Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31907 del 02/07/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 31907 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

SENTENZA
Sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica di Napoli nel
procedimento a carico di
Fiore Umberto, rappresentato e assistito dall’avv. Luigi Petrillo e
dall’avv. Sergio Rando, di fiducia,
Silenti Ferdinando, rappresentato e assistito dall’avv. Dario
Vannetiello, di fiducia,
Cavaiuolo Salvatore, rappresentato e assistito dall’avv. Dario
Vannetiello, di fiducia,
Cherubini Orazio, rappresentato e assistito dall’avv. Luigi Petrillo e
dall’avv. Sergio Rando, di fiducia,
Della Camera Benedetto, rappresentato e assistito dall’avv. Roberto
Lombardi, di fiducia,
Fazzone Giuseppe, rappresentato e assistito dall’avv. Giovanni
Cantelli, di fiducia,

.1)

Data Udienza: 02/07/2015

avverso l’ordinanza n. 15678/2014 emessa dal giudice per le indagini
preliminari presso il Tribunale di Napoli in data 06.10.2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
lette le memorie presentate rispettivamente:
in data 27.1.2015 nell’interesse di Fiore Umberto;
in data 28.1.2015 nell’interesse di Cherubini Orazio;
in data 16.1.2015 nell’interesse di Cavaiuolo Salvatore e Rame

in data 28.04.2015 nell’interesse di Fiore Umberto e Cherubini
Orazio;
in data 29.04.2015 nell’interesse di Della Camera Benedetto;
sentita la relazione della causa fatta dal consigliere dott. Andrea
Pellegrino;
udita la requisitoria del Sostituto procuratore generale dott. Eduardo
Vittorio Scardaccione che ha concluso chiedendo di dichiararsi
inammissibile il ricorso nei confronti degli indagati Fiore Umberto,
Cherubini Orazio e Della Camera Benedetto e di convertirsi il ricorso
in appello, con trasmissione degli atti al Tribunale di Napoli, nei
confronti degli indagati Fazzone Giuseppe, Silenti Ferdinando e
Cavaiuolo Salvatore;
sentita la discussione dei difensori, avv.ti Luigi Petrillo, Dario
Vannetiello e Roberto Lombardi che hanno chiesto di dichiararsi
inammissibile il ricorso del pubblico ministero

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 06.10.2014, il giudice per le indagini
preliminari presso il Tribunale di Napoli, ritenuta la gravità indiziaria
nei confronti degli indagati Rame Andrea, Fiore Umberto, Silenti
Ferdinando, Cavaiuolo Salvatore, Cherubini Orazio, Della Camera
Benedetto e Fazzone Giuseppe per il reato di cui all’art. 416 bis,
commi 1, 2, 3, 4 e 5 cod. pen. (capo 1), disponeva:
– la custodia in carcere nei confronti di Rame Andrea;
-gli arresti dorniciliari nei confronti di Fiore Umberto e Silenti
Ferdinando;
– l’obbligo di presentazione periodica nei confronti di Cavaiuolo
Salvatore, Cherubini Orazio, Della Camera Benedetto e Fazzone

i

Andrea;

Giuseppe.
2. Avverso detto provvedimento, il Procuratore della Repubblica di
Napoli, nei confronti di Fiore Umberto, Silenti Ferdinando, Cavaiuolo
Salvatore, Cherubini Orazio, Della Camera Benedetto e Fazzone
Giuseppe, propone ricorso per cassazione a norma dell’art. 311,
comma 2 cod. proc. pen. lamentando violazione di legge nella parte
in cui l’ordinanza in parola – non applicativa della misura cautelare

massima nei confronti degli indagati Fiore Umberto, Silenti
Ferdinando, Cavaiuolo Salvatore, Cherubini Orazio, Della Camera
Benedetto e Fazzone Giuseppe – ha erroneamente finito per applicare
il principio di presunzione relativa di adeguatezza della custodia
cautelare in carcere (in virtù della sentenza della Corte costituzionale
29.03.2013, n. 57) anche a coloro che appaiono gravemente indiziati
di appartenere ad un’associazione ex art. 416 bis cod. pen.:
presunzione relativa, prevista dall’art. 275, comma 3, secondo
periodo cod. proc. pen., che deve operare solo per i delitti commessi
avvalendosi del metodo mafioso o per agevolare le associazioni di cui
all’art. 416 bis cod. pen., rimanendo assoluta, con conseguente
indispensabilità della misura cautelare massima, nell’ipotesi – quale la
presente – in cui si ritenga sussistente a carico dell’indagato un grave
quadro indiziario di appartenenza ad associazione di stampo mafioso
o camorristico.
3. Nelle more, con provvedimento in data 27.10.2014, il giudice per
le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli revocava la misura
cautelare nei confronti di Cherubini Orazio e di Della Camera
Benedetto per sopravvenuta mancanza di gravi indizi mentre il
Tribunale di Napoli, investito ex art. 310 cod. proc. pen., in parziale
accoglimento dell’appello del pubblico ministero, con ordinanza in
data 23.04.2015, disponeva nei confronti di Fiore Umberto (in
relazione al solo capo 1 e respingendola in relazione ad altre
incolpazioni) la misura cautelare della custodia in carcere.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso del pubblico ministero va dichiarato inammissibile sotto
diversi profili.
2. Va preliminarmente evidenziato come, in virtù del principio di

3

tassatività dei mezzi di impugnazione, il pubblico ministero non è
legittimato a proporre ricorso immediato per cassazione avverso le
ordinanze che respingono la domanda cautelare o che dispongono
una misura limitativa della libertà personale meno afflittiva rispetto a
quella originariamente richiesta, con la conseguenza che
l’impugnazione proposta deve essere convertita in appello ai sensi
dell’art. 568 cod. proc. pen. (Sez. 3, sent. n. 20790 del 06/03/2014,

dep. 22/05/2014, PM in proc. G., Rv. 259180).
2.1. Invero, l’art. 311, comma 1 cod. proc. pen., legittima, a
condizioni esatte, il pubblico ministero, al pari dell’imputato e del suo
difensore, a ricorrere per cassazione contro le ordinanze emesse a
norma degli artt. 309 e 310 cod. proc. pen., ossia contro le ordinanze
emesse all’esito del procedimento di riesame de liberNte (art. 309) e
quelle emesse all’esito della decisione sull’appello cautelare (art.
310).
2.2. Di contro, l’art. 311, comma 2 cod. proc. pen., legittima
esclusivamente l’imputato ed il suo difensore, non anche il pubblico
ministero, ad impugnare, per violazione di legge, direttamente per
cassazione le ordinanze che dispongono una misura coercitiva.
3. Poste tali premesse, rileva peraltro il Collegio come il ricorso risulta
essere stato proposto fuori termine, circostanza che impone di
rilevarne l’inammissibilità anche nei confronti delle parti che hanno
omesso un esplicito rilievo in tal senso e che impedisce l’effetto di
conversione astrattamente ipotizzabile ma non consentito dalla
mancata – a ragione della tardività di proposizione del presente
gravame – instaurazione del rapporto processuale.
3.1. La circostanza della tardiva presentazione del ricorso,
necessariamente rilevabile solo tramite il consentito accesso al
fascicolo a ragione dell’indispensabilità dell’accertamento in fatto
richiesto (cfr., Sez. U, sent. n. 42792 del 31/10/2001, dep.
28/11/2001, Policastro e altri, Rv. 220092), trova conferma
dall’attestazione della cancelleria del giudice a quo da cui si ricava
che l’impugnazione del pubblico ministero è intervenuta solo in data
18.10.2014, mentre, come affermato espressamente dal pubblico
ministero nel ricorso, la comunicazione dell’esecuzione della misura
cautelare, dalla quale decorre il termine per l’impugnazione (cfr., Sez.
6, sent. n. 28843 del 20/06/2013, dep. 05/07/2013, Galluccio e altri,

4

Rv. 255861, secondo cui il termine per la proposizione da parte del
pubblico ministero dell’appello ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen.
avverso l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari che, con un
unico provvedimento, accolga parzialmente la richiesta di misura
cautelare personale, rigettandola per alcuni indagati o per alcune
imputazioni, decorre dal momento in cui il provvedimento medesimo
viene comunicato per l’esecuzione all’Ufficio di Procura mediante

3.2. Ne consegue, come effetto, che il deposito dell’impugnazione,
avvenuto – come detto – con formale atto di deposito solo in data
18.10.2014, deve considerarsi tardivo in quanto successivo al termine
di dieci giorni fissato dall’art. 311, comma 2 cod. proc. pen., a nulla
rilevando che il ricorso fosse stato trasmesso dalla segreteria del
pubblico ministero in data 17.10.2014, dovendo – a tal fine – far fede
la data di perveninnento dell’atto al giudice a quo tanto più in assenza
di prova che la spedizione fosse stata effettuata o richiesta a termine
non ancora spirato (cfr., Sez. 5, sent. n. 21942 del 06/05/2010, dep.
08/06/2010, PM in proc. Amico, Rv. 247411; v., nello stesso senso,
Sez. 2, sent. n. 32863 del 19/06/2012, dep. 21/08/2012, PG in proc.
M., Rv. 253535, relativa a fattispecie di inoltro dell’impugnazione a
termine spirato).
4. Da qui l’inammissibilità del ricorso nei confronti di Fazzone
Giuseppe, Silenti Ferdinando e Cavaiuolo Salvatore per tardività di
presentazione e nei confronti di Fiore Umberto, Cherubini Orazio e
Della Camera Benedetto, oltre che per questa causa, anche per
carenza di interesse all’impugnazione alla luce dei provvedimenti
medio tempore intervenuti nei confronti dei predetti

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deliberato in Roma, udienza in camera di consiglio del 2.7.2015

consegna in segreteria), è avvenuta in data 07.10.2014.

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