Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31967 del 09/04/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31967 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: BIANCHI LUISA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ISSAOUI AMINE N. IL 04/02/1987
avverso la sentenza n. 27/2013 TRIBUNALE di SAVONA, del
15/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUISA BIANCHI;

Data Udienza: 09/04/2014

10765/2013
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza e genericità dei motivi. Come
questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis Cass. S.U. 27 settembre
1995, Serafino), l’obbligo della motivazione della sentenza di applicazione concordata
della pena va conformato alla particolare natura della medesima e deve ritenersi
adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorché succintamente, di aver proceduto alla
delibazione degli elementi positivi richiesti (la sussistenza dell’accordo delle parti, la
corretta qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione di eventuali circostanze ed il
giudizio di bilanciamento, la congruità della pena, la concedibilità della sospensione
condizionale della pena ove la efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e di
quelli negativi (che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a
norma dell’articolo 129 c.p.p.). In particolare, il giudizio negativo in ordine alla
ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’articolo 129 c.p.p. deve essere accompagnato
da una specifica motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle
parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non
punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione
consistente nell’enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta la verifica
richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per una pronuncia di
proscioglimento ai sensi della disposizione citata. Nel procedimento speciale di
applicazione della pena su richiesta delle parti, il giudice decide, invero, sulla base
degli atti assunti ed è tenuto, pertanto, a valutare se sussistano le anzidette cause di
proscioglimento soltanto se le stesse preesistano alla richiesta e siano desumibili dagli
atti medesimi.
Non è consentito, dunque, all’imputato, dopo l’intervenuto e ratificato accordo,
proporre questioni in ordine alla mancata applicazione dell’articolo 129 c.p.p., senza
precisare per quali specifiche ragioni detta disposizione avrebbe dovuto essere
applicata nel momento del giudizio.
Osserva inoltre il Collegio che l’entità della pena risulta congrua anche il relazione
alle sopravvenute, recenti, modifiche normative. Per effetto della sentenza della Corte
costituzionale n. 32 del 2014, la disciplina in materia di sotanze stupefacenti che viene
in rilievo nella presente situazione è quella prevista dal DPR n.309/90 nella versione
antecedente alle modifiche introdotte dal d.I.30 dicembre 2005,n.272 convertito con
modificazioni dalla legge21 febbraio 2006 n.49, di talchè la pena per le droghe
leggere, ai sensi dell’art. 73, quinto comma, va da sei mesi a quattro anni di reclusine
oltre la multa. Nella specie la pena base, in relazione alla cessione ad un minore e
alla detenzione di un ulteriore pezzo di hashish, è stata determinata nella misura di
15 mesi di reclusione cioè in misura autonoma rispetto al precedente minimo
edittale e assai distante dal massimo, onde può ritenersi che non rilevino i nuovi,
inferiori, limiti previsti; né il reato – commesso il 14.1.2013 – risulta prescritto in
base ai più favorevoli termini di prescrizione collegati alla nuova qualificazione
giuridica del reato.
Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento ed al pagamento a favore della cassa delle ammende, non
emergendo ragioni di esonero, della somma di euro 1500,00 (millecinqucento/00) a
titolo di sanzione pecuniaria.

L’imputato Issaoui Amine# ricorre per cassazione contro la sentenza di applicazione
concordata della pena in epigrafe indicata, deducendo la mancanza di motivazione in
ordine all’ applicazione dell’articolo 129 c.p.p. .

p.q.m.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1500,00 (millecinquecento/00) a favore della cassa
delle ammende.

Così deciso il 9.4.2014

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