Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31985 del 09/04/2014


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Penale Sent. Sez. 7 Num. 31985 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: BIANCHI LUISA

9-07-&-/J
ORDWANZA.

sul ricorso proposto da:
SANCHEZ BERREZUETA TOBIAS JOSUE’ N. IL 20/06/1978
avverso la sentenza n. 6136/2012 CORTE APPELLO di MILANO, del
22/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUISA BIANCHI;

Data Udienza: 09/04/2014

16936/2013
RITENUTO IN FATTO

2. Ricorre per cassazione l’ imputato lamentando il difetto di motivazione della
impugnata sentenza per quanto riguarda sia l’affermazione di responsabilità che la
determinazione della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 motivi proposti sono inammissibili. Si tratta di doglianze assolutamente
generiche che ripropongono le analoghe censure formulate con l’appello e alle quali
la Corte ha già congruamente e logicamente risposto indicando il percorso logico e
fattuale sulla cui base il comportamento dell’ attuale ricorrente è stato ritenuto prova
del concorso dei medesimi nei contestati reati.
2. Occorre tuttavia tenere conto delle modifiche normative conseguenti a
pronunce della Corte costituzionale specificando che, nel caso in esame, non essendo
stata determinata la natura della sostanza per la quale è intervenuta condanna, non
può che ritenersi, per il principio del favor rei, che la condotta contestata avesse ad
oggetto le c.d. droghe leggere.
3. Con sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014, per quanto qui
rileva, è stata dichiarata la illegittimità costituzionale dell’ art. 4 bis della legge 21
febbraio 2006 n.49, entrata in vigore il 28.2.2006, nella cui vigenza sono stati
commessi i contestati reati;
agli stessi, a seguito
di tale dichiarazione di
incostituzionalità e come dalla Corte costituzionale espressamente affermato, trova
applicazione l’art. 73 del d.P.R 309/90 e relative tabelle
nella formulazione
precedente le modifiche apportate con le disposizioni ritenute incostituzionali, con il
ripristino del differente trattamento sanzionatorio dei reati concernenti le droghe
leggere e le droghe pesanti anche agli effetti dell’ipotesi attenuata di cui al quinto
comma.
In particolare, per quanto qui rileva, trattandosi di fatti attinenti a droghe
leggere, quello che secondo la legge (Fini-Giovananrdi) che ha trovato applicazione
nella specie ed è stata ritenuta incostituzionale era il minimo edittale (6 anni), è
secondo la legge precedente (Iervolino-Vassalli), ora “rivitalizzata”, il massimo
consentito; inoltre la modifica intervenuta comporta la applicazione di un diverso e più
breve termine di prescrizione del reato.
4. La radicale modifica del quadro normativo di riferimento così intervenuta
richiede, tenendo presente che l’intervento della Corte costituzionale che qui viene in
rilievo ha riguardato non già le norme incriminatrici ma il trattamento sanzionatorio
applicabile, la valutazione delle situazioni giudicate ed oggetto di ricorso davanti a
questa Corte alla luce del principio di eguaglianza (art. 3 Costituzione) e di quelli
relativi alla successione di leggi nel tempo dettati dagli artt. 2, co.4, codice penale e
1

1.11 Tribunale di Milano, all’esito di giudizio abbreviato, dichiarava Sanchez
Berrezueta Tobias Josuè colpevole, in concorso con altri separatamente giudicati, del
reato di acquisto di sostanza stupefacente di tipologia e quantitativo indefinito per un
controvalore di euro 12929,00, fatti avvenuti tra settembre e novembre 2011; previo
riconoscimento delle attenuanti generiche prevalenti sulla aggravante del fatto
commesso in tre persone, e con la riduzione del rito, lo condannava a 2 anni e 8
mesi di reclusione ed euro 12000 di multa.
La corte di appello ha confermato la sentenza.

5. Ritiene il Collegio che alla applicazione della nuova normativa nei processi in
corso, in quanto più favorevole, non sia di ostacolo la inammissibilità del ricorso
trattandosi di questione che deve essere rilevata di ufficio ex art.609 cod.proc.pen.,
non potendosi considerare preclusivo la formazione del giudicato in senso sostanziale
(nel senso da ultimo espresso da SU n.24246 del 2004), atteso che l’intervento
normativo è intervenuto successivamente alla data di proposizione del presente
ricorso e pertanto certamente non era possibile tenere conto di esso nella
formulazione dei motivi proposti.
6. Per effetto del principio della applicazione della legge più favorevole come
riconosciuto dalla Cedu, è necessario che quando la legge del tempo in cui è stato
commesso il reato prevede un trattamento più gravoso, quanto a definizione del reato
e previsione delle relative pene, rispetto a quello introdotto da una norma successiva,
sia applicato quest’ultimo, salvo il limite del giudicato. Nella individuazione della
legge più favorevole si deve considerare la disposizione in concreto complessivamente
più favorevole, senza potersi mai combinare parti di disposizioni diverse perché ciò
porterebbe ad applicare un “tertium genus” non consentito e cioè una normativa non
prevista dal legislatore.
7. Venendo alla situazione in esame, ritiene il Collegio di dover annullare la
sentenza impugnata per tenere conto dei riferimenti edittali previsti in relazione al
diversificato trattamento sanzionatorio tra droghe leggere e droghe pesanti dal testo
originario del dPR 309/90, ora rivitilazzato, e dunque della forbice da uno a sei anni
stabilita per l’ipotesi qui in considerazione, precisandosi che l’annullamento interviene
solo con riguardo al trattamento sanzionatorio e pertanto, ai sensi dell’art. 624
cod.proc.pen., il capo concernente la penale responsabilità è divenuto irrevocabile.
p.q.m.
annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio per
effetto della sentenza della Corte Costituzionale n.32/2014. Rinvia sul punto alla Corte
di appello di Milano. Rigetta nel resto. Visto l’art. 624 cod.proc.pen. dichiara
l’irrevocabilità della sentenza in ordine alla affermazione di responsabilità.

Così deciso in Roma il 9.4.2014

7, par. 1, Convenzione europea sui diritti dell’Uomo, occorrendo in particolare
adeguarsi alla interpretazione della Corte EDU del predetto art. 7, par. 1, della citata
Convenzione europea, secondo cui l’imputato ha diritto di beneficiare della legge
penale successiva alla commissione del reato, che prevede una sanzione meno severa
di quella stabilita in precedenza, fino a che non sia intervenuta sentenza passata in
giudicato (sentenza CEDU Scoppola C/Italia; Corte cost. n.210/2013).

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