Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31914 del 09/07/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 31914 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
1. COSENTINO AURELIO nato il 10/10/1966;
2. COSENTINO PALMIRO nato il 02/05/1960;
3. COSENTINO MARIO nato il 01/01/1965
avverso l’ordinanza del 14/01/2015 del Tribunale del Riesame di Napoli;
Visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Oscar Cedrangolo che
ha concluso per il rigetto;
udito il difensore avv.to Vincenzo Maiello per tutti i ricorrenti che ha
concluso per l’accoglimento dei ricorsi.
FATTO
1. Con ordinanza del 14/01/2015, il Tribunale del Riesame di
Napoli confermava il decreto con il quale, in data 09/12/2014, il giudice
per le indagini preliminari del tribunale della medesima città, aveva
ordinato il sequestro preventivo, ex art. 321/1-2 cod. proc. pen.,
dell’intero capitale sociale e delle relative aziende dell’Aversana Petroli

Data Udienza: 09/07/2015

s.r.l. e della IP Service s.r.l. di proprietà, fra gli altri, dei f.11i
COSENTINO Mario (proprietario di una quota della IP s.r.l. nonché della
Aversana Petroli s.r.I.), COSENTINO Aurelio e COSENTINO Palmiro
(proprietari di quote dell’Aversana Petroli s.r.I.).
Il sequestro era stato ordinato sul presupposto che la struttura

Giovanni, Cosentino Nicola e Cosentino Antonio, indagati per i reati di
estorsione e concorrenza illecita con minaccia o violenza aggravati
dall’art. 7 L. 203/1991 nei confronti di Luigi Gallo, titolare di
un’autorizzazione legittimamente concessa e poi revocata dal
funzionario Tomincasa.

2.

Avverso la suddetta ordinanza, COSENTINO Mario, e

COSENTINO Aurelio e COSENTINO Palmiro, hanno proposto separati
ricorsi per cassazione.

3. COSENTINO Mario, a mezzo del proprio difensore, ha dedotto:
3.1.

MOTIVAZIONE OMESSA O APPARENTE

in ordine alla sussistenza del

periculum in mora: la difesa, dopo avere premesso che il ricorrente non
era indagato e che il medesimo era titolare solo di una quota della IP
service s.r.I., ha sostenuto che l’ordinanza impugnata «non dedica un
solo rigo alla sottolineatura del nesso di strumentalità che dovrebbe
intercorrere tra il sequestro delle quote sociali possedute dal sign. Mario
Cosentino nell’ambito della IP service s.r.l. e la neutralizzazione
dell’evidenziato

periculum in mora» requisito che dev’essere

caratterizzato dai caratteri della concretezze della attualità.
Secondo la tesi difensiva, il Tribunale avrebbe omesso di valutare
che il pregiudizio che il sequestro della quota sociale reca al suo
proprietario consiste, fondamentalmente, nella privazione del diritto di
voto e, di conseguenza, nell’impedimento alla formazione della volontà
assembleare. In altre parole, la ratio del sequestro impeditivo di quote o
azioni di una società di capitali consiste nell’ostacolare la commissione di
ulteriori reati attraverso l’utilizzazione delle strutture societarie: di
conseguenza, il sequestro preventivo delle quote societarie può

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delle suddette società, in realtà, era gestita dagli altri f.11i Cosentino

riguardare solo fattispecie criminose che implichino il coinvolgimento
delle strutture societarie. Ma, nel caso di specie, era impossibile
individuare un nesso di strumentalità tra il sequestro delle quote sociali
e i reati di estorsione e concorrenza illecita.
3.2.

VIOLAZIONE DEL DLGS N °

231/2001: la difesa ha premesso che,

con la quale aveva sostenuto che l’Aversana Petroli s.r.l. (intesa sia
come azienda, sia quale capitale sociale), lungi dall’essere asservita alla
commissione dei reati commessa da Nicola, Giovanni ed Antonio
Cosentino, avrebbe dovuto, semmai, essere qualificata quale
“beneficiaria” dei reati medesimi, con la conseguenza che la vicenda
avrebbe potuto legittimare un intervento cautelare nel solco dei
presupposti e delle condizioni fissate dal Dlgs n° 231/2001. Sennonché,
il tribunale, alla suddetta tesi, non aveva ritenuto di obiettare alcunché
limitandosi ad opporre l’assunto della sequestrabilità di quote societarie
intestate a terzi estranei al reato e non considerando, quindi, che la
vigenza del sistema della responsabilità del sistema della responsabilità
da reato degli enti impone di attrarre nell’orbita degli strumenti
sanzionatori e cautelari, da essa previsti, vicende del tipo di quelle per
cui è processo.

4. COSENTINO Aurelio e COSENTINO Palmiro, nella loro qualità di
titolari delle quote della Aversana Petroli s.r.I., con un unico ricorso a
mezzo del comune difensore, hanno dedotto:
4.1.

MOTIVAZIONE OMESSA O APPARENTE

periculum in mora:

in ordine alla sussistenza del

si tratta della medesima doglianza dedotta da

Cosentino Mario ed illustrata supra al § 3.1.
4.2.

VIOLAZIONE DEL DLGS N °

231/2001: si tratta della medesima

doglianza dedotta da Cosentino Mario ed illustrata supra al § 3.2.
DIRITTO

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nel procedimento davanti al tribunale, aveva depositato una memoria

1. In punto di fatto, vanno premessi i seguenti dati processuali da
ritenersi, allo stato degli atti, pacifici anche in considerazione della
circostanza che gli stessi ricorrenti, in pratica, nulla hanno obiettato.
Il primo dato processuale, è costituito dalla circostanza che si è
formato il giudicato cautelare in ordine all’ordinanza di custodia

26/03/2014, a carico di Cosentino Nicola, Cosentino Giovanni, Cosentino
Antonio – fratelli degli attuali ricorrenti – per i reati di estorsione e
concorrenza illecita con minaccia o violenza aggravati dall’art. 7 legge
203/1991.
Il secondo dato processuale è che era emerso «in maniera chiara
che la struttura delle società Aversena Petroli s.r.l. e IP Service srl era
gestita dal fratelli Cosentino (Antonio, Giovanni, Nicola) come strumento
per acquisire il monopolio nel settore degli Impianti di distribuzione del
carburante, di intesa con esponenti del clan del casalesi e grazie anche
ad una rete di rapporti con gli amministratori pubblici locali e con í
dipendenti della Q8, come Adamiano Giovanni e Sorrentino Bruno, pure
sottoposti a misura cautelare nell’ambito del presente procedimento»:
pag. 4 ordinanza impugnata: di seguito, il tribunale chiarisce, alla
stregua di puntuali elementi di fatto indicati nel decreto del giudice per
le indagini preliminari, la suddetta affermazione di principio e conclude
richiamando (e facendo propria) l’affermazione del giudice per le
indagini preliminari secondo il quale «le due società, da tempo ormai e
sino ad oggi (secondo il narrato del collaboratore Venosa Salvatore e
per quanto emerge dalle specifiche vicende Gallo, Vozza e Piccolo) sono
asservite all’obiettivo (illecito) dei fratelli Cosentino di acquisire, grazie
alla loro forza (economica, camorristica e politica) il monopolio nel
settore della distribuzione dei carburanti a spese dei piccoli imprenditori
ed ai danni della libera concorrenza (principio tutelato della normativa
europea)».
Il terzo dato processuale è costituito dalla posizione degli attuali
ricorrenti relativamente ai quali, sebbene non indagati, prima il giudice
per le indagini preliminari e, poi, il Tribunale, hanno rilevato, in ordine al
requisito del “periculum in mora”, «che nel caso in esame gli altri soci

cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari, in data

erano legati da rapporti di parentela con gli indagati (essendo tutti
fratelli);
– che il terzo, per considerarsi estraneo, deve essere in buona fede e
cioè non deve avere in alcun modo partecipato al reato, richiedendosi la
mancanza di ogni collegamento diretto o indiretto con la consumazione

e utilità dal reato, né avere avuto comportamenti negligenti che
abbiano favorito Fuso indebito della cosa. Nella fattispecie, le scelte
imprenditoriali (e le ragioni sottese a tali scelte) erano state condivise,
a prescindere da cariche formali e da intestazioni;
– che i fratelli Aurelio e Pa/miro, nella loro qualità di architetti, erano
intervenuti per la Aversana Petroli, compiendo attività a sostegno delle
predette scelte;
– che, in relazione a Cosentino Mario era significativo rammentare che
Sorrentino Bruno della Q8 ricordava di averlo incontrato
saltuariamente, ma di ignorare quale attività svolgesse (verbale
informazioni del 2.2.12), pur essendo lo stesso uno dei soci di
maggioranza in entrambe le società delle cui vicende cominciava ad
occuparsi in qualità di legale rappresentante solo dopo il diffondersi
della notizia della denuncia del Gallo, ancora una volta mostrando piena
condivisione delle scelte dei fratelli;
che, dunque, i fratelli avevano rimesso la disponibilità delle due società
agli attuali indagati che le avevano piegate alla realizzazione di accordi
criminosi;
che considerata l’acquiescenza degli altri soci, peraltro fratelli degli
indagati alle scelte di questi ultimi era evidente che l’attuale
sottoposizione a misura cautelare personale non escludeva la
pericolosità delle strutture societarie di cui i detenuti avrebbero potuto
continuate a disporre tramite i familiari e/o attraverso il conferimento di
procure speciali a persone di fiducia»: pag. 7-8 ordinanza impugnata in
cui il tribunale riporta quanto ritenuto dal giudice per le indagini
preliminari, alle cui motivazioni il tribunale ha aderito avendo rilevato

«una condivisione in fatto, delle attività di gestione tra stretti parenti

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del fatto reato. Nè egli deve avere ricavato consapevolmente vantaggi

(gruppo familiare composta dai fratelli Cosentino)»

(cfr pag. 12

ordinanza impugnata).

2. In punto di diritto, va precisato che il sequestro è stato

2.1. IL

SEQUESTRO IMPEDMVO:

in ordine al sequestro di cui all’art.

321/1 cod. proc. pen. i principi di diritto che sono stati enunciati da
questa Corte di legittimità, possono essere così riassunti:
«l’espressione “cose pertinenti al reato”, cui fa riferimento l’art.
321 cod. proc. pen., è più ampia di quella di corpo di reato, così
come definita dall’art. 253 cod. proc. pen., e comprende non solo
qualunque cosa sulla quale o a mezzo della quale il reato fu
commesso o che ne costituisce il prezzo, il prodotto o il profitto,
ma anche quelle legate anche indirettamente alla fattispecie
criminosa»: Cass. 34986/2013 Rv. 256100;
«nel caso di sequestro c.d. impeditivo, previsto dal 1 comma
dell’art. 321 c.p.p., presupposto della misura cautelare è il
pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato
possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero
agevolare la commissione di altri reati. Si tratta, quindi, di uno
strumento finalizzato ad interrompere quelle situazioni di
pericolosità che possono crearsi con il possesso della “cosa”, per
scopi di prevenzione speciale nei confronti della protrazione o
della reiterazione della condotta illecita, ovvero della causazione
di ulteriori pregiudizi»:

SSUU 29951/2004 (in motivazione §

4.1.);
«Il sequestro preventivo può avere ad oggetto anche beni che
siano nella disponibilità di terzi non indagati, in quanto, in caso
contrario, sarebbe precluso il soddisfacimento delle esigenze di
prevenzione che impongono l’adozione della misura tutte le volte
che un bene, in libera disponibilità di chicchessia e quindi anche
di persona non indagata, sia suscettibile di costituire lo
strumento per aggravare o protrarre le conseguenze del reato»:

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ordinato sia ex art. 321/1 che ex art. 321/2 cod. proc. pen.

Cass. 4496/1999 riv 214033. E’ stato, infatti, precisato che, per
legittimare il sequestro preventivo, occorre un collegamento (cd.
nesso di strumentalità) tra il reato e la cosa sequestrata e non
tra il reato e una persona, giacché a norma dell’art. 321 c.p.p.:
a) non è indispensabile, per adottare la misura, che sia

colpire anche cose di proprietà di terzi estranei al reato, purché
la loro libera disponibilità sia idonea a costituire pericolo di
aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato
ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti
penalmente rilevanti. Al contrario, in sede di misura di sicurezza
patrimoniale, prevale la tutela del diritto di proprietà del terzo
incolpevole, posto che l’art. 240 c.p., comma 3, esclude la
confisca facoltativa e quella obbligatoria delle cose che
costituiscano il prezzo del reato quando le cose appartengono a
persona estranea al reato (per un’applicazione del principio in
tema di trasporto abusivo di rifiuti v. da ultimo Cass. Sez. 3^, n.
26529 del 20.5.2008, Torre, mass. 240551). Con tutta evidenza,
la misura di sicurezza, anche quando ha per oggetto una res
patrimoniale, come nel caso della confisca, conserva una finalità
specialpreventiva che intende colpire la persona che in qualche
modo è colpevole del reato: Cass. 1806/2008 riv 242262; Cass.
32964/2009 riv 244797
«il sequestro preventivo di cosa pertinente al reato è consentito
anche nel caso di ipotesi criminosa già perfezionatasi, purché il
pericolo della libera disponibilità della cosa stessa – che va
accertato dal giudice con adeguata motivazione – presenti i
requisiti della concretezza e dell’attualità e le conseguenze del
reato, ulteriori rispetto alla sua consumazione, abbiano
connotazione di antigiuridicità, consistano nel volontario
aggravarsi o protrarsi dell’offesa al bene protetto che sia in
rapporto di stretta connessione con la condotta penalmente
illecita e possano essere definitivamente rimosse con

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individuato il responsabile del reato stesso; b) la misura può

l’accertamento irrevocabile del reato»:

SSUU 12878/2003 Rv.

223721;
È stato ritenuto legittimo anche il sequestro di un’azienda (Cass.
29797/2001 riv 219855) o di quote di società (Cass. 21810/2004
riv 228101; Cass. 27340/2008 riv 240573; Cass. 11287/2010 riv

estranea al reato, purché i suddetti beni siano, anche
indirettamente, collegati al reato e, ove lasciati in libera
disponibilità, idonei a costituire pericolo di aggravamento o di
protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione
della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti.
Quindi, riassumendo, si può affermare, sulla base della citata
giurisprudenza di questa Corte che:
a) il sequestro impeditivo può essere disposto su qualsiasi bene,
a chiunque appartenente, e, quindi, anche a persona estranea al reato;
b) fra il bene sequestrato ed il reato vi dev’essere un nesso di
strumentalità (o pertinenzialità) nel senso che, ove il bene sia lasciato in
libera disponibilità, sia idoneo a costituire pericolo di aggravamento o di
protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della
commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti;
c) il pericolo della libera disponibilità della cosa stessa deve
presentare i requisiti della concretezza e dell’attualità;
d) il sequestro può, quindi, colpire anche quote societarie o
aziende, essendo le quote o azioni anzitutto rappresentative della
misura della partecipazione di ciascun socio alle assemblee e quindi alla
formazione della volontà della compagine, chiara ne risulta la idoneità
del vincolo de quo a impedire, sia pure in modo mediato e indiretto, la
consumazione di altri reati attraverso la utilizzazione delle strutture
societarie, poiché esso priva i soci dei diritti relativi alle quote, mentre la
partecipazione alle assemblee ed il diritto di voto (anche in ordine
all’eventuale nomina e revoca degli amministratori) spettano al custode
designato in sede penale.

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246358; Cass. 16583/2010 riv 246864) appartenente a persona

2.2. SEQUESTRO FINALIZZATO ALLA CONFISCA: poche parole il tribunale
ha dedicato al sequestro ordinato anche sotto il profilo di cui all’art.
321/2 cod. proc. pen., essendosi limitato semplicemente a rilevare che

«stante la funzionalizzazione dell’attività imprenditoriale anche alle mire
espansionistiche e di affermazione territoriale del clan sul territorio

strumenti societari a concretizzare gli accordi conclusi con i casalesi,
circostanza che impone di ritenere comunque ammissibile il sequestro ai
sensi del secondo comma della predetta disposizione, in relazione alla
previsione dell’art. 240 cod. pen. sia pure avuto riguardo all’ipotesi di
confisca facoltativa».

3. Premessi i suddetti principi di diritto, non resta ora che
verificare se ad essi il Tribunale si sia attenuto.

3.1. IL NESSO DI STRUMENTALITÀ: come si è detto il sequestro ha
avuto per oggetto l’intero capitale sociale e le relative aziende di
entrambe le società delle quali i ricorrenti sono proprietari pro quota.
I ricorrenti contestano che il sequestro possa adempiere allo scopo
che si era prefissato (e cioè di evitare la futura commissione dei reati di
estorsione ed illecita concorrenza), adducendo il seguente testuale
argomento:

«Per adempiere a tale onere di giustificazione,

[ndr: i

giudici] avrebbero dovuto mettere in relazione la natura del bene

sequestrato ed il ‘tipo’ di reato contestato nel presente procedimento. In
particolare, G.I.P. e Giudice della impugnazione avrebbero dovuto
soffermarsi […] sul contenuto dei diritti e delle facoltà che, quale effetto
naturale del sequestro di quote o azioni di una società di capitali,
vengono sottratti al loro proprietario. Solo all’esito di una tale
ricognizione si sarebbe potuto impostare, con considerazioni proiettate
sui termini reali della regiudicanda, il discorso relativo all’asserita
configurabilità del periculum in mora. Ora, il pregiudizio che il sequestro
della quota sociale reca al suo proprietario consiste, fondamentalmente,
nella privazione del diritto di voto e, di conseguenza, nell’impedimento
alla formazione della volontà assembleare […] la ratio del sequestro

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casertano, riveste indubbia valenza la oggettiva idoneità dei due

preventivo cd. impeditívo di quote o azioni di una società di capitali sta
nell’ostacolare la commissione di ulteriori reati attraverso la utilizzazione
delle strutture societarie: la conseguenza non può che essere che il
sequestro preventivo di quote societarie può riguardare solo fattispecie
criminose che — sul piano della tipicità legale, ovvero su quello delle

abbiano implicato) il coinvolgimento delle strutture societarie. Orbene,
una valutazione del periculum in mora modulata secondo tali coordinate
non è stata svolta dal Tribunale napoletano [….] è il caso di rilevare
come l’inconferenza del riportato schema motivazionale nasconde
l’oggettiva impossibilità di individuare un nesso di strumentalità tra il
sequestro delle quote sociali e reati di estorsione e concorrenza illecita».
La censura è infondata per le ragioni di seguito indicate.
In punto di diritto, come si è già detto, il sequestro impeditivo di
quote o azioni di società (come nel caso di specie) la giurisprudenza di
questa Corte lo ammette, perché, essendo le quote o azioni anzitutto
rappresentative della misura della partecipazione di ciascun socio alle
assemblee e quindi alla formazione della volontà della compagine,
chiara ne risulta la idoneità del vincolo de quo a impedire, sia pure in
modo mediato e indiretto, la consumazione di altri reati attraverso la
utilizzazione delle strutture societarie.
In punto di fatto, contrariamente a quanto sostenuto dai
ricorrenti, limpida e tranciante è la motivazione con la quale, prima il
giudice per le indagini preliminari e, poi il tribunale, hanno ritenuto la
sussistenza del nesso di strumentalità.
E così, il Tribunale, nel riepilogare l’episodio dell’estorsione ai
danni di Luigi Gallo, scrive che costui fu costretto: a) a subire, nel
gennaio 2010, la richiesta esplicita di Giovanni Cosentino il quale
affermava che nessuno accordo sarebbe stato possibile se non avesse
ceduto l’esclusiva del GPL e la titolarità del terreno, accontentandosi di
essere il gestore di uno dei 300 impianti della “s.r.l. Aversana Petroli”;
b) a rinunciare al ricorso al Consiglio di Stato, così avvantaggiando in
maniera coartata la “s.r.l. Aversene Petroli”, posto che Antonio
Cosentino e i suoi fratelli Cosentino potevano contare di “sostegni”

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relative dinamiche fattuali di concretizzazione storica — implichino (o

presso la Regione Campania ed i comuni di Casal di Principe e di Villa di
Briano.
Ed ancora, tali Adamiano (capo area Napoli per la Q8) e
Sorrentino (dirigente ufficio direzione rete Roma “Q8”) partecipavano

Cosentino – cui indicavano le aziende in difficoltà che potevano
acquistare – influendo sulle scelte della società per cui lavoravano,
discutendo con i Cosentino il progetto da essi promosso, d’intesa con la
“Q8”, per acquisire l’impianto del Gallo, che veniva spinto ad accettare
le condizioni vessatorie della “s.r.l. Aversana Petroli”.
In particolare, a pag. 4 ss dell’ordinanza impugnata, il Tribunale
riporta testualmente il brano del decreto del giudice per le indagini
preliminari nel quale veniva affrontato il problema del nesso di
strumentalità delle due società (sia l’Avesana Petroli s.r.I.; sia la IP
service s.r.l.) con l’indicazione di precisi elementi fattuali dai quali
emergeva «In maniera chiara che la struttura delle società Aversena
Petroli s.r.l e IP Service srl era gestita dal fratelli Cosentino (Antonio,
Giovanni, Nicola) come strumento per acquisire il monopolio nel settore
degli impianti di distribuzione del carburante, di intesa con esponenti
del clan dei amatesi e grazie anche ad una rete di rapporti con gli
amministratori pubblici locali e con i dipendenti della Q8, come
Adamiano Giovanni e Sorrentino Bruno, pure sottoposti a misura
cautelare nell’ambito del presente procedimento».

Non è affatto vero, quindi, che non sia stato provato il nesso di
strumentalità fra i beni sequestrati ed i reati di estorsione ed illecita
concorrenza, proprio perché i suddetti reati erano commessi tramite le
società sequestrate che rappresentavano il punto di coagulo e di
finalizzazione dei reati contestati, come ha ribadito il Tribunale secondo
il quale «le due società, da tempo ormai e sino ad oggi (secondo il
narrato del collaboratore Venosa Salvatore e per quanto emerge dalle
specifiche vicende Gallo, Vozza e Piccolo) sono asservite all’obiettivo
(illecito) dei fratelli Cosentino di acquisire, grazie alla loro forza
(economica, camorristica e politica) il monopolio nel settore della

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presso la “s.r.l. Aversana Petroli” ad incontri con Giovanni e Nicola

distribuzione dei carburanti a spese dei piccoli imprenditori ed ai danni
della libera concorrenza (principio tutelato della normativa europea)».
In altri termini, le due società costituivano lo strumento attraverso
il quale la “famiglia Cosentino”, avvalendosi della sua forza economica,
camorristica e politica, tendeva ad acquisire il monopolio nel settore

(estorsioni) ai danni di quei piccoli imprenditori che tentavano di
rimanere sul mercato.
Ampiamente provato, quindi, allo stato degli atti, deve ritenersi il
requisito del periculum in mora, e del nesso di strumentalità.

3.2.

LA CONCRETEZZA E L’ATTUALITÀ:

i ricorrenti, sostengono che il

tribunale non avrebbe motivato sul punto.
Non è così.
A pag. 8 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale, nel sintetizzare il
decreto del giudice per le indagini preliminari, rileva che gli attuali
ricorrenti avevano rimesso la disponibilità delle due società ai fratelli
indagati che le avevano piegate alla realizzazione di accordi criminosi. Il
che consentiva di ritenere che la sottoposizione a misura cautelare
personale dei fratelli indagati,

«non escludeva la pericolosità delle

strutture societarie di cui i detenuti avrebbero potuto continuare a
disporre tramite i familiari e/o attraverso il conferimento di procure
speciali a persone di fiducia».
Il suddetto giudizio è stato, di fatto, poi, ribadito dal tribunale
(pag. 12 ss) con l’affermazione secondo la quale, stante la «condivisione
in fatto, delle attività di gestione tra stretti parenti (gruppo familiare
composta dai fratelli Cosentino), lo sbarramento formale che la difesa
frappone per tenere distinti i vari piani di soggettività giuridica diviene
del tutto evanescente sul piano logico-fattuale, stante la concreta e
peculiare strutturazione degli assetti societari […] Nella fattispecie, la
condotta criminosa ascritta agli indagati ha palesato una sostanziale
illecita gestione della proprietà, sicché, nonostante la parziale
intestazione a persone estranee al reato delle quote, delle stesse non
appare discutibile la sequestrabilità in quanto funzionale ad impedire la

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della distribuzione dei carburanti, non esitando a commettere gravi reati

protrazione dell’attività criminosa ipotizzata — che, nonostante la pur
consistente partecipazione sociale dei terzi ricorrenti — è apparsa
strettamente collegata all’operatività delle società ed all’affermazione
sul territorio del clan dei Casalesi. La sussistenza del periculum in mora
[…] è dunque assolutamente palese […] nella fattispecie, le condotte

beni oggetto del vincolo posto che, da un lato, le stesse hanno
conosciuto un dispiegarsi temporale di consistente durata e, —
mutuando le considerazioni sviluppate dalla S. C. nella sentenza n.
45132/2014 emessa nei confronti di Cosentino Nicola ed altri nell’ambito
del procedimento incidentale personale circa la perdurante sussistenza
delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 c.p.p., lett. e) –

la

concretezza ed attualità della probabilità di un danno futuro possono
evincersi: ” dalla estrema gravità dei delitti commessi, dalle loro
modalità di consumazione, rese ancor più incisive dalla forza
d’intimidazione e condizionamento promanante dal sodalizio di stampo
camorristico denominato “clan dei casalesi” con cui Cosentino Nicola e i
suoi fratelli mantenevano contatti, dalla illecita strumentalizzazione della
carica pubblica rivestita per fini di condizionamento di soggetti privati e
di amministrazioni pubbliche locali in vista del conseguimento di utilità
personale, dall’intensità del dolo sotteso ai comportamenti illeciti,
dall’articolazione del raffinato disegno criminoso, volto, da un lato, ad
acquisire una posizione dominante o, comunque, quote di mercato
aggiuntive nel settore della costruzione e gestione degli impianti di
stoccaggio e distribuzione di carburanti in provincia di Caserta e.
dall’altro, a qui riaffermare la complessiva supremazia della famiglia
Cosentino, già proprietaria di cento trentuno impianti tra depositi e
distributori di idrocarburi, oltre che del sodalizio camorristico “clan dei
casalesi”. …” nonché dal “…perdurante e complesso rapporto biunivoco
intrattenuto da Cosentino Nicola con il territorio casertano, ove
l’indagato continua a manifestare il suo interessamento e
coinvolgimento nel settore degli idrocarburi e a mantenere rapporti con
ambienti riconducibili alla criminalità organizzata (cfr. informative di
polizia giudiziaria e dichiarazioni di Di Caterino Massimiliano e Pirozzi

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illecite in contestazione non possono ritenersi occasionalmente legate ai

Giuliano)

” non senza osservare come “…in

territorio casertano

operano tuttora soggetti, anche rivestiti di responsabilità istituzionali,
che si dichiarano a sua disposizione in virtù di pregressi debiti di
riconoscenza per gli appoggi ricevuti (cfr risultanze delle attività di
perquisizione e sequestro nei luoghi in disponibilità dell’indagato)…”».

dai ricorrenti, il tribunale ha avuto ben presente il requisito della
concretezza ed attualità tant’è che, sul punto, ha motivato in modo
amplissimo, sicchè, anche in considerazione dei limiti di cui all’art. 325
cod. proc. pen., nessuna censura può essere dedotta.

4.

VIOLAZIONE DEL DLGS N °

ricorrenti (ed illustrata

supra

231/2001: la doglianza dedotta dai
in parte narrativa al § 3.2.) è

manifestamente infondata.
Sul punto, infatti, è appena il caso di rilevare che è il Pubblico
Ministero che ha il monopolio dell’azione penale, sicchè al giudice, di
fronte all’azione penale così come esercitata dal Pubblico Ministero (nel
quale concetto sicuramente rientra anche la richiesta di sequestro nei
confronti di alcune persone piuttosto che di altre) spettano solo due
poteri: a) dare al fatto una diversa qualificazione giuridica; b) valutare
se l’azione, così come esercitata, sia o meno fondata.
Nel caso di specie, come si è visto, sussistono tutti i presupposti
per il disposto sequestro, sicchè la problematica sollevata dai ricorrenti
si riduce alla proposizione di una discussione puramente accademica se
fosse o meno ammissibile l’esercizio dell’azione nei confronti delle
società sottoposte a sequestro a norma del Dlgs 231/2001, questione
sulla quale, correttamente, il tribunale non ha ritenuto di prendere
alcuna posizione.

5. In conclusione, entrambe le impugnazioni devono ritenersi
infondate con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle
spese processuali
P.Q.M.
RIGETTA

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Come si può, quindi, notare, contrariamente a quanto sostenuto

i ricorsi e

CONDANNA
i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Roma 09/07/2015
IL PRESIDENTE

IL CONSIGLIER EST.
(Dott. G. Rag

(Dott. Franco Fiandanese)

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