Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31916 del 05/03/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31916 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: IZZO FAUSTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TOTARO AZZURRA N. IL 02/08/1983
avverso la sentenza n. 1934/2011 CORTE APPELLO di LECCE, del
26/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FAUSTO IZZO;

Data Udienza: 05/03/2014

OSSERVA
1. Con la sentenza in epigrafe veniva confermata la condanna di TOTARO Azzurra
per delitti di cui all’art. 73 TU 309 del 1990 per traffico di stupefacenti (acc. il 5-6
giugno e 17 luglio 2007). Veniva confermata anche la pena di anni 5 di reclusione ed €
23.000= di multa.

3. Il ricorso è inammissibile.
Invero le censure mosse sono generiche, atteso che è stata riproposta la medesima
tesi già esaminata dalla Corte di merito. Nella giurisprudenza di legittimità è stato
affermato il seguente principio di diritto: “E’ inammissibile il ricorso per cassazione
fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate
dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di
specificità del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità,
come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni
argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato
senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett.
c), all’inammissibilità” (in termini, Sez. 4, N. 256/98 – ud. 18/9/1997 – RV. 210157; nello
stesso senso Sez. 4, N. 1561/93 – ud. 15/12/1992 – RV. 193046).
Nella concreta fattispecie la Corte territoriale ha dato adeguatamente conto del
proprio convincimento evidenziando come dalle intercettazione sia emerso come
l’imputata si approvvigionasse di sostanza stupefacente (eroina ed hashish) per cederla
a terzi, tanto vero che in una circostanza sollecita il suo fornitore alla consegna della
sostanza, in quanto pressata da “quello”. Peraltro la stessa imputata aveva ammesso
l’episodio del 5\6\07, precisando che il temine “macchina” si faceva riferimento alla
sostanza stupefacente.
Orbene, le censure mosse dalla difesa alla sentenza, esprimono solo un dissenso
generico rispetto alla ricostruzione del fatto (operata in modo conforme dal giudice di
primo e secondo grado) ed invitano ad una rilettura nel merito della vicenda, non
consentita nel giudizio di legittimità, a fronte di una motivazione della sentenza
impugnata che regge al sindacato di legittimità, non apprezzandosi nelle
argomentazioni proposte quei profili di macroscopica illogicità, che soli, potrebbero qui
avere rilievo.
4. Con riguardo al diniego dell’attenuante di cui al V comma dell’art. 73 TU 309\90, le
censure della ricorrente in ordine a pretese carenze motivazionali della sentenza
impugnata risultano manifestamente infondate.
Va ricordato che questa Corte ha più volte ribadito che l’attenuante del fatto di lieve
entità deve essere individuata in base ad un’operazione interpretativa che consenta di
rapportare in modo razionale la pena al fatto, tenendo conto del criterio di
ragionevolezza derivante dall’art. 3 Cost., che impone – tanto al legislatore quanto
all’interprete – la proporzione tra la quantità e la qualità della pena e l’offensività del
fatto (Cass. VI, 4194\95, imp. Salmi Ben, rv. 200797).
Nel caso di specie il giudice di merito, con congrua motivazione, ha evidenziato come
la Totaro fosse dedita stabilmente all’attività del reperimento dello stupefacente
(eroina e hashish) che, successivamente, provvedeva a spacciare, così negando il
riconoscimento della attenuante.
1

2. Propone ricorso per cassazione l’imputata deducendo la violazione di legge e vizio
di motivazione in ordine alla affermazione della penale responsabilità, al mancato
riconoscimento della diminuente di cui al quinto comma dell’art. 73 e delle attenuanti
generiche.
Con memoria del 31\1\2014Aricorrente ha ribadito le censure alla condanna.

Va ricordato che questa Corte ha avuto modo di statuire che : “In tema di commercio
di sostanze stupefacenti non è qualificabile come fatto di lieve entità l’ipotesi di
singolo spaccio di modesta quantità della sostanza, se esso costituisca l’apprezzabile
reiterazione, antecedentemente programmata o meno, di altri simili atti” (Cass. IV,

21-9-2000, n. 17).

Sulla base di tali insegnamenti il giudice del merito, a fronte rélla reiterazione
dell’attività di spaccio, coerentemente ha ritenuto superate le soglie per ritenere il
fatto di minima offensività.
5. Quanto, infine, al trattamento sanzionatorio, la ricorrente pretende che in questa
sede si proceda ad una rinnovata valutazione delle modalità mediante le quali il
giudice di merito ha esercitato il potere discrezionale a lui concesso dall’ordinamento
ai fini della valutazione del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
L’esercizio di detto potere deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in
misura sufficiente il pensiero del giudice in ordine all’adeguamento della pena concreta
alla entità effettiva del reato ed alla personalità del reo.
La concessione delle attenuanti generiche presuppone, inoltre, l’esistenza di elementi
suscettibili di positivo apprezzamento, di cui il giudice di merito deve dare conto nella
motivazione della sentenza.
A questo si aggiunga che, la sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai fini
dell’art. 62-bis cod. pen. è oggetto di un giudizio di fatto e può essere esclusa dal
giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria
decisione, non sindacabile in sede di legittimità, purchè non contraddittoria e
congruamente motivata, neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per
ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (Cass.VI,
42688\08, Caridi).

Nel caso di specie, il giudice di merito ha spiegato di non ritenere l’imputata
meritevole delle invocate attenuanti in ragione della stabile e reiterata attività illecita
fe(l’assenza di elementi positivi di valutazione.
Si tratta di una considerazione ampiamente giustificativa del diniego della
concessione, che le censure del ricorrente non valgono a scalfire.
6. Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle Ammende,
non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro 1000,00 (mille/00) a titolo di
sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000 a favore della Cassa delle ammende .
Così deciso in Roma il 5 marzo 2014

DEPoiirrATA 1

10764\92, Cavari).

La valutazione della corte distrettuale è esente da censure, tenuto conto degli
orientamenti di questa Corte regolatrice la quale ha affermato che la circostanza
attenuante speciale del fattoe lieve può essere riconosciuta solo in ipotesi di minima
offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia
dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze
dell’azione), con la conseguenza che, ove venga meno anche uno soltanto degli indici
previsti dalla legge, diviene irrilevante l’eventuale presenza degli altri (Cass. Sez. Un.

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