Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3202 del 18/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 3202 Anno 2016
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BORRELLI GIOVANNI N. IL 25/11/1971
avverso l’ordinanza n. 235/2014 TRIB. SORVEGLIANZA di
PERUGIA, del 02/10/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 18/11/2015

1322—-

.
Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza in data 25 novembre 2013 il Magistrato di sorveglianza di
Spoleto rigettava l’istanza, proposta ai sensi dell’art. 35-ter ord. pen. dal detenuto
Giovanni Borrelli, volta ad ottenere la riduzione della pena detentiva, secondo
quanto previsto dall’art. 1 del d.l. 26/6/2014 n. 92, convertito nella legge

sorveglianza di Perugia con ordinanza del 2 ottobre 2014 confermava l’ordinanza
impugnata in ragione dell’accertata sufficienza dello spazio individuale assicuratogli,
non inferiore a mq. 3,00, dovendosi computare la superficie del letto e degli arredi
rimuovibili, perché fruibili dai detenuti ed il tempo di permanenza nella camera di
detenzione, che, stante gli orari di apertura, può definirsi solo quale camera di
pernottamento, potendo il detenuto trascorrere gran parte della giornata al suo
esterno.
2.Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso l’interessato
personalmente, il quale ne ha chiesto l’annullamento per violazione di legge e totale
mancanza di motivazione; premesso che il Tribunale avrebbe dovuto verificare la
condizione detentiva attuale del ricorrente, lo spazio minimo da garantire a ciascun
detenuto deve calcolarsi al netto del mobilio e senza tener conto del bagno, mentre
dall’istruttoria non è dato comprendere se quello calcolato sia comprensivo o meno
dell’area del bagno adiacente alla camera, perché non considerato nei documenti
provenienti dall’amministrazione penitenziaria; pertanto, l’indicazione di mq. 3,8 è
frutto dell’omessa considerazione delle richieste difensive, che pretendevano
l’esclusione dal computo della superficie del bagno. Inoltre, non è stata fornita
alcuna indicazione sulle modalità di utilizzo del letto per attività diurne, né si è resa
alcuna motivazione sull’assenza di acqua calda nel bagno, sulla scarsa illuminazione
delle celle e sulle carenze igieniche per mancata effettuazione della fornitura
mensile.

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.
1.11 provvedimento impugnato ha fondatamente rilevato che le doglianze
espresse col reclamo sono prive di riscontro e smentite dalla compiuta istruttoria,
che ha demandato al personale di polizia penitenziaria l’effettuazione di misurazioni
ed alla direzione di fornire esaustive informazioni in ordine alle doglianze espresse
col reclamo. Ha dunque esposto in modo minuzioso e corredato da ampi riferimenti

1

11/8/2014 n. 117. Proposto reclamo avverso tale decisione, il Tribunale di

ai dati conoscitivi, offerti dall’istruttoria, le ragioni del giudizio espresso. In
particolare, ha riscontrato che:
– la pretesa di disporre di acqua calda nel bagno adiacente alla camera di detenzione
non può trovare accoglimento perché non attiene ad un diritto fondamentale, dal
momento che la possibilità di fruirne è garantita nel locale docce, ove si può
accedere una volta al giorno o secondo necessità, possibilità che soddisfa in modo
adeguato le esigenze igieniche e di cura della persona;

hanno superato il vaglio ispettivo dell’ASL in data 15/2/2013 per il netto
miglioramento rispetto al passato;
– le forniture mensili per le singole celle sono state effettuate con preferenza per i
detenuti meno abbienti, il che ha risolto le carenze igieniche denunciate;
– lo spazio individuale disponibile per il ricorrente all’interno della camera di
pernottamento, condivisa con altro detenuto, è pari a mq. 3,8 al lordo del letto, da
ritenersi adeguato per le dimensioni in sé e per la possibilità garantitagli di
utilizzare il letto anche in orario diurno per distendersi, sedersi, appoggiarvi oggetti
ed altrettanto vale per gli arredi rimuovibili, che possono essere spostati senza
costituire un ingombro fisso.
1.1 Ebbene, le dimensioni riscontrate nelle camere di detenzione, che da
nessun elemento può dedursi siano state calcolate con inclusione della superficie
del bagno, escludono la violazione delle prescrizioni dettate dall’art. 3 Cedu, come
interpretato dalla Corte EDU in riferimento alla problematica delle dimensioni
minime delle celle degli istituti penitenziari (sez. 2, dell’8/1/2013, Torreggiani ed
altri c. Italia, col richiamo ai precedenti: Karalevicius c. Lituania, n. 53254/99, 7
aprile 2005, Kantyrev c. Russia, 21 giugno 2007, Andrei Frolov c. Russia, 29 marzo
2007, Kadikis c. Lettonia, 4 maggio 2006; Sulejmanovic c. Italia, 16/7/2009),
mentre in riferimento alle altre doglianze le stesse sono state esaminate ed escluse
con adeguato e comprensibile corredo di giustificazioni, desunte dagli esiti
dell’istruttoria.
1.2 Inoltre, il ricorrente non contrasta il rilievo per cui attualmente, stante la
possibilità di accesso ai passeggi, ad attività ricreative e trattamentali in luoghi
esterni alla cella, questa è divenuta una camera di pernottamento, ove la
permanenza degli occupanti è principalmente legata al riposo notturno, il che incide
positivamente sulle valutazioni da condurre per riscontrare che le condizioni di
detenzione non siano contrarie al principio di umanità della pena e degradanti.
L’impugnazione va dunque dichiarata inammissibile, con la conseguente
condanna del proponente al pagamento delle spese processuali e, in relazione ai
profili di colpa insiti nella presentazione di siffatta impugnazione, al versamento di
una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si reputa equo determinare

/

2

– le condizioni di illuminazione delle celle, anche naturale, sono state verificate e

in euro 1.000,00.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle
Ammende.

Così deciso in Roma, il 18 novembre 2015.

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