Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32033 del 16/05/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 32033 Anno 2014
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Palermo Ugo, nato a Novara il 29.6.1967, avverso la sentenza
pronunciata in data 9.1.2013 dalla corte di appello di L’Aquila;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo Guardiano;
udito il pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore
generale dott. Giuseppe Volpe, che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso.

FATTO E DIRMO

1. Con sentenza pronunciata il 9.1.2013 la corte di appello di L’Aquila, in
parziale riforma della sentenza con cui, in data 23.3.2010, il tribunale di
Pescara, sezione distaccata di San Valentino in A.C., aveva condannato
Palermo Ugo, imputato del delitto di cui agli artt. 99, 477, 482, c.p., alla
pena ritenuta di giustizia, rideterminava in senso più favorevole al reo il

Data Udienza: 16/05/2014

trattamento sanzionatorio, confermando, previa concessione in suo
favore della circostanza attenuante di cui all’art. 89, c.p.,
nel resto, l’impugnata sentenza.
2. Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto tempestivo
ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore di fiducia,

quanto la corte territoriale non ha dichiarato l’estinzione del reato per
prescrizione, come avrebbe dovuto, in applicazione del principio del
favor rei, in quanto non è stata individuata la data di consumazione del
reato, a nulla rilevando, al riguardo, la data di accertamento del reato
stesso; 2) violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza del reato
di cui agli artt. 477 e 482, c.p., che non appare configurabile, in
considerazione della assoluta incertezza sulla provenienza della
fotocopia della carta di identità falsificata, rinvenuta presso gli uffici
della banca Carichieti, non essendo stata raggiunta, peraltro, nemmeno
la prova della falsificazione del documento in originale; 3) violazione di
legge in relazione all’art. 533, co. 1, in quanto le evidenziate lacune
probatorie non consentono di affermare la responsabilità penale del
Palermo “oltre ogni ragionevole dubbio”, imponendosi, pertanto, nei
confronti dell’imputato la pronuncia di una sentenza di assoluzione.
3.

Il ricorso va accolto, essendo fondato il primo motivo di

impugnazione, la cui pregnante rilevanza assorbe in sé gli ulteriori
motivi.
4. Ed invero, a fronte di uno specifico motivo di appello con cui si
deduceva l’incertezza della data di commissione del reato, allo scopo di
farne valere l’intervenuta prescrizione, la corte territoriale replicava che
il reato non poteva considerarsi prescritto “avuto riguardo all’epoca di
accertamento del fatto” (cfr. p. 5).
Tale affermazione non può essere condivisa.
Ai fini della individuazione del dies a quo dei termine prescrizionale, i
due momenti della consumazione e dell’accertamento del reato, se pure
possono coincidere, rimangono rigorosamente distinti sul piano
concettuale, attenendo il primo al momento in cui il fatto-reato viene

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lamentando: 1) violazione di legge in relazione all’art. 158, c.p., in

posto in essere nella realtà fenomenica, completo di tutti i suoi elementi
costitutivi, il secondo al momento in cui la commissione del reato,
uscendo dal patrimonio conoscitivo del soggetto attivo del reato stesso,
diventa nota ai terzi ed, in particolare, agli organi di polizia preposti alla
prevenzione ed alla repressione dei reati.

158, co. 1, c.p., il termine della prescrizione inizia a decorrere, “per il
reato consumato, dal giorno della consumazione”.
Spetta, pertanto, al giudice di merito, investito della richiesta
dell’imputato di dichiarare l’estinzione del reato per intervenuta
prescrizione, individuare quando se ne sia verificata la consumazione.
In tale indagine, peraltro, il giudice di merito dovrà attenersi glZpIaturZii
da tempo affermato, dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui il
principio del favor rei (per cui nel dubbio sulla data di decorrenza del
termine di prescrizione, il momento iniziale va fissato in modo che risulti
più favorevole all’imputato), in tema di cause di estinzione del reato, va
applicato solo in caso di incertezza assoluta sulla data di commissione
del reato o, comunque, sull’inizio del termine di prescrizione, ma non
quando sia possibile eliminare tale incertezza anche se attraverso
deduzioni logiche, del tutto ammissibili (cfr. Cass., sez. III, 17.10.2007,
n. 1182, rv. 238851; Cass., sez. II, 6.12.1991).
Ai sensi deli’art. 531, comma 2, c.p.p., infatti, ove sussistano incertezze
sulla data di consumazione del reato, il dubbio deve essere risolto in
favore dell’imputato, dichiarando decorso il termine di prescrizione: ciò
in quanto l’onere di provare con precisione l’epoca del fatto non grava
sull’imputato, bensì sull’accusa, sicché in mancanza di prova certa sulla
data di consumazione, per il principio del “favor rei”, va dichiarata
l’estinzione del reato per compiuta prescrizione.
Essendo mancata nel caso di specie, da parte della corte territoriale,
l’indagine volta ad individuare il momento di consumazione del reato di
falsificazione della carta di identità indicata nel capo d’imputazione (non
potendosi ritenere soddisfacente il lapidario ed apodittico riferimento alla
data di accertamento del reato), la sentenza impugnata va annullata con

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Si tratta di una differenza rilevante, in quanto, come previsto dall’art.

rinvio per nuovo esame sul punto alla corte di appello di Perugia, che
provvederà a colmare l’evidenziata lacuna motivazionale attenendosi ai
principi di diritto innanzi indicati.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla corte di appello di Perugia

Così deciso in Roma il 16.5.2014

per nuovo esame.

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