHAR N. IL 13/08/1975
avverso la sentenza n. 6583/2012 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 26/11/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FERDINANDO LIGNOLA

Data Udienza: 23/05/2014

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Mario Fraticelli, ha
concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza resa in data 18 febbraio 2010, parzialmente riformata
dalla Corte d’Appello di Bologna il 26 novembre 2013, con il riconoscimento

distaccata di Carpi condannava alla pena di giustizia Hussain Mahzar e
Hussain Sabir, per il delitto di rissa aggravata dall’evento di lesioni, subite
da Hussain Sabir.
2. Contro la sentenza propongono ricorso per Cassazione entrambi gli
imputati, con unico atto sottoscritto dal proprio difensore, avv. Susanna
Ogliani, con il quale si deduce violazione dell’articolo 606, lettere B ed E,
cod. proc. pen., in relazione all’art. 588 cod. pen., poiché la Corte
territoriale ha ritenuto, sulla base delle sole dichiarazioni di un agente di
polizia, che vi fosse contrapposizione di parti belligeranti, laddove invece il
coimputato Yasar Yusuf aveva aggredito Hussain Sabir, in difesa del quale
era intervenuto il fratello Mahzar; ciò è dimostrato dal fatto che l’unica
persona che ha riportato lesioni è stata Hussain Sabir.
Tale elemento è stato ignorato dalla decisione impugnata, così
determinando anche il vizio motivazionale della decisione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
1.1 La doglianza proposta riguardante la dinamica dll’episodio è infatti
basata su elementi e valutazioni di puro fatto, la cui verifica richiederebbe
un diretto esame degli atti, precluso al giudice di legittimità, in quanto da
esso non potrebbe comunque derivare, stando alla stessa prospettazione
difensiva, il totale scardinamento dell’apparato motivazionale da cui è
sostenuta, sul punto in discorso, l’impugnata sentenza (fra le altre, Sez. 6,
n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099), ma potrebbe soltanto
derivare lo spunto per una complessiva (ed inammissibile) rivalutazione del
giudizio motivatamente espresso dalla Corte territoriale.
1.2 È peraltro pacifico che la causa di giustificazione della legittima difesa è
inapplicabile al reato di rissa ed a quelli commessi nel corso di essa, in
2

della sospensione condizionale della pena, il Tribunale di Modena, sez.

quanto i corrissanti sono animati dall’intento reciproco di offendersi e di
accettare la situazione di pericolo nella quale volontariamente si sono posti,
sicché la loro difesa non può dirsi necessitata (Sez. 5, n. 4402 del
09/10/2008 – dep. 02/02/2009, Corrias, Rv. 242596). Essa può
eccezionalmente essere riconosciuta quando, sussistendo tutti gli altri
requisiti voluti dalla legge, vi sia stata una reazione assolutamente
imprevedibile e sproporzionata, ossia un’offesa che, per essere diversa e

tal senso ingiusta, circostanza che la sentenza espressamente esclude (fu
casomai a reazione degli imputati ad essere esorbitante) e che neanche il
ricorrente invoca.
2. Anche il vizio di motivazione desunto dal mancato apprezzamento (ai fini
dell’esclusione del reato di rissa) del fatto che solo H2sain Sabir riportò
lesioni è manifestamente infondato, poiché si tratta Célemento per nulla
decisivo, tanto che in tema di delitto di rissa, l’aggravante di cui all’art.
588, comma primo, cod. pen. è applicabile anche nei confronti del
compartecipe che abbia riportato lesioni personali, in quanto colui che
partecipa volontariamente alla condotta violenta collettiva diretta ad
offendere oltre che a difendere, si assume la responsabilità per rissa
semplice o aggravata a seconda degli effetti della colluttazione (Sez. 5, n.
4402 del 09/10/2008 – dep. 02/02/2009 Corrias, Rv. 242597).
3.

In conclusione il ricorso degli imputati deve essere dichiarato

inammissibile; alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la
condanna al pagamento delle spese processuali nonché (trattandosi di
causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, dei
ricorrenti: cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7-13 giugno 2000) al
versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si
ritiene equo e congruo determinare in C 1.000 per ciascun ricorrente.

P.Q.M.

dichiara inammissibile i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di €1000 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 23 maggio 2014
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