Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32028 del 19/02/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 32028 Anno 2014
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da D’Errio Francesco, nato a Napoli il 28.1.1972,
avverso la sentenza pronunciata dalla corte di appello di Napoli il
27.11.2012;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo Guardiano;
udito il pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore
generale dott.ssa Maria Giuseppina Fodaroni, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

FATTO E DIRITTO

1. Con sentenza pronunciata il 27.11.2012 la corte di appello di Napoli
confermava la sentenza con cui il tribunale di Napoli, in data 27.2.2012,

Data Udienza: 19/02/2014

pronunciando in sede di giudizio abbreviato, aveva condannato D’Errio
Francesco alla pena ritenuta di giustizia per il delitto di cui agli artt. 56,
624 bis, co. 1 e 3, 625, co. 1, n. 2)
2.

Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede

l’annullamento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione
l’imputato, a mezzo del suo difensore di fiducia, lamentando 1) il vizio di
cui all’art. 606, co. 1, lett. c), c.p.p., in relazione all’art. 420 ter, c.p.p.,

l’assenza del difensore del D’Errio, dovuta a legittimo impedimento a
comparire; 2) violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione agli
artt. 62 bis, 62, n. 4) e 69, c.p., in quanto la corte territoriale non ha
fornito adeguata motivazione in ordine alle ragioni che l’hanno indotta a
non riconoscere in favore dell’imputato le circostanze attenuanti
generiche nella misura più ampia e la circostanza attenuante di cui
all’art. 62, n. 4, c.p. ovvero a ritenere sussistente la contestata recidiva,
operando il relativo aumento di pena, non conforme all’effettiva gravità
del fatto commesso, in quanto, in applicazione dell’art. 69, c.p., le
circostanze attenuanti generiche e la circostanza del danno di lieve
entità andavano valutate con giudizio di prevalenza o, quanto meno, di
equivalenza rispetto alla recidiva ed alla contestata aggravante.
3. Il ricorso non può essere accolto.
4. Con riferimento al primo motivo di ricorso, va rilevato che, trattandosi
di decisione assunta dalla corte territoriale in camera di consiglio, ai
sensi dell’art. 599, co. 1, c.p.p., in quanto l’appello aveva ad oggetto
solo la misura della pena inflitta dal giudice di primo grado in sede di
giudizio abbreviato, non può trovare applicazione l’invocata disposizione
di cui all’art. 420 ter, c.p.p., in tema di legittimo impedimento a
comparire del difensore dell’imputato.
Come affermato, infatti, dal prevalente e condivisibile orientamento della
giurisprudenza di legittimità, al procedimento camerale del giudizio
abbreviato di appello non si applica l’art. 420 ter, comma 5, c.p.p., che
impone il rinvio del procedimento in caso di impedimento del difensore.
Nella menzionata udienza camerale, infatti, che, giusto il richiamo

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in quanto la corte territoriale non ha disposto il rinvio del processo per

contenuto nell’art. 599, co. 1, c.p.p., si svolge con le forme previste
dall’art. 127, c.p.p., la presenza delle parti è facoltativa e solo per
l’imputato è espressamente previsto, dall’art. 599 comma 2, c.p.p., che,
ove abbia manifestato la volontà di presenziare alla udienza, questa
deve essere rinviata in caso di suo legittimo impedimento (cfr.,

ex

plurimis, Cass., sez. I, 24/11/2011, n. 6907, rv. 252401).
5. Il secondo motivo di ricorso appare inammissibile, in quanto con esso

che non sono consentite in sede di legittimità.
Né va taciuto che secondo la giurisprudenza assolutamente dominante
del Supremo Collegio le statuizioni relative al giudizio di comparazione
tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica
del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non
siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette
da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per
giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più
idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (cfr., ex
plurimis, Cass., sez. un., 25/02/2010, n. 10713, rv. 245931).
Nel caso in esame la corte territoriale si è mossa proprio in tale solco
interpretativo.
Nel confermare sul punto la valutazione del giudice di primo grado,
infatti, la corte di appello di Napoli ha correttamente evidenziato come le
circostanze attenuanti generiche riconosciute all’imputato non possono
prevalere sulla recidiva (ed ovviamente sulla ritenuta circostanza
aggravante), tenuto conto dei reiterati precedenti penali del D’Errio,
“che, pur risalenti nel tempo, sono espressione di una negativa
personalità dell’imputato, risultato normalmente dedito a vivere dei
proventi contro il patrimonio e, comunque, trasgressivo rispetto
all’osservanza delle prescrizioni dell’a.g. come dimostrano i diversi
precedenti penali a suo carico”, dati rispetto ai quali gli elementi di
segno opposto prospettati dalla difesa, sui quali pure si sofferma la corte
territoriale, giustificano il riconoscimento delle circostanze attenuanti

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il ricorrente deduce censure sul merito del trattamento sanzionatorio,

generiche solo in termini di equivalenza (cfr. pp. 2-3 della sentenza
impugnata).
Generiche appaiono, poi, le doglianze difensive in ordine al mancato
riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4, c.p.
(esclusa dalla corte territoriale), che, nei reati contro il patrimonio, come
è noto, è applicabile al delitto tentato solo quando sia possibile
desumere con certezza, dalle modalità del fatto e in base ad un preciso

danno patrimoniale per la persona offesa sarebbe stato di rilevanza
minima (cfr. Cass., sez. un., 28/03/2013, n. 28243, rv. 255528),
condizione, quest’ultima, la cui sussistenza non è stata dedotta dal
ricorrente.
Infine manifestamente infondato è anche il rilievo sulla mancanza di
motivazione in ordine alla ritenuta recidiva, la cui sussistenza è stata
implicitamente affermata, in maniera del tutto legittima, dalla corte
territoriale, alla luce della motivazione della sentenza complessivamente
considerata (cfr., ex plurimis, Cass., sez. I, 22.5.2013, n. 27825, rv.
256340), in cui il giudice di secondo grado si è soffermato sui precedenti
penali dell’imputato e sulla sua negativa personalità, fondando su tali
elementi il giudizio di equivalenza tra le circostanze attenuanti generiche
e la contestata recidiva, il cui riconoscimento, pertanto, non ha
comportato nessun aumento di pena proprio in virtù di tale giudizio.
5. Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso va, dunque, rigettato,
con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento.
Così deciso in Roma il 19.2.2014.

giudizio ipotetico che, se il reato fosse stato portato a compimento, il

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