Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31913 del 09/07/2015
Penale Sent. Sez. 2 Num. 31913 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: RAGO GEPPINO
SENTENZA
su ricorso proposto da:
BIANCO MARIO SALVATORE nato il 29/04/1962, avverso l’ordinanza del
23/04/2015 del Tribunale del Riesame di Roma;
Visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Oscar Cedrangolo che
ha concluso per l’inammissibilità;
FATTO
1. Con ordinanza del 23/04/2015, il Tribunale del Riesame di
Roma confermava l’ordinanza con la quale, in data 23/03/2015, il
giudice per le indagini preliminari del tribunale di Tivoli aveva applicato
a BIANCO Mario Salvatore la misura della custodia cautelare in carcere
perché indagato, in concorso con altri, di rapina aggravata.
2. Avverso la suddetta ordinanza, l’indagato, a mezzo del proprio
difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo:
Data Udienza: 09/07/2015
2.1.
VIOLAZIONE DELL’ART.
294
la difesa sostiene che
COD. PROC. PEN.:
la misura cautelare era divenuta inefficace in quanto il giudice per le
indagini preliminari aveva proceduto all’interrogatorio dopo i cinque
giorni. La difesa, infatti, ha premesso che: il ricorrente era stato tratto
in arresto il giorno 31/03/2015; l’interrogatorio era stato fissato per il
preliminari dava atto che non si era potuto procedere al suddetto
incombente in quanto il Bianco, in data 02/04/2015, era stato ricoverato
d’urgenza presso l’ospedale Sandro Pertini; quindi, il giudice aveva
sospeso il termine dell’interrogatorio; in data 09/04/2015, cessava
l’impedimento; in data 13/04/2015, il giudice per le indagini preliminari
procedeva all’interrogatorio.
Ad avviso della difesa, poiché il giudice per le indagini preliminari
aveva sospeso il termine per procedere all’interrogatorio, una volta
cessato l’impedimento, il precedente periodo di tre giorni si sarebbe
dovuto cumulare con quello di quattro, successivo alla cessazione
dell’impedimento.
2.2.
VIOLAZIONE DELL’ART.
273
COD. PROC. PEN.
per insussistenza dei
gravi indizi tali non potendosi considerare il doppio riconoscimento
fotografico avvenuto ad opera delle due parte offese stante le modalità
con le quali era avvenuto;
2.3.
VIOLAZIONE DELL’ART.
274
COD. PROC. PEN.
per insussistenza delle
esigenze cautelari, in considerazione delle gravi condizioni di salute del
ricorrente. Comunque le esigenze cautelari avrebbero potuto essere
tutelate anche con gli arresti domiciliari o con l’applicazione del cd
braccialetto elettronico.
Insussistente, infine, doveva ritenersi il paventato pericolo
d’inquinamento probatorio, essendo l’indagine già completata.
DIRITTO
1. VIOLAZIONE DELL’ART.
294
COD. PROC. PEN.:
premesso che i fatti così
come esposti dalla difesa vanno ritenuti pacifici in quanto trovano un
2
giorno 03/04/2015; nella suddetta data il giudice per le indagini
riscontro nella stessa ordinanza impugnata, la doglianza va ritenuta
infondata.
L’art. 294/2 cod. proc. pen. dispone che «nel caso di assoluto
impedimento, il giudice ne dà atto con decreto motivato e il termine per
l’interrogatorio decorre nuovamente dalla data in cui il giudice riceve la
cessazione dello stesso».
La norma, quindi, fissa due principi:
a) il giudice deve dare atto con decreto motivato dell’assoluto
impedimento: nel caso di specie, non è in discussione tale punto;
b)
il termine per l’interrogatorio [cinque giorni] decorre
nuovamente dalla data in cui il giudice riceve la comunicazione della
cessazione dell’impedimento: la norma è chiarissima e non adopera
neppure la terminologia tecnica che si adopera per i termini
(sospensione; interruzione) e alla quale, indubbiamente, dovrebbe farsi
capo in caso di dubbi interpretativi. Al contrario, nella specie, la norma
si limita a stabilire che «il termine per l’interrogatorio [cinque giorni]
decorre nuovamente dalla data in cui il giudice riceve la comunicazione
della cessazione dell’impedimento».
Erroneamente, quindi, la difesa invoca il regime della sospensione
dei termini, e, in proposito, è del tutto irrilevante, ai fini giuridici, che il
giudice, nel decreto di motivato, abbia disposto la “sospensione del
termine d’interrogatorio” perché ciò che rileva è cosa stabilisce la legge
e non quello che ritiene il giudice che, con tutta evidenza, ha utilizzato il
termine sospensione, in modo atecnico.
E’ manifestamente infondata, infine, la dedotta questione di
legittimità costituzionale della suddetta norma per una pretesa disparità
di trattamento tra imputato detenuto che non sia impedito e imputato
detenuto che lo sia: il ricorrente non considera, infatti, che si tratta di
due situazione completamente differenti che giustificano, appunto, il
diverso trattamento.
2.
VIOLAZIONE DELL’ART.
273
COD. PROC. PEN.:
manifestamente infondata.
3
la censura è
comunicazione della cessazione dell’impedimento o comunque accerta la
Sul punto, la motivazione addotta dal tribunale è amplissima,
congrua e del tutto coerente con gli evidenziati elementi fattuali, sicchè
la doglianza va ritenuta null’altro che un modo di introdurre, in sede di
legittimità, una nuova e diversa valutazione degli stessi elementi
fattuali, già ampiamente presi in esame dal tribunale ma disattesi con
606 lett. e) cod. proc. pen. tanto più ove si consideri che il tribunale ha
preso in esame anche la pretesa inattendibilità delle ricognizioni ma l’ha
puntualmente disattesa.
3.
VIOLAZIONE DELL’ART.
274
COD. PROC. PEN.:
anche la suddetta
doglianza, è manifestamente infondata.
Il tribunale, infatti, ha ampiamente motivato sia sulla sussistenza
delle esigenze cautelari di cui alle lett. a) e c) dell’art. 274 cod. proc.
pen., sia sulle ragioni per le quali le suddette esigenze cautelari
potevano essere soddisfatte solo con la misura inframuraria: di
conseguenza, la censura dedotta sotto entrambi i profili dal ricorrente
va ritenuta generica ed aspecifica, in specie quanto alla pretesa
incompatibilità del regime carcerario con lo stato di salute del ricorrente,
in relazione al quale nulla è stato neppure allegato.
In conclusione, l’impugnazione deve rigettarsi con conseguente
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
RIGETTA
il ricorso e
CONDANNA
il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Si provveda a norma dell’art. 94/1 ter disp. att. cod. proc. pen.
Roma 09/07/2015
IL PRESIDENTE
( ott. Franco Fiandanese)
motivazione nella quale non è ravvisabile alcuno dei vizi di cui all’art.