Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32036 del 19/05/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 32036 Anno 2014
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DELL’ELCE FRANCO N. IL 16/05/1951
avverso la sentenza n. 1425/2011 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 05/12/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. C..co.
che ha concluso per I A”Aa. AAA
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Data Udienza: 19/05/2014

Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 05/12/2012 la Corte d’appello di L’Aquila ha confermato la
decisione di primo grado che aveva affermato la responsabilità di Franco
Dell’Elce, per il reato di minaccia aggravata e, preso atto dell’intervenuta
prescrizione del reato di cui all’art. 4 I. n. 110 del 1975, ha rideterminato la pena
inflitta in giorni venti di reclusione.
La Corte ha ritenuto che la decisione del Tribunale fosse adeguatamente fondata
sulle dichiarazioni dei testimoni Chierchia e Polidoro e che la falce agricola

piano del trattamento sanzionatorio, la sentenza impugnata ha disatteso la
richiesta di sostituzione della pena, dal momento che il Tribunale aveva già
concesso la sospensione condizionale della stessa, più favorevole per l’imputato.
2. Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso per cassazione, affidato
ai seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione dell’art. 192
cod. proc. pen., in quanto: a) non risultava che il teste Chierchia avesse
affermato che l’imputato aveva brandito la falce nei suoi confronti; b) il
carabiniere Polidoro non aveva assistito ai fatti ed era intervenuto quando
l’imputato non si trovava più sul luogo, ma poco distante.
2.2. Con il secondo motivo, si lamentano vizi motivazionali e violazione degli
artt. 339 e 612 cod. pen., contestando che la falce, usata dall’imputato per i
lavori agricoli, possa essere qualificata come arma impropria, talché il reato di
minaccia, in difetto della contestata aggravante, doveva essere considerato
improcedibile per difetto di querela.
2.3. Con il terzo motivo, si lamentano vizi motivazionali e violazione degli artt.
62 bis, 132 e 133 cod. pen., per avere la Corte territoriale omesso qualunque
considerazione in ordine allo specifico motivo di gravame, con il quale si
insisteva per la concessione delle circostanze attenuanti generiche.
24. Con il quarto motivo, si lamentano vizi motivazionali e violazione degli artt.
132 e 133 cod. pen., per avere la sentenza impugnata omesso di esplicitare i
criteri seguiti per la quantificazione della pena.
2.5. Con il quinto motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione dell’art. 53
della I. n. 689 del 1981, criticando il rigetto della richiesta di sostituzione della
pena. Il ricorrente, al riguardo, da un lato, ribadisce che la sospensione
condizionale è compatibile con la pena sostitutiva e, dall’altro, che
illegittimamente la Corte territoriale aveva sovrapposto le proprie valutazioni di
convenienza a quelle dell’imputato, interessato alla sostituzione della pena.
Considerato in diritto
1.11 primo motivo di ricorso è inammissibile.
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brandita dall’imputato avesse tutte le caratteristiche dell’arma impropria. Sul

Al riguardo, va ribadito che gli aspetti del giudizio che consistono nella
valutazione e nell’apprezzamento del significato degli elementi acquisiti
attengono interamente al merito e non sono rilevanti nel giudizio di legittimità,
se non quando risulti viziato il discorso giustificativo sulla loro capacità
dimostrativa, con la conseguenza che sono inammissibili in sede di legittimità le
censure che siano nella sostanza rivolte a sollecitare soltanto una rivalutazione
del materiale probatorio (di recente, v. Sez. 5, n 18542 del 21/01/2011, Carone,
Rv. 250168 e, in motivazione, Sez. 5, n. 49362 del 19/12/2012, Consorte).

deposizione trascritti dal ricorrente, ha chiaramente riferito che l’imputato aveva
minacciato lui ed altre persone usando una falcina. Né appare manifestamente
illogico il fatto che la Corte territoriale abbia individuato, come elemento idoneo
a sorreggere la credibilità di siffatte dichiarazioni, la testimonianza del
carabiniere Polidoro, il quale, a seguito della richiesta di intervento di una delle
persone presenti, ebbe a percorrere la strada lungo la quale si era allontanato
colui che aveva minacciato le prime e a identificare l’imputato, il quale aveva in
mano una falce, che buttò via, all’apparire del Polidoro e del collega.
Il fatto che il Polidoro non fosse presente nel momento in cui l’imputato aveva
minacciato i giovani è un dato non decisivo, tenuto conto della perfetta coerenza
tra le dichiarazioni del Chierchia e la situazione rilevata dal carabiniere, in
ragione del contesto spazio – temporale (l’imputato si trovava lungo una strada
poco distante dal luogo in cui era avvenuto l’episodio, non impegnato in lavori
agricoli, tra le 23,30 e la mezzanotte).
D’altra parte, osserva la Corte che le regole dettate dall’art. 192, comma 3, cod.
proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali
possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di
penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea
motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità
intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e
rigorosa rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi
testimone (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell’Arte, Rv. 253214).
In ogni caso, la verifica attraverso indici esterni delle dichiarazioni della persona
offesa non si deve tradurre nell’individuazione di prove dotate di autonoma
efficacia dimostrativa, dal momento che ciò comporterebbe la vanificazione della
rilevanza probatoria delle dichiarazioni della prima.
2. Del pari inammissibile per manifesta infondatezza è il secondo motivo di
ricorso, in quanto sono armi improprie gli oggetti che, pur avendo una diversa e
specifica destinazione (come strumenti di lavoro oppure di uso domestico,
agricolo, scientifico, industriale o simile), possono tuttavia occasionalmente
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Nel caso di specie, il teste Chierchia, proprio alla stregua dei brani della

servire, per caratteristiche strutturali o in riferimento a determinate circostanze
di tempo e di luogo, all’offesa della persona (v., ad es., Sez. 2, n. 5537 del
16/01/2014, Dell’Ovo, Rv. 258277)
3. Infondato è il terzo motivo.
Al riguardo, va ribadito che secondo l’orientamento di questa Corte, condiviso dal
Collegio, in tema di attenuanti generiche, posto che la ragion d’essere della
relativa previsione normativa è quella di consentire al giudice un adeguamento,
in senso più favorevole all’imputato, della sanzione prevista dalla legge, in

del soggetto che di esso si è reso responsabile, ne deriva che la meritevolezza di
detto adeguamento non può mai essere data per scontata o per presunta, sì da
dar luogo all’obbligo, per il giudice, ove questi ritenga invece di escluderla, di
giustificarne sotto ogni possibile profilo, l’affermata insussistenza. Al contrario, è
la suindicata meritevolezza che necessita essa stessa, quando se ne affermi
l’esistenza, di apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli
elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamento
sanzionatorio (Sez. 2, n. 38383 del 10/07/2009, Squillace e altro, Rv. 245241;
Sez. 1, n. 3529 del 22/09/1993, Stelitano, Rv. 195339).
Nel caso di specie, il ricorrente genericamente insiste sullo scarso allarme sociale
espresso dai precedenti dell’imputato, senza indicare alcun positivo elemento di
valutazione trascurato dalla Corte territoriale.
4. Con riguardo al quarto motivo, si osserva che del tutto generico era poi il
motivo di appello relativo alla determinazione della pena, talché non risulta
inadeguatamente motivata la conferma del trattamento sanzionatorio operata
dalla Corte, al netto della sanzione irrogata dal giudice di prime cure per il reato
poi estinto per prescrizione.
5. E’ invece fondato il quinto motivo di ricorso, dal momento che la concessione
della sospensione condizionale della pena è compatibile con la sostituzione della
pena detentiva nella corrispondente sanzione pecuniaria (Sez. 3, n. 42903 del
22/10/2009, Faye, Rv. 245272), talché la motivazione resa sul punto e sopra
ricordata non è coerente con i presupposti che governano la materia.
6. In definitiva, la sentenza impugnata va annullata limitatamente alla mancata
sostituzione della pena inflitta, con rinvio per nuovo esame sul punto alla Corte
d’appello di Perugia.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla mancata sostituzione della
pena detentiva, con rinvio per nuovo esame sul punto alla Corte d’appello di
Perugia. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma il 19/05/2014
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considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni tanto del fatto quanto

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