Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31915 del 05/03/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 7 Num. 31915 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: IZZO FAUSTO

5 . rt

1,4

DRCECSaral

sul ricorso proposto da:
LA ROSA UMBERTO N. IL 27/06/1965
avverso la sentenza n. 515/2012 CORTE APPELLO di PALERMO, del
28/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FAUSTO IZZO;

Data Udienza: 05/03/2014

Ritenuto in fatto
L LA ROSA Umberto ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza in
epigrafe con la quale è stata confermata la sua condanna per il delitto di cui all’art.
73, co. V, T.U. 309 del 1990 per coltivazione di marijuana e la detenzione illecita di
dieci bustine di hashish (acc. in Palermo il 19\6\2008).
Lamenta il ricorrente il difetto di motivazione sul diniego delle attenuanti generiche e
sul complessivo trattamento sanzionatorio.

1. I motivi di censura che è dato esaminare sono inammissibili, considerata la
genericità della loro formulazione a fronte di una motivazione della sentenza
impugnata, connotata da coerenza e logicità.
Tanto ritenuto, osserva il Collegio che sussistono i presupposti per rilevare
l’illegittimità della pena inflitta al prevenuto, in riferimento al reato in addebito.
Invero, l’inammissibilità del ricorso non impedisce a questa Corte regolatrice di
annullare con rinvio la sentenza impugnata, in ragione delle modifiche normative che
sono intervenute dopo il deposito del presente ricorso. Invero, deve in questa sede
ribadirsi che per il caso di modifiche normative sopravvenute, l’inammissibilità del
ricorso non impedisce l’adozione di una pronuncia di annullamento da parte della
Corte regolatrice (cfr. Cass. Sez. VI, sentenza n. 21982, del 16 maggio 2013, n. 21982,
Rv 255674, ove l’inammissibilità del ricorso non ha impedito l’annullamento della sentenza
impugnata, in conseguenza della declaratoria di illegittimità costituzionale della norma
applicata al caso di giudizio).
Deve, allora, considerarsi che, per effetto della sentenza della Corte Costituzionale del
12 febbraio 2014 n. 32, la disciplina in materia di sostanze stupefacenti che viene in
rilievo è quella prevista dal d.P.R. n. 309 del 1990, nella versione antecedente alle
modifiche introdotte dal d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, convertito con modificazioni
dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49, di talché la pena per le sostanze di cui alle tabelle
II e IV dell’art. 14, nell’ipotesi di cui all’art. 73, comma V, risulta ricompresa dal
minimo di sei mesi al massimo di quattro anni di reclusione, oltre la multa.
Come noto, la Corte Costituzionale, con sentenza del 12.02.2014 n. 32 ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter, del decreto-legge 30
dicembre 2005, n. 272 (Misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per le
prossime Olimpiadi invernali, nonché la funzionalità dell’Amministrazione dell’interno.
Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi e modifiche al testo unico
delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione,
cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), convertito, con modificazioni, dall’art. 1,
comma 1, della legge 21 febbraio 2006, n. 49. Le disposizioni colpite dalla declaratoria
illegittimità costituzionale avevano introdotto significative modifiche nell’ordinamento,
apportando una innovazione sistematica alla disciplina dei reati in materia di
stupefacenti, sia sotto il profilo delle incriminazioni sia sotto quello sanzionatorio. Il
fulcro della novella, infatti, era costituito dalla parificazione dei delitti riguardanti le
droghe cosiddette “pesanti” e di quelli aventi ad oggetto le droghe cosiddette
“leggere”, fattispecie differenziate invece dalla precedente disciplina, di cui al d.P.R. n.
309 del 1990.
Occorre considerare che, a causa della intervenuta declaratoria di illegittimità
costituzionale, ad opera della citata sentenza n. 32 del 2014, la pena edittale relativa
all’ipotesi delittuosa di cui all’art. 73, comma V, d.P.R. n. 309/1990, rispetto alla
detenzione a fine di spaccio di sostanze rientranti nelle tabelle II e IV, è quella della
reclusione da sei mesi a quattro anni, oltre la multa, laddove il testo oggetto della
declaratoria di incostituzionalità, stabiliva un più grave trattamento sanzionatorio,
compreso da uno a sei anni di reclusione, oltre la multa.

Considerato in diritto

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia sul
punto alla Corte di Appello di Palermo.
Così deciso in Roma, il 5 marzo 2014
Il Consi ere e t.

E’ poi appena il caso di rilevare che il trattamento sanzionatorio ora richiamato risulta,
in concreto, più favorevole rispetto all’ipotesi di cui all’art. 73, comma V, d.P.R. n. 309
del 1990, risultante dalle modifiche introdotte dall’art. 2, comma 1, d.l. 23 dicembre
2013 n. 146, convertito con modificazioni dall’art. 1, comma 1, della legge 21 febbraio
2014, n.10. Ai fini di interesse, si rileva, infatti, che a seguito delle richiamate
modifiche è oggi prevista, per l’ipotesi di cui all’art. 73, comma V, cit., la pena della
reclusione da uno a cinque anni, oltre la multa.
L’ordine di considerazioni che precede induce conclusivamente a rilevare che le
evidenziate modifiche alla cornice edittale di riferimento risultano rilevanti, rispetto
alla pena inflitta nel caso di specie, poiché i giudici di merito, nel determinare il
trattamento sanzionatorio, hanno tenuto conto dei limiti edittali previgenti e più
gravosi.
Si impone, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di
Appello di Palermo per nuovo esame, limitatamente alla determinazione del
trattamento sanzionatorio. Nel resto, il ricorso deve essere rigettato. Ai sensi e per gli
effetti dell’art. 624, comma 2, cod. proc. pen., rileva il Collegio che la sentenza
impugnata è divenuta irrevocabile, in riferimento alla affermazione di penale
responsabilità dell’imputato, per il reato in addebito.
Si osserva che l’epilogo decisorio ora richiamato rientra nella sfera di competenza
della Settima sezione penale, alla luce delle recenti variazioni tabellari, disposte dal
Primo Presidente, con decreto immediatamente esecutivo del 26.02.2014. Ed invero,
nel decreto ora richiamato, si rileva espressamente che in caso di pronunce della
Corte Costituzionale che incidono sulla pena applicabile – quale la situazione
verificatasi in riferimento alla fattispecie di reato di cui all’art. 73, d.P.R. n. 309 del
1990, per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del 2014 – la Settima
sezione penale può adottare sentenze di annullamento con rinvio.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA