Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32016 del 17/05/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 32016 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: SANTALUCIA GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MAGRO ANGELA N. IL 29/11/1965
GOLINO PAOLO N. IL 13/01/1962
avverso il decreto n. 61/2012 CORTE APPELLO di CATANIA, del
16/05/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
SANTALUCIA;
1ette/sepia4te le conclu oni del PG Dott.
lAzu

Uditi difensor Avv.;

,

Data Udienza: 17/05/2013

RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Catania ha confermato il decreto del Tribunale di Siracusa del 13
settembre 2004, che, tra l’altro, ha disposto la confisca di un fabbricato intestato anche ad
Angela Magro e nella disponibilità di quest’ultima e del coniuge Paolo Colino. Il bene risulta
cointestato anche a Venera Magro, sorella di Angela Magro, ed entrambe sono le figlie di
Aurelio Magro, per il quale il Tribunale aveva applicato la misura di prevenzione della
sorveglianza speciale di p.s. per il periodo di ani due, poi dichiarata dalla Corte di appello

fu ritenuto nella disponibilità di Aurelio Magro beni confiscati, ivi compreso il fabbricato appena
indicato. Questo fu acquistato nell’anno 1985 e fu oggetto di lavori di ristrutturazione e
miglioramento negli anni successivi per un complessivo valore di C 323.107,42. La
sproporzione con i redditi accertati è, a giudizio della Corte territoriale, significativa e non sono
stati addotti elementi capaci di superiore la presunzione che esso costituì il frutto di reimpiego
di proventi dell’attività delittuosa.
La Corte territoriale ha poi osservato che, degli asseriti lavori svolti in economia, non è
stato allegato alcun elemento di fatto tale da superre la menzionata presunzione. Quanto poi
alla deduzione difensiva circa proventi della Spugnetti, madre di Angela e Venera Magro,
derivanti da evasione fiscale nell’esercizio dell’attività commerciale, la Corte di appello ha dato
atto che la Guarda di finanza accertò una consistente evasione per gli anni dal 1993 al 1995.
Avverso il decreto hanno proposto ricorso, per mezzo del difensore avv.to Troia, Angela
Magro e Paolo Golino, deducendo:
difetto di motivazione per macroscopiche illogicità. In rifermento al fabbricato sito in
Avola, c.da Falaride foglio 0045, particella 373, la Corte di appello ha errato
nell’indicazione della titolarità del bene, perché menziona correttamente, quale
cointestataria unitamente a Venera Magro, Angela Magro, ma ha aggiunto che
questa è coniuge di Aurelio Magro, mentre in realtà è la figlia, sì come figlia di
Aurelio Magro è Venera Magro. Angela Magro è, invece, dal 1987 moglie di Paolo
Golino. La Coste di appello, ancora, ha trascurato di considerare che il bene, con
annesso terreno, fu acquistato dalla madre di Angela Magro, Vincenza Spugnetti, nel
1974 e che questa era titolare di un’attività commerciale molto redditizia, come è
attestato dagli accertamenti della Guardia di Finanza in ordine a ricavi non dichiarati
pari ad C 1.339.924,70 relativamente agli anni dal 1992 al 1994. Terreno e
fabbricato furono poi ceduti, nell’anno 1984, con donazione alle figlie Angela e
Venera Magro. L’immobile è dotato di due ingressi ed è diviso in due diverse unità
abitative; in una metà dell’immobile i coniugi Angela Magro e Paolo Colino, attuali
ricorrenti, eseguirono ristrutturazioni e apportarono migliorie con lavori svolti in
economia. Anche per questa parte il decreto impugnato è incorso in errore,
indicando Angela Magro come moglie di Michele Crapula; ed ha poi errato
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inefficace per sopravvenuta morte. Al pari di altri, il bene per cui ora è proposta impugnazione

nell’asserire che Paolo Golino non fosse percettore di redditi, non tenendo in
considerazione che ha sempre svolto attività lavorativa come gommista.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è articolato in motivi che non sono consentiti in materia di misure di
prevenzione, perché il legislatore ha limitato la ricorribilità dei relativi provvedimenti al solo
vizio di violazione di legge, impedendo la devoluzione al sindacato di legittimità dei vizi della
motivazione. In questo senso si è più volte pronunciata questa Corte, chiarendo che, in tema
di misure di prevenzione, la riserva del sindacato di legittimità alla violazione di legge non

proc. pen., sicché il controllo del provvedimento consiste solo nella verifica della rispondenza
degli elementi esaminati (se necessario acquisiti ex officio dal giudice) ai parametri legali,
imposti per l’applicazione delle singole misure e vincolanti, in assenza della quale ricorre la
violazione di legge sub specie di motivazione apparente – Sez. 5, n. 19598 dell’8/4/2010 dep. 24/5/2010, Palermo, Rv. 247514 -.
È appena il caso di osservare che il denunciato errore nell’attribuzione della titolarità del
bene, consistito nell’aver indicato Angela come moglie, e non figlia, di Aurelio Magro, è del
tutto irrilevante, e non ha inficiato la tenuta logica della motivazione; sì come è irrilevante
l’altro errore, consistito nell’aver indicato Angela Magro quale moglie di Michele Crapula.
Circa poi la deduzione difensiva in punto di acquisto dell’immobile confiscato con i
proventi della madre di Angela e Venera Magro, al tempo titolare di un’attività commerciale
che avrebbe prodotto i redditi necessari all’acquisto e che furono sottratti alle doverose
dichiarazioni fiscali, è sufficiente fare richiamo a quanto da questa Corte statuito più volte, e
cioè che «in tema di misure di prevenzione patrimoniali, considerato che le disposizioni sulla
confisca mirano a sottrarre alla disponibilità dell’indiziato di appartenenza a sodalizi di tipo
mafioso tutti i beni che siano frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego, senza
distinguere se tali attività siano o meno di tipo mafioso, è legittimo il provvedimento di
confisca di beni del prevenute che ne giustifichi il possesso dichiarando di averli acquistati con i
proventi del reato di evasione fiscale». – Sez. 2, n. 27037 del 27/3/2012 (dep. 10/7/2012),
Bini, Rv. 253405 -.
In ordine, poi, alla deduzione relativa all’esecuzione dei lavori di ristrutturazione e di
miglioramento dell’immobile svolti in economia, è sufficiente ricordare che essa è stata presa
in considerazione della Corte territoriale, che ne ha rilevato la genericità per non avere i
ricorrenti fatto alcuna allegazione capace di darle consistenza. Ha quindi logicamente concluso
per l’inidoneità di detta deduzione a superare la presunzione che i beni siano frutti di reimpiego
di proventi dell’attività delittuosa.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna dei
ricorrenti alle spese e a una somma, che si reputa equa nella misura di C 1000,00, in favore
della Cassa delle ammende, non sussistendo alcuna ipotesi di carenza di colpa nella

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consente di dedurre il vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. e), cod.

determinazione della causa d’inammissibilità, secondo l’orientamento espresso dalla Corte
Costituzionale con la sentenza n. 186 del 2000.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del
procedimento e, ciascuno, della somma di C 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso, il 17 maggio 2013.

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