Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3203 del 19/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 3203 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

Data Udienza: 19/12/2013

SENTENZA
Sul ricorso proposto nell’interesse di IANNONE Gregorio, n. a
Catanzaro il 27.02.1980, rappresentato e assistito dall’avv. Luigi
Falcone avverso la sentenza n. 4727/2012 della Corte d’Appello di
Bologna in data 19.03.2013;
rilevata la regolarità degli avvisi di rito;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione della causa fatta dal consigliere dott. Andrea
Pellegrino;
udita la requisitoria del Sostituto procuratore generale dott. Antonio
Gialanella, il quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato
inammissibile.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Bologna, in parziale

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riforma della sentenza emessa dal Giudice monocratico del Tribunale
di Parma sez. dist. di Fidenza il 07.10.2010, dichiarava non doversi
procedere a carico di IANNONE Gregorio in relazione al reato di cui
all’art. 640 cod. pen. (capo B) per essere il medesimo estinto per
prescrizione e rideterminava la pena in relazione al reato di cui
all’art. 648 cod. pen. avente ad oggetto un assegno bancario (capo
A) in anni uno e mesi sei di reclusione ed euro 600,00 di multa,

confermando nel resto la pronuncia impugnata.
2. Ricorre per cassazione, assistito da difensore, IANNONE Gregorio per
chiedere l’annullamento della sentenza impugnata con ogni
provvedimento consequenziale, lamentando:
-violazione dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen. per mancanza,
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione;
-violazione dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen. in relazione alla data
di consumazione del reato, alla mancata declaratoria di prescrizione
del capo A) ed all’eccessività della pena comminata.
Evidenzia il ricorrente come la Corte d’Appello di Bologna:
a) con ragionamento presuntivo, abbia fatto discernere la ricorrenza
del dolo nel reato di ricettazione e la consequenziale penale
responsabilità dell’imputato dal silenzio dallo stesso mantenuto;
b) non abbia considerato come la condotta di cui al capo B)
inglobasse in se anche la condotta di cui al capo A), con
consequenziale obbligo – omesso – di proscioglimento per
prescrizione anche in relazione a detto capo;
c)

non abbia rideterminato la pena per realizzare l’effetto
risocializzante che la stessa deve perseguire nei confronti
dell’imputato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso, che reitera le medesime doglianze fatte valere avanti al
giudice d’appello, è manifestamente infondato e, conseguentemente,
inammissibile.
4. Va preliminarmente osservato come la Suprema Corte abbia
ripetutamente

riconosciuto

l’inammissibilità del

ricorso

per

cassazione quando manchi l’indicazione della correlazione tra le
ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a

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fondamento dell’atto d’impugnazione, che non può ignorare le
affermazioni del provvedimento censurato (Cass., Sez. 2, n. 19951
del 15/05/2008, Lo Piccolo, rv. 240109; Cass., Sez. 1 n. 39598 del
30/09/2004, Burzotta, rv. 230634).
La medesima giurisprudenza di legittimazione considera inoltre
inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che
ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal

giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici.
La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata
non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per
la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla
decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione,
questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato
senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art.
591, comma 1 lett. c) cod. proc. pen., all’inammissibilità (Cass., Sez.
4, n. 256 del 18/09/1997-dep. 13/01/1998, Ahmetovic, rv. 210157).
Parimenti inammissibili sono i motivi che si limitano a riprodurre le
censure dedotte in appello, anche se con l’aggiunta di frasi
incidentali di censura alla sentenza impugnata meramente assertive
ed apodittiche, laddove difettino di una critica argomentata avverso
il provvedimento censurato e l’indicazione delle ragioni della loro
decisività rispetto al percorso logico seguito dal giudice di merito.
(Cass., Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013-dep. 21/02/2013, Leonardo
e altri, rv. 254584).
5. Fermo quanto precede, con riferimento al primo motivo, si osserva
come il giudice di secondo grado, con ragionamento congruo e
giustificato oltre che immune da vizi, abbia ampiamente motivato la
ricorrenza del dolo del delitto di ricettazione ritenendolo sulla base
della condotta tenuta dall’imputato (lo stesso, infatti, dopo essere
entrato in possesso dell’assegno già sottoscritto ma con importo in
bianco chiese alla persona offesa di riempirlo con la somma dovuta
e, alla rimostranze di quest’ultima, dapprima aveva assicurato il
pagamento e successivamente non si fece più trovare dalla stessa
alla quale aveva mandato a dire di non cercarlo oltre senza fornirle in
ogni caso alcuna ulteriori spiegazioni).
6. Pari infondatezza hanno gli ulteriori motivi di gravame attesa da un
lato la riconosciuta “diversità” delle due condotte di reato a ragione

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della difformità dei beni protetti e delle relative valenze offensive
nonché dei differenti tempi di commissione e, dall’altro, la
giustificazione data dal giudicante in relazione al trattamento
sanzionatorio.
7. Consegue pertanto l’inammissibilità del ricorso e, per il disposto
dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore

colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in euro
1.000,00

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e del versamento della somma di euro 1.000,00
alla Cassa delle ammende.
Così deliberato in Roma il 19.12.2013

della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di

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