Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3197 del 18/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 3197 Anno 2016
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SCOTTI MONICA N. IL 30/10/1972
avverso la sentenza n. 6548/2014 GIP TRIBUNALE di NOLA, del
18/11/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 18/11/2015

Ritenuto in fatto

1.Con sentenza deliberata il 18 novembre 2014 ai sensi dell’art. 444 cod. proc.
pen. il G.I.P. del Tribunale di Noia applicava a Monica Scotti la pena concordata tra
le parti di anni uno, mesi undici, giorni dieci di reclusione ed euro 1.200,00 di multa

di arma comune da sparo clandestina, nonché di detenzione di munizioni.
2.Avverso tale sentenza ricorre l’imputata personalmente, la quale lamenta
l’erroneità del calcolo della pena per avere il G.I.P. applicato l’aumento per i reati
satellite, unificati per continuazione, sia sulla pena detentiva, che su quella
pecuniaria, nonostante l’art. 697 cod. pen. preveda sanzione alternativa. Inoltre,
anche la pena irrogata è eccessiva nel suo ammontare ed il giudice non ha
giustificato i poteri discrezionali di commisurazione del trattamento punitivo,
mentre la concessione delle attenuanti generiche avrebbe consentito di mitigare la
pena in aderenza al principio di ragionevolezza e congruità.

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile perché basato su motivi manifestamente infondati.
1.Va premesso che l’applicazione della pena su richiesta delle parti costituisce
istituto processuale, in virtù del quale l’imputato ed il pubblico ministero si
accordano sulla qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza
di circostanze, sulla comparazione fra le stesse e sull’entità della pena. Da parte
sua il giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti
giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla, una volta verificata
l’evidente insussistenza di una delle cause di non punibilità previste dall’art. 129
cod. proc. pen..
1.1 Ne consegue che, ottenuta l’applicazione di una determinata pena ai sensi
dell’art. 444 cod. proc. pen., all’imputato non è consentito rimettere in discussione
profili oggettivi o soggettivi della fattispecie con riferimento all’entità della pena,
tranne che la stessa sia illegale, od alla configurabilità di aggravanti o attenuanti,
non considerate o contemplate nell’accordo pattizio (ex multis: Cass., sez. 3, n.
30.11.1995, Canna, rv. 203284; sez. 6, n. 38943 del 18/9/2003, P.G. in proc.
Cacciatori, rv. 227718; sez. 2, n. 40519 del 12/10/2005, P.M. in proc. Scafidi, rv.
232844; sez. 6, n. 32004 del 10/04/2003, P.G. in proc. Valetta, rv. 228405; sez. 3,
n. 10286 del 13/02/2013, Matteliano, rv. 254980)
1.2 Nel caso in esame, il G.I.P. con motivazione succinta, ma certamente

in relazione ai reati, unificati per continuazione, di detenzione illegale e ricettazione

congrua ed efficace, ha ritenuto corretto il procedimento di calcolo della pena,
prospettato congiuntamente dalle parti e quindi di dover aumentare la pena base
per il reato di maggiore gravità sia quanto alla reclusione, che alla multa, in
ossequio peraltro al principio di diritto, affermato da questa Corte, secondo il quale
“Una volta ritenuta la continuazione tra più reati, il trattamento sanzionatorio
originariamente previsto per i reati “satelliti” non esplica più alcuna efficacia,
dovendosi solo aumentare la pena prevista per la violazione più grave, senza che

27/03/1992, P.M. e Cardarilli, rv. 191129; sez. 1, n. 15986 del 02/04/2009, Bellini,
rv. 243174).
1.3 Inoltre, anche in ordine alla quantificazione della pena complessiva si
trascura che il giudice ha aderito alla proposta negoziata dalle parti e che ha già
accordato anche le circostanze attenuanti generiche.
Deve dunque concludersi per l’assoluta infondatezza e palese pretestuosità
delle doglianze, espresse col ricorso, dal momento che la sentenza impugnata ha
esaminato in modo critico e ragionato il compendio probatorio acquisito,
concludendo per la corretta identificazione della ricorrente e l’altrettanto giustificata
attribuzione alla sua persona delle condotte criminose contestategli, per la
correttezza e congruità della pena, il tutto secondo lo schema argomentativo
proprio della pronuncia di condanna emessa nel giudizio ordinario, più che della
sentenza di patteggiamento, come delineato dalla giurisprudenza di questa Corte
(Cass. Sez. Unite n. 5777 del 27/3/1992, Di Benedetto, rv. 191135). Il che
consente di escludere la ravvisabilità dei vizi denunciati.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna
della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi
atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte
Cost. sent. n. 186 del 2000), al versamento a favore della Cassa delle Ammende di
una sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in euro millecinquecento.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.500,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 18 novembre 2015
Il Consigliere estensore

Il Presidente

rilevi la “qualità” della pena prevista per i reati “satelliti” (Sez. U, n. 4901 del

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